19.Un sordido piano

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Ritornai al parcogiochi per la merenda e rimasi per un po' ad osservare quella marmaglia urlante, concentrandomi subito su due bambini in particolare, dopodiché decisi di agire; uno dei miei palloncini galleggiò in mezzo ai due mocciosi che avevano circa 8 anni; Michael e Michelle, due gemelli che seguirono il rosso oggetto volante .

Lui mi piaceva; tirava i sassi alle bambine, le spingeva, buttava loro la terra nei capelli, oppure prendeva gli insetti, per lo più ragni e glieli infilava nella maglietta facendoglieli scendere lungo la schiena. O, ancora, andava dai bambini più piccoli e ficcava loro le dita negli occhi, quando era certo di non essere visto da nessuno, per poi scappare. Non era la prima volta che mi soffermavo a guardarlo da quando ero tornato.

Michelle, invece, sembrava più remissiva... si faceva comandare a bacchetta dal fratellino e quando si stancava o si arrabbiava si isolava giocando per conto suo. La madre nel frattempo, una donna sui 30 anni con i capelli in disordine e qualche chilo di troppo, non alzava mai gli occhi dal cellulare esattamente come gli altri genitori. Michael mi ricordava, in qualche modo, Henry Bowers; un piccolo delinquente che mi avrebbe dato grandi soddisfazioni.

Come dicevo, videro il mio palloncino dirigersi oltre gli alberi che delimitavano il parcogiochi e lo seguirono attraverso i campi incolti. Correvano e bastò veramente poco per far accadere il tutto.

Una piccola buca, profonda tre o quattro centimetri, larga dieci, bastò per far cadere Michael addosso a Michelle, la quale si ritrovò per terra con la faccia ad un millimetro dal suolo.

"Ecco sei un cretino! Guarda cos'hai fatto! Mi sono sbucciata un ginocchio e sono tutta sporca!! Lo dirò alla mamma!" Sbottò Michelle arrabbiandosi.

"Sono caduto! Non è colpa mia... tu sei una stupida!" E nel dirlo le tirò i lunghi capelli biondi con i boccoli. La bimba urlò mettendosi piangere.

"Sei cattivo! Lo dirò anche a papà che ti rinchiuderà in cantina come l'altra volta!" E nel frattempo fece dietrofront andandosene lasciando li Michael.

"No che non glielo dici!!" Urlò furioso il bimbo stringendo i pugni e diventando paonazzo.

Per terra, accanto ai propri piedi, Michael vide un sasso grosso quanto un melone.

"Spaccale la testa... o lo dirà alla mamma ed al papà " sentì nella sua mente. "Fracassale il cranio... muoviti! Sta andando dalla mamma e ti metteranno in punizione! In quella cantina buia e umida con tutte quelle ombre e quei rumori strani che ti terrorizzano così tanto!"

Il bambino prese il sasso con due mani, un po' a fatica e corse dietro alla sorellina. Ma Michelle era già troppo distante.

"Uccidila! Uccidila! Ucci-di-la! Spaccale la testa!" Continuava a sentire Michael nella sua mente come un martello pneumatico che non gli dava tregua. Il bambino cadde mettendosi a piangere.

"Michelle... ti prego... aiutami!"

La bambina si voltò e vide il fratello a terra nell'erba.

"Michelle... non riesco a camminare... aiutami" piagnucolava.

Lei gli corse in contro ma, quando solo pochi passi li dividevano, tentennò un po'.

"No... se mi avvicino mi picchi, ti conosco!" Urlò al fratello che era accovacciato dandole le spalle.

"No no! Voglio solo che mi aiuti!" Le rispose lui voltandosi appena. Allora Michelle, sbuffando, gli si avvicinò e come la bambina fece per guardare cosa si fosse fatto il fratello, Michael si alzò, girandosi di scatto e colpendo Michelle alla testa con il sasso, con tutta la forza che aveva.

A Michael ricordò un po' il rumore di un cocomero che cadeva e si spaccava.

La bambina capitolò a terra, con un rivolo di sangue che le scorreva giù per la fronte e per una frazione di secondo Michael vide gli occhi della sorella sbarrati e confusi. Occhi incapaci di concepire una simile violenza ed un simile dolore... atroce, diffondersi improvvisamente dalla sommità della testa alla punta dei piedi.

"Poni fine alla sua sofferenza... ora!" Sentì ancora Michael nella sua mente.
Il bambino non aveva tolto gli occhi dal volto della sorella neppure per un secondo, vedendola distesa a terra agonizzante, mentre dei flebili lamenti le uscivano dalla bocca. Vide le dita della bimba muoversi impercettibilmente, quasi come volesse dirgli di non farle più del male. Delle lacrime scesero dagli occhi di Michelle e Michael continuava ad osservarla impietrito.

"Ora!"

Allora il bambino alzò nuovamente le piccole mani sporche e sudate che stringevano quel grande sasso, ormai imbrattato di sangue e cominciò a sbatterlo in faccia alla sorella, ripetutamente, sfondandole il cranio con un sonoro 'CRACK'. Non si rese nemmeno conto degli schizzi di sangue che gli finivano in faccia e sui vestiti. Michael, con lo sguardo vitreo e la bocca aperta dalla quale furiuscivano grida soffocate, continuava ad accanirsi con il sasso grosso come un melone su quello che fino a poco prima era un viso roseo dai lineamenti delicati.

Fino a che non lo fermai prendendolo alle spalle per la maglietta e scaraventandolo via. Michael cadde poco distante da me e appena mi vide corse verso il parchetto rendendosi conto di ciò che aveva appena fatto.

Buon appetito a me. In fin dei conti Alexis mi aveva fatto giurare di non ucciderli... e quella bambina deliziosa non l'avevo uccisa io. Ma non aveva detto nulla sul fatto che non dovessi mangiarli.

Addentai il corpo di quella mocciosa, affondando prima i denti nella carne delle gambe, staccandone pezzo per pezzo, masticando ed ingurgitando mentre il suo sangue caldo mi scivolava in bocca e sulle mani, sentendo i morsi della fame attenuarsi gradualmente, fino a che, divorato anche l'ultimo brandello di carne, la voragine si richiuse.

Il dolore e la disperazione, invece, erano ancora li, al varco, ad attendermi a braccia aperte anche se continuavo comunque a pensare che Alexis doveva essere viva. Il fatto che Jeremy mi avesse fatto visita ne era la prova.

Poi...dovetti affrontare la realtà dei fatti. Ero conscio del fatto di essere stato io ad aver ucciso quella bambina, plagiando la mente di suo fratello. Non avevo mantenuto la promessa fatta e ciò mi fece stare ancora più male. Non volevo venir meno alla parola data, non più.

-Devo trovare Alexis. E devo trovare un modo per resistere... farò in modo che lei non scopra mai ciò che ho appena fatto... e tutto andrà bene. Non ucciderò più-.

Dopodiché mi venne un'idea; la biondina!

Quella piccoletta mi avrebbe aiutato. Magari era a conoscenza di qualcosa. Poi pensai che probabilmente i miei poteri non erano più forti come un tempo ed il fatto di non aver trovato il suo corpo da nessuna parte era di sicuro una cosa positiva.

Ma in ogni caso, la tappetta sarebbe stata la soluzione.

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