2.

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Mi svegliai di soprassalto appena suonò la sveglia. Erano le 6:30 e esattamente due ore dopo avrei avuto un esame molto importante. Il college si stava rivelando molto più impegnativo di quanto non lo sembrasse già.

Il letto accanto a me era vuoto e la finestra aperta. Ryan doveva già essere uscito.

Non potevo dargli torto, in fondo cosa ci faceva con una come me?

Mi alzai e mi vestii più in fretta possibile.

Appena uscii dalla camera vidi Taylor, la mia coinquilina, alle prese con le pentole della cucina.

"Buongiorno Em! Pronta per l'esame?" disse tutta bella pimpante. Ma come faceva ad essere sempre così arzilla anche di buona mattina?

"Abbastanza direi. Che cosa cerchi?" dissi indicando gli utensili sul bancone.

"Non riesco a trovare il pentolino per scaldare il latte. Eppure era proprio qui..."

"È nella lavastoviglie. Ieri sera mi serviva ed era troppo tardi per mettermi a lavare i piatti." mi giustificai.

"Emma!! Lo sai bene che mi serve quel pentolino!"

"Vai al bar qui accanto ed ordina una tazza di latte. Che differenza fa?"

"Scherzi vero? Il latte del bar è più..."

"Sì è come dici tu. Io vado, ciaoo!" dissi uscendo dalla porta.

Taylor era una ragazza davvero troppo pignola e quando si metteva in testa una cosa, non c'era verso di farle cambiare idea.

Tirai fuori la ciambella che avevo preso prima di uscire da casa. Prima di un esame avevo sempre una fame pazzesca a causa dell'ansia.

Avevo appena dato il primo morso quando andai a sbattere contro qualcosa, o qualcuno.

"La notte russi." disse Ryan dietro di me.

"Russo solamente quando sono in ansia." mi giustificai arrossendo notevole.

"È per questo che non mi volevi con te?"

Sul suo viso apparve un sorriso malizioso che diventò una risata fragorosa dopo aver visto la mia faccia seccata. Adoravo quella risata.

"Ah-ah-ah. Che simpatico."

"Dai Emma. Stavo scherzando."

"Sì sì, lo so. Ora, se non ti dispiace, dovrei andare a scuola."

Mi allontanai da lui senza nemmeno salutarlo. Non mi aveva mai parlato in quel modo, anzi non mi aveva mai parlato, punto. Ogni tanto veniva da me per chiedere aiuto, ma, oltre a quelle occasioni, io ero totalmente inesistente.

Dei passi mi raggiunsero. "Sto andando anche io a scuola, nel caso non l'avessi capito."

In effetti in quali altri luoghi poteva andare alle 7 del mattino?

"Almeno ti faccio compagnia." continuò.

Annuii, non sapendo che altro dire. Ero sempre stata una ragazza molto timida, ma in quel momento l'imbarazzo prese il sopravvento. Non sapevo cosa dire. Non avevamo niente in comune e non avevo alcun argomento su cui basare un discorso sensato.

"Hai un esame oggi? Ti vedo in agitazione." disse lui.

"Ehm... sì. Ho studiato molto, ma comunque un po' di paura c'è sempre, no?"

"Non sono d'accordo. Penso che l'ansia sia solo una nostra mortale nemica. Lei è nascosta dentro di noi, ma si fa sentire solo nei momenti meno opportuni, facendoci distrarre. Per questo bisogna assolutamente lasciarla in pace, non dobbiamo stuzzicarla, sennò è la fine."

Lo guardai con gli occhi socchiusi. Non pensavo che Ryan potesse aver pensieri simili. Aveva la mia età, ma non era quella che dimostrava. Fisicamente sembrava più grande di due o tre anni, ma mentalmente ne dimostrava altrettanti in meno.

"Che c'è?" chiese notando che lo stavo fissando. "Sembro stupido, ma non lo sono. A volte la vita è più facile quando vieni considerato ignorante dagli altri. È come un inganno: basta solo riuscire a sfruttare la propria intelligenza nel momento opportuno."

Guardò l'orario dal suo telefono e poi lo ripose nella tasca dei jeans. "Ovviamente bisogna sfruttarla con furbizia." continuò come se niente fosse.

Quel ragazzo mi sorprendeva sempre di più.

"Però se esprimi i tuoi pensieri in maniera così profonda, nessuno ti considererà più uno stupido. Anzi, verrai considerato l'esatto contrario."

"Proprio per questo motivo tu sei l'unica che abbia mai sentito i miei "pensieri profondi", come li chiami tu."

"L'unica?" chiesi stupita.

"Sì, esatto. Vuoi uno schema per capire meglio?" mi chiese scherzando.

Lo spintonai cercando di assumere un'espressione offesa.

"Ooh! Ragazza," disse indicandomi, "tu si che sei forzuta."

A quanto pare il sarcasmo era una delle sue specialità. Non lo avevo spostato nemmeno di un millimetro, come poteva dire di avere con sé una ragazza forte?

"Io ho lezione di chimica. Buona fortuna per l'esame." disse ad un certo punto.

"Oh, grazie."

"Ah, Emma?" disse passandosi le mani tra i capelli.

"Si?"

"Oggi pomeriggio potresti venire a casa? Sai, per quella cosa di mio padre..."

"Certo, ci sarò." dissi sorridendo.

"Grazie. Sei la migliore vicina di tutto il mondo."

E con quelle parole mi lasciò da sola ad affrontare l'esame.

Amami (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora