•XXXVIII•

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"La vita in se stessa è una tela vuota; diventa ciò che tu dipingi su di essa. Puoi dipingere infelicità, puoi dipingere estasi. Questa è la tua gloria."
(Osho Rajneesh)

-Ti stai rovinando la vita per stare dietro a quella puttana.- Gracchiò il vecchio Re, ridendo. Spuntarono i suoi canini d'oro, che mi fecero rabbrividire. Lorenzo strinse i pugni e si fece passare il mio coltello. -Pensi di essere simpatico? A me basterebbe non finire come te da vecchio, sai?- Pronunciò quelle parole a denti stretti, facendo roteare il manico dell'arma affilata.
L'uomo davanti a noi si raddrizzò, barcollando. -Sono stato il migliore Re che ci potesse essere! Ho sempre cercato di fare il bene del mio popolo. Dovresti solo imparare da me.-
Lorenzo sbuffò, camminando di lato, in maniera estremamente furtiva. -Ah sì? E isolare tua moglie era tra i piani?-
-Lei voleva rubarmi il potere.-
-Che egocentrico...- Ironizzò il ragazzo, sghignazzando. -Sei paranoico. Pensi davvero che tutti vogliano quella corona del cazzo? Non a tutti interessa regnare, te l'ha mai detto nessuno?-
Il vecchio Re si fece avanti con passo pesante. -Non ti azzardare a parlarmi così, ragazzino.-
-Ti sta parlando il Re, vecchio.- Rispose subito Lorenzo, irrigidendo i muscoli della schiena. Era più alto del vecchio Re di almeno sette o otto centimetri, la differenza era palese, anche se per corporatura si somigliavano abbastanza. L'aria si era caricata di elettricità e la tensione era alle stelle. Non capii a fondo il perché di quella fuga dalle prigioni e quell'ossessione nei confronti del potere. Avrebbe ucciso Lorenzo?
Le guardie, improvvisamente, si lanciarono in avanti e una di loro scivolò sotto alle gambe di Lorenzo, afferrandomi per i polpacci. Tentai di liberarmi e riuscii a colpire uno di loro con un pugno sulla testa. Iniziai a correre verso il porticato di legno, ma l'uomo, che era alle mie calcagne, mi raggiunse prendendomi per le spalle. Mi incatenò tra le sue braccia e imprecò nel mio orecchio. Sollevai le gambe per cercare di cadere in avanti, così lui mi avrebbe lasciato andare, perdendo l'equilibrio, ma non fu così. Vidi Lorenzo brandire il coltello e farlo roteare per aria, si appiattì verso il suolo e sferrò un attacco alla caviglia di uno dei soldati, che si piegò, poi, sulle ginocchia. Si voltò e fece in tempo a schivare un pugno, piegando la schiena all'indietro. Sorrise e conficcò il coltello sul braccio dell'uomo, lacerandogli la carne. Il sangue cominciò a sgorgare e il soldato corse verso il porticato, tenendosi stretto il braccio. Seguii con lo sguardo quel giovane ragazzo e vidi che stava prendendo in mano un cellulare. Immediatamente si accese una lampadina nel mio cervello. Avrebbe chiamato i rinforzi sicuramente. Mi guardai intorno per cercare qualcosa per potermi liberare dalla stretta, ma non c'erano altro che foglie e ramoscelli umidi. Mi dimenai come una forsennata, ma le braccia attorno alle mie erano acciaio puro. Allora piegai la testa in avanti e con tutta la forza che avevo la rigettai indietro. Fu un attimo e sentii qualcosa scricchiolare. Caddi di peso per terra, ma mi rialzai subito. Avevo rotto il naso al mio rapitore. Non potevo pensarci più di tanto, così scattai verso il porticato e, non appena fui vicina all'uomo, mi diedi una forte spinta con le gambe, lanciandomi in avanti. Atterrai proprio sul ragazzo ferito e il suo cellulare volò per qualche metro. Mi macchiai di sangue, ma intanto il pericolo maggiore era stato scampato. Buttai giù la bile e mi allontanai da lui, per ritornare da Lorenzo. Poi mi ricordai una cosa e feci dietro front, camminai verso il cellulare, proiettato diversi metri più in là, e lo schiacciai, pesticciandolo per bene. In quel modo nessuno avrebbe provato ancora a chiamare rinforzi.
Corsi di nuovo verso Lorenzo e qualcosa mi prese per il collo. I miei bulbi oculari per poco non sfuggirono fuori dalle orbite e istintivamente mi portai le mani al collo, attorno al quale vi era stretto qualcosa di sottile e resistente. Sentii la testa quasi scoppiarmi, la faccia irrorarsi di sangue e il respiro mancarmi. Mi bruciava la gola e non riuscivo ad ingurgitare aria. Venni trascinata indietro e tentai con tutte le mie forze di togliere quella fascia dal mio collo. Cercai persino di urlare, ma la voce usciva strozzata. Percepii ridere dietro di me, ma la mia vista era offuscata e le orecchie completamente ovattate. Stavo per morire, era sicuro, e di una delle morti più brutte in assoluto. Pesticciai per terra come in preda ad una crisi, ma poi una mano mi afferrò per l'avambraccio, strizzandolo, e mi fece voltare. Incrociai lo sguardo del vecchio Re. Allentò la sua presa sul mio collo e si leccò le dita, per poi strusciarle sulle mie labbra. Lo stomaco si rivoltò e per poco non rimisi tutto quello che avevo mangiato. -Più provate a farmi fuori e più io resisto. Adesso il tuo adorato fidanzatino è impegnato nel salvarsi la vita, non ha tempo di pensare anche a te.- Sussurrò. -Se provi ad aprire bocca, ti strangolo viva.- I suoi occhi si chiusero in due fessure sottili e potei scorgere nel suo tono di voce tutta la sua determinazione. Deglutii e la gola si infiammò. -Tu, ora, vieni con me.- Si arrotolò i miei capelli attorno alla sua mano e mi fece inclinare la testa all'indietro, provocandomi una fitta al collo. Ero così piena di dolori, che non avrei saputo dire dove fossero localizzati tutti. Il vecchio Re mi condusse dentro al bosco e continuò a tenermi stretta accanto a sé. -Odio le puttane come te. Siete sempre nel mezzo ed è ora che paghiate per non farvi i cazzi vostri.- Mi strattonò davanti a sé e poi con la sua gamba mi diede un calcio in pieno stomaco, facendomi volare a terra. Soffocai un urlo e mi piegai in posizione fetale, sentendo gli addominali contorcersi per il colpo. La testa cominciò a divenire pesante e la pressione sanguigna mi avrebbe fatto prendere un infarto da un momento all'altro. Mi rotolai sulla schiena e guardai sopra di me, le chiome degli alberi formavano linee geometriche paurosamente perfette, non si toccavano mai l'un l'altro. Sollevai la testa e vidi il vecchio Re aggeggiare con la patta dei suoi pantaloni. Immediatamente capii quale tipo di punzione mi volesse infliggere e quindi cercai di sollevarmi in piedi. La pancia mi fece male e caddi nuovamente sulle ginocchia. Lui sollevò lo sguardo su di me e rise. I suoi occhi erano quelli di un pazzo, di qualcuno che non ci stava più con la testa. La paura si impossessò di me e il mio corpo si immobilizzò del tutto. La mia testa era entrata in panico, non riuscivo più a connettere nessun pensiero, guardavo la scena di fronte a me, ma ne ero come estranea. Si tirò giù i pantaloni e si grattò sopra le mutande. Il cuore era ormai impazzito dentro la cassa toracica e il respiro non mi bastava più. Restai in ginocchio ad osservarlo. Rideva, sghignazzava e sembrava tranquillo, non pensava al fatto che Lorenzo ci avrebbe raggiunto da un momento all'altro. Improvvisamente cominciò a camminare con passo svelto verso di me. Io caddi di schiena e tentai di strisciare via. Lui mi prese per la maglietta e mi sollevò. Mi diede un bacio sulla bocca e poi strusciò il naso sulla mia gota. -È da quella sera al Gala al castello che avevo voglia di scoparti.- Ed espirò. Sentii l'odore di carne marcia e mi piegai da una parte, tentando di non ascoltarlo e concentrandomi per non vomitare.

Eppure fuggo                       •A royal love story•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora