47.

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"Siediti." disse Danielle, indicandomi il divano posizionato lateralmente all'entrata.

Senza aggiungere nemmeno mezza parola, eseguii ciò che aveva detto. Il mio corpo era immobile, come se fosse gelato, dopo aver sentito le parole più temute in tutto il mondo "Ho bisogno di parlarti". Quattro parole che continuavano a rimbombare nella mia mente come una piccola goccia d'acqua che cade dentro una grotta, creando quell'eco continuo.

"Ascolta,..." iniziò a dire, sedendosi accanto a me. "So perfettamente che tu ti sei fidata ciecamente di Justin un po' di tempo fa, ma lui sa bene che io ti sono amica."

"E quindi ti ha raccontato tutto, vero?" chiesi, capendo fino a dove volesse andare a parare.

Danielle abbassò lo sguardo, puntandolo verso i suoi piedi, e con piccoli movimenti della testa annuì.
"Perché non mi hai mai detto nulla? Io credevo che tu ti fidassi di me."

"Io mi fido di te, okay? È solo che non mi piace parlare del mio passato. Non so nemmeno io cosa mi sia preso quel pomeriggio con Justin. Sembrava che le parole uscissero da sole, come se si fossero aperti dei cancelli o qualcosa di simile. Io..." iniziai a dire, passandomi la mano tra i capelli per la frustrazione. "Io non so cosa dire, davvero."

"Non capisco perché tu non ti sia fidata di me. Seriamente, non lo capisco." disse lei, guardandomi dritta negli occhi. Era così difficile riuscire a mantenere fisso lo sguardo. Era delusa da me, lo si poteva leggere benissimo. Non avevo mai visto quell'espressione sul volto di un'altra persona, ormai ero abituata a vederlo solo sul mio.

"Ti avrei raccontato tutto, prima o poi." dissi, cercando di giustificarmi. "Devi capire che è davvero difficile per me accettare il mio passato e tanto meno riuscire a parlarne."

"Come faccio a crederti? Se mi nascondi una cosa simile, chissà quante altre cose non mi hai detto oppure chissà quante bugie mi avrai raccontato!"

"Bugie!? Non credo proprio." dissi, alzandomi dal divano. "Io odio le persone che mi raccontano bugie. Insomma, a volta mi chiedo se Emma Thompson sia il mio vero nome o meno. Le gente le racconta in continuazione e, a quanto pare, ho una propensione nel farmele raccontare. Quindi, puoi dire tutto quello che vuoi sul mio conto, ma non pensare nemmeno per un secondo che io sia una bugiarda. Perché, fidati, non lo sono."

"Resta il fatto che non mi hai raccontato il tuo passato." disse, alzandosi a sua volta.

"Nemmeno io so nulla di te, se proprio vogliamo dirla tutta."

Era vero. Sapevo solo il suo nome e non ero nemmeno sicura della sua data di nascita. Sapevo due o tre cose messe in croce, ma nulla di più.

"Ma perché io ho avuto una vita bellissima, al contrario tuo!" disse, come se volesse sbattermi in faccia tutto ciò che avevo sempre saputo, ma che non avevo il coraggio di ammettere.
"Oddio,..." continuò a dire, non appena si rese conto di ciò che aveva appena detto. "Em, non volevo dire questo, cioè..."

"Sì, invece." la interruppi. "È la verità, quindi non c'è nemmeno bisogno delle tue scuse."

"Emma, io non volevo dire questo, credimi." disse lei, cercando in tutti i  modi di rimediare ciò che aveva appena detto, ma era inutile. Insomma, più cercava di trovare una scusa, più riusciva a peggiorare la situazione. "Sto parlando inutilmente, vero?" chiese alla fine, come se riuscisse a leggermi nel pensiero.

"Direi di sì." dissi, prendendo un respiro profondo. "Forse è meglio che io vada." conclusi, cercando di uscire da quella dannata casa. Stava diventando davvero straziante passare del tempo rinchiusa in quelle quattro mura. Il discorso iniziale non era sicuramente uno dei migliori e poi il tocco finale. Stava anche diventando impossibile respirare tranquillamente: l'aria era diventata pesante. Faticavo a respirare, come se mi avessero messo nelle narici dei tappi e coperto la bocca con una mano.

Amami (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora