•VIII•

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"È di notte che è bello credere alla luce."
(Edmond Rostand)

Francesco mi aveva appena passato un bicchiere d'acqua, essendosi forse accorto che mi sentivo un po' turbata. Apprezzai quel gesto e mi chiesi come mai lui prestasse tutte quelle attenzioni a me, che ero solo una semplice ragazza che in quel momento si sentiva come un pesce fuor d'acqua. Avevo ancora le guance arrossite dalla rabbia e il fiato corto. Quello scontro con Lorenzo mi aveva fatto innervosire non poco, sentivo ancora le punte delle dita fremere dall'elettricità che avevo provato.
-Questa serata non finisce più, vero?- Commentò il principe, sorridendomi. Iniziai a sentirmi a disagio al cospetto del figlio del Re, temevo di poter dire o di poter fare qualcosa che potesse ferirlo o potesse farlo sentire male, dato che il mio umore non era dei migliori. Improvvisamente, infatti, avevo perso la voglia di confrontarmi e di conversare, il mio unico pensiero era di tornare in villa e di buttarmi sotto le coperte, sperando di addormentarmi il prima possibile. Lorenzo aveva prosciugato tutte le mie forze, anche se non conoscevo il perché di quella mia reazione al suo comportamento. -Eh già, sembra proprio che il tempo non passi.- Posai il bicchiere su uno di quei vassoi d'argento che i camerieri portavano avanti e indietro per la sala e cominciai a sentire fastidio ai piedi. Quei tacchi vertigionosi stavano dando i loro frutti. Mi guardai attorno per cercare mia nonna e mia mamma, ma non riuscivo a vederle da nessuna parte.
-Stai cercando Lorenzo?- Mi chiese il principe, realmente preoccupato per me. Io mi irrigidii, scuotendo la testa. -Non lo cercherei per niente al mondo.- Mi limitai a rispondere.
-Già, è un tipo alquanto particolare.- Commentò ed io annuii con foga, ben consapevole della doppia faccia del signor Lorenzo.
-O no...- Vidi Francesco fare un passo avanti, più impettito che mai. Sembrò mettersi sull'attenti. Io, confusa, cercai di capire il perché di quel cambiamento repentino di postura. Tutti si erano voltati verso la porta principale, il chiacchericcio si era fermato e il silenzio era piombato in sala. Dalle ante dell'entrata apparvero degli uomini in divisa, con in mano due lunghe sciabole scintillanti. Mi fecero quasi effetto. Subito dopo seguì un uomo alto, abbastanza paffuto con la pancia più grande di tutto il resto del corpo. Aveva due grandi baffi, che gli coprivano quasi tutta la faccia e due occhi azzurri, azzurri come quelli di Lorenzo.
Francesco si fece avanti e si affiancò all'uomo, il quale lo scrutò con aria critica. Entrambi si diressero...verso di me. Buttai giù la saliva, ma il nodo alla gola lo aveva reso difficile. Iniziai a tremare dalla paura e l'ansia si impadronì del mio stomaco, provocandomi una nausea fastidiosa e facendomi tremare come una foglia.
-Lei chi è.- Sembrava un'affermazione più che una domanda. Francesco mi concesse una fugace occhiata, dove racchiuse tutto il suo imbarazzo per come il padre si era posto nei miei confronti. -Si chiama Luce ed è figlia del...-
-Non mi interessa.- Si avvicinò a me. Torreggiava con la sua altezza sulla mia. Puzzava di alcool. Trattenni a fatica un'espressione disgustata. In quel momento avrei apprezzato la presenza di mia nonna e di mia madre, che avrebbero saputo affrontare meglio di me e con più eleganza il Re in persona. Egli mi toccò sotto il mento, facendomi inclinare la testa all'indietro. Mi scrutava con attenzione, sbuffando e grugnendo. Poi cercò di avvicinare la sua mano al mio collo e subito dopo più in giù, ma io mi spostai e mugolai un "no". Francesco allungò il braccio verso suo padre, prevedendo giá di dover calmare quella che sarebbe stata la sua imminente ira. Infatti mi accorsi che le vene del suo collo si erano gonfiate talmente tanto da far temere che esplodessero da un momento all'altro. La sua faccia era diventata tutta rossa e la pancia sfiorava il mio petto infreddolito. -Come osi spostarti?- Sputò quelle parole con una voce talmente potente da farmi rabbrividire. Io cominciai a balbettare qualcosa, ma non uscirono altro che parole confuse e frasi sconnesse. La stanza aveva cominciato a girare intorno a me, non riuscivo più a trovare un orientamento che mi permettesse di non cadere a terra. Francesco mi prese la mano. Fu la mia ancora. -Padre, è nuova a corte. Non conosce bene il dettame del Re.- La mia bocca era diventata arida e non riuscivo a mandare giù nemmeno un filo di saliva. L'uomo dalla grande stazza mi osservò con occhi diversi. Mi ordinò di girarmi su me stessa. Guardai alla mia destra e mia madre aveva una mano a tapparsi la bocca, per la tensione. Non mi mossi.
-Ti ho detto di voltarti!- Urlò. Portai istintivamente le braccia a proteggermi il viso, spaventata da cosa potesse fare. I muri avevano tremato al suo tono di voce e io non fui da meno. Il principe provò a mitigare quell'insensata rabbia che il Re stava provando, ma non ci fu niente da fare.
Mi prese per un braccio, stringendolo talmente forte da farmi mugolare dal dolore. Mi cedettero le ginocchia sotto quella pressa e fui scossa con violenza, come si faceva con le bambole di pezza. Mia nonna fece qualche passo in avanti per cercare di aiutarmi, ma una delle guardie la fermò. Mia madre gridò che non potevo essere strattonata in quel modo e pregò che mi lasciasse andare. Il Re, invece, sembrò divertirsi nel vedermi sofferente, così debole e vulnerabile sotto agli occhi di tutta la sua corte. Stava sorridendo, brillò persino il dente d'oro tanto chiaccherato dai suoi sudditi. Iniziarono a sgorgare le lacrime, senza che io potessi fermarle. -Mi lasci, mi sta facendo male...- Sussurrai, tra i singhiozzi del pianto. Più mi lamentavo e più la sua stretta si stringeva intorno al mio braccio. Ormai non avevo più sensibilità da quella parte, si era interrotta la circolazione. Le mie ginocchia cedettero ancora e caddi a terra. Il vestito si strappò sotto al tacco. Mia madre e mia nonna urlarono e provarono ad avvicinarsi, ma le guardie avevano proteso le loro sciabole proprio sotto alle loro gole.
-E tu avresti ricevuto più di trenta inviti?- Scoppiò a ridere, abbassandosi su di me. Cercai di indietreggiare. Nessuno aveva cercato di aiutarmi, ero lì, inerme, con i vestiti strappati e le lacrime che scendevano copiosamente. Mi sentivo così umiliata eppure quell'umiliazione mi era stata inflitta da chi avrebbe dovuto proteggere i propri cittadini. Ad un certo punto, però, qualcuno mi sollevò dalle spalle. Mi lasciai prendere, voltando la testa verso il mio salvatore. Era Lorenzo. Aveva gli occhi iniettati di sangue e potevo percepire il suo respiro accelerato e il cuore che pompava sangue più di quanto facesse normalmente. Mi guardò per un attimo e mi condusse dietro di sè, così che lui fosse davanti a me a mo' di scudo. Era decisamente più alto e più grosso di me, quindi il paragone con uno scudo era più che azzeccato. Il Re ci osservò e con le narici gonfie puntò il suo indice contro di lui.
-Togliti di mezzo, cugino.-
-Manco per il cazzo.- Tutta la sala sussultò a tale mancanza di rispetto. Pensai però che la mancanza di rispetto più grande fosse stata quella del Re nei confronti di una ragazza evidentemente più debole e fragile di lui. Non mi sarei mai aspettata un trattamento del genere. Giravano voci su quanto fosse meschino e perverso, ma non credevo che potesse comportarsi così in pubblico. Tutti potevano vederlo, tutti potevano giudicarlo. Ma lui era il Re, e il Re non era mai stato contraddetto...tranne quella sera.
Il Re, dunque, sputò a terra e si avvicinò a Lorenzo. Si pareggiavano per altezza. -Sei sempre stato il più ribelle tra i tuoi fratelli. Prima o poi ti costerà caro...- Allungò la sua mano massiccia e chiuse le dita intorno al collo del ragazzo. Francesco cercò di fermare il padre, ma non ci fu modo di evitare la sua ira. Non poteva farlo, non poteva picchiare una persona davanti a tutti, rischiando che la corte e il popolo gli si ritorcessero contro. Era impazzito, non ci vedeva più dalla rabbia. Non sopportava che venisse preso in giro, tanto meno tollerava quelle che lui intendeva come mancanze di rispetto. Strinse così forte che la faccia di Lorenzo diventò rossa, ma il ragazzo non si mosse di un millimetro. Il Re continuò mettendoci ancora più forza. Non potevo stare a guardare, era uno spettacolo terribile. Così mi scervellai per cercare un modo per farci uscire da quella situazione. Lorenzo era stato l'unico ad avere il coraggio di salvarmi dalle grinfie di quello psicopatico con manie di protagonismo. Si accese una lampadina nella mia testa.
-Mio amato Re...- Cominciai, scivolando davanti a Lorenzo, proprio sotto il braccio del Re piantato sul collo della vittima in questione. -Le porgo le mie scuse per la mia impertinenza e sfrontatezza nei suoi regali confronti. Ero così emozionata nel conoscere l'uomo più bello, più affascinante e potente del mondo, che non ci avevo visto più dall'entusiasmo. Sono solo una giovane ragazza, che ha bisogno di essere messa in riga.- Sollevai i miei occhi da cerbiatto su di lui, morsicando il labbro inferiore in maniera più o meno sensuale. Il mio piano era quello di passare per la povera sprovveduta innamorata del Re, spingendo su tutto quello che il Re amava sentirsi dire, ovvero quanto era bello, forte, potente e possente. Amava l'attenzione su se stesso, non tollerava che qualcuno fosse più al centro delle attenzioni di lui e io, con il mio "no" iniziale, avevo ferito il suo orgoglio.
Il Re mi sorrise con malizia. Passò la sua lingua umidiccia su quelle labbra raggrinzite e lasciò in pace Lorenzo. Il ragazzo si toccò il collo, tornando a respirare. Poi si mise ancora in mezzo tra me e il Re. -Ora che hai provato a strozzarmi ti senti più forte?- Gridò, spingendolo. Il Re si mise a ridere. Amava quella competizione, dove era, naturalmente, avvantaggiato visto la sua posizione sociale. -Ti perdono per questa volta, piccola impertinente.- Esclamò, per poi voltarsi, dandoci le spalle. Il suo enorme mantello rosso alzò un polverone micidiale. Andò verso il suo trono, posizionato in fondo alla sala, ma, prima di arrivare lì, afferrò una delle giovani contesse e se la portò con sé. Questa povera ragazza era visibilmente spaventata, soprattutto dopo quello che aveva visto fare su di me.
-Come stai? Ti fa male?- Lorenzo aveva i suoi occhi su di me e nemmeno me n'ero accorta. In particolare stava guardando un alone rosso tutto attorno al mio braccio. O questo farà male domani mattina, pensai.
-Per ora sento soltanto la circolazione tornare normale.-
Il fiato di Francesco raggiunse il mio collo. -Mi dispiace così tanto...o cavolo che segno!- Anche lui stava fissando quel marchio che avevo sul mio arto. Scossi la testa. Mia madre mi aveva raggiunto con in mano una busta di ghiaccio e la nonna era così arrabbiata che nemmeno un nobile con l'intenzione di chiedermi in moglie l'avrebbe calmata.
-Quel farabutto! Sarà anche il Re, ma non tratta così mia nipote. Ci mancava poco che quella guardia non ci decapitasse! Lo farò presente all'ordine dei Consiglieri del Re.- Brontolò la nonna, agitando in aria il suo ventaglio di pizzo.
-È inutile mamma. È il Re. Rischiamo soltanto di essere ridotti in povertà.-
Francesco annuì, suo malgrado. -Non potete farci niente con lui. È così finché non morirà.-
-Allora speriamo sia presto.- Intervenne Lorenzo, che aveva strappato di mano a mia madre il ghiaccio, posandomelo sul futuro livido. Io sospirai e mi lamentai per il freddo e il dolore, percepivo la mia faccia umida per le lacrime e il naso si era tappato completamente. La paura era passata, ma non riuscivo a smettere di tremare. -Grazie.- Sussurrai, senza farmi sentire dagli altri, all'orecchio di Lorenzo. Lui mi guardò e scosse la testa. -Lo avrebbe fatto chiunque.-
-Non lo avrebbe fatto nessuno.- Ribattei.
La sua faccia si incupiva ogni qual volta vedeva quella striscia rossa sul braccio. Si morsicava le labbra, nervoso.
-Mi dispiace così tanto per quello che ha fatto...davvero...credimi.- Continuò il principe.
-Se ne fa poco delle tue scuse.- Disse Lorenzo, sfiorandosi i capelli leggermente mossi. Francesco era palesemente a disagio e mi dispiacque vederlo così. Era così strano che mi sentissi io in colpa, anche se non avevo fatto niente di male. Quello strano meccanismo che scatta quando ti succede qualcosa di così grave e di così inaspettato, che ti chiedi se sia stata colpa tua.
-È meglio andarcene di qui.- Mormorò mia madre. -Non ci metteremo più piede.-

Eppure fuggo                       •A royal love story•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora