43.

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Il passato mi piombò davanti agli occhi come se fosse un fulmine a ciel sereno. Era davvero molto difficile per me riuscire a parlare di quella notte, riuscire a liberarmi di un peso del genere, ma era arrivato il momento di farla finita con tutta questa storia. Insomma, mi ero sempre lamentata dei segreti degli altri, quando ero io stessa a tenerne uno piuttosto grande dentro di me. Come potevo pretendere che le persone iniziassero a fidarsi di me se poi io ero la prima a non fidarmi? Era impossibile.

"Quindi?" disse Justin, cercando di invogliarmi a continuare il discorso.
In effetti, ero rimasta ferma ed immobile ad osservare il vuoto per un tempo, a me, indecifrabile.

"Credo di essere pronta a raccontartelo." dissi, prendendo un respiro profondo.

Le immagini che vagano nella mia mente si unirono al suo della mia voce ed in un attimo mi ritrovai a raccontare il mio passato.

"È buona la cena, Em?" mi chiede la madre di Travis. È una donna molto simpatica. Insomma, ogni volta che vado a casa sua mi regala sempre qualche dolce particolare che, ovviamente, non posso rifiutare.

"Sì, signora Evans. Mi piace molto!" dico entusiasta. Lei ed il signor Evans hanno scelto questo piccolo ristorante per una cenetta tra amici. Nulla di speciale, sia chiaro, ma sicuramente non è una di quelle trattorie malmesse che si vedono in giro in questo periodo.
Travis alza lo sguardo e per un attimo i nostri occhi si incontrano. I nostri genitori stanno parlando di affari, ma io sono ancora troppo piccola per capire cosa del genere. Preferisco di gran lunga stare con i miei amici.

"Clover avete deciso cosa fare il prossimo mese?" chiede la signora Evans a mia madre.

"No, ancora no. Emma vorrebbe andare a Londra. Vero Em?"

"Sì!" dico entusiasta. "Però papà non ci vuole andare, perciò dobbiamo ancora decidere la meta." dico dispiaciuta. È da quando sono piccola che voglio visitare Londra. Tutti i miei compagni di classe ci sono già stati ed ognuno di essi ne parla benissimo.

"Em ti ho detto mille volte ci andremo, prima o poi." dice papà, mettendosi un'altra forchetta di pasta in bocca.

"Dici sempre così!" dice mio fratello. Menomale che c'è lui a difendermi. Ormai è l'unico della famiglia che mi capisce alla perfezione.

"Sean non ti ci mettere anche tu." dice mia mamma.

"Ma come siamo acide." dice Sean,  facendomi sorridere.

Mia mamma lo fulmina con lo sguardo e mio padre si mette a ridere. Sono uno l'opposto dell'altro quei due.

"Tornando a noi." dice mio padre, rivolgendosi ai genitori di Travis.

"Ti va di venire a prendere una boccata d'aria?" mi chiede Sean, mentre i nostri genitori continuano a discutere. Chissà di cosa staranno parlando. 

"Sì certo! Trav vuoi venire anche tu?" chiedo, iniziando ad alzarmi dalla sedia.

Travis annuisce e si alza dalla tavola, vendendoci incontro.

Il cortile del ristorante è piuttosto grande ed anche abbastanza rinfrescato. È estate perciò un po' di arietta fresca non fa male a nessuno.

"Hai freddo?" chiede Travis.

"No, sto bene." dico, guardando i suoi occhi. Sono di un colore molto particolare, tra il verde e l'azzurro. Sono molto belli, questo non si può negare.

"Evans stai lontano da mia sorella." dice Sean. Ha sempre avuto il vizio di chiamare tutti per cognome, a quanto pare è una sottospecie di moda che gira tra i ragazzi della sua età.

Amami (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora