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"Hugo." affermo con la voce smorzata da un presunto pianto imminente. Busso alla porta di mio fratello ancora una volta ed ancora una volta non ricevo riposta. Chiudo gli occhi appoggiando delicatamente la fronte sulla superfice liscia della porta d'ingresso per la camera di mio fratello.

"Hugo." parlo lentamente sentendo gli occhi pizzicare di nuovo: "Per favore." aspetto pochi secondi ancora speranzosa lui mi possa aprire ma quando vedo che non si accenna minimamente a farlo incomincio ad allontanarmi.

Le lacrime iniziano a scendere come di consuetudine ormai. È come se sentissi un vuoto, un vuoto all'interno di me, i miei genitori si sono separati tra loro e di conseguenza si separeranno anche da me, costruiranno delle famiglie con delle altre persone e io diventerò soltanto un ricordo lontano.

Mio fratello non mi parla, non mi calcola più, non so neanche se è più in casa, assomiglia ad un fantasma. Sarò andata da lui un paio di volte in questa settimana, da quando sappiamo la nuova notizia, ma lui non mi ha risposto ne la prima ne tanto meno oggi.

Proprio mentre questi pensieri mi attraversano di nuovo la mente sento una porta aprirsi alle mie spalle e mi volto quasi di scatto. È davanti a me, ha l'aria spenta, due occhiaie che non li ho mai visto prima, gli occhi gonfi e rossi, il labbro continua a tremare.

Corro in sua direzione anche se pochi metri ci separano e lo abbraccio. Lo abbraccio rimanendo in silenzio, affidandomi alla sua spalla come se fosse un appiglio in cui far si che le mie lacrima escano lentamente e tranquillamente. Un momento in cui posso sfogarmi anche se non dovrei. Un momento in cui so che strigo tra le braccia una delle persone più importanti della mia vita.

Rimango così per forse troppo, troppo solamente per l'orologio, non per noi due, un attimo che dura da tanto. Si allontana lentamente da me iniziando a guardarmi negli occhi, i suoi tanto simili ai miei, i nostri come quelli di papà: "Scusami." parla, quasi fosse un sussurro, quasi si sentisse lui in colpa per quello che sta succedendo.

"Tu non hai colpe. Anzi sono io quella che ti dovrebbe chiedere scusa." scuote tormentatamente la testa da un lato all'altro in segno di negazione mentre si morde il labbro inferiore provando a bloccare le salate lacrime sul nascere.

Il mio sguardo supera per un attimo la figura del mio fratellino aprendosi alla sua camera. È un disastro, è sempre stata un disastro, non che la mia sia da meno. Ogni tanto mamma passava da entrambi per aiutarci a mettere apposto, o almeno per stimolarci a farlo.

Il letto è disfatto, il baule è aperto e al suo interno vestiti buttati alla caso si trovano. La scrivania piena di libri e penne sparpagliate. Una bottiglia d'acqua vuota buttata senza curanza sul pavimento dalle piastrelle a scacchiera bianche e nere.

Entro all'interno della stanza e continuo a guardarmi intorno: "C'è un po' di casino." mi precede: "Camera mia allora è un cestino della spazzatura." rispondo provando a suscitarli una qualsiasi reazione ma rimane continuamente impassibile.

"Quando tu sei andata via piangendo" incomincia a parlare e mi vedo a chiudere le palpebre più volte velocemente per evitare che una singola lacrima esca.

Perché lui è così forte ed io sembro una bambina a cui hanno appena rubato le caramelle?

"Li ho chiesto il motivo. Tu te ne eri accorta? Sapevi che litigavano?" faccio segno con la testa di negazione mordendomi la lingua nel tentativo di non scoppiare a piangere e di non distruggere ulteriormente Hugo: "Ai nostri occhi provavano a mostrarsi in perfetta sintonia, quando andavamo a scuola, uscivamo, scoppiava la terza guerra magica in casa. Lo facevano nel tentativo di proteggerci" pronuncia quest'ultima parola con un tale disprezzo: "Credevano che prima o poi le cose si sarebbero aggiustate e che quindi non ci sarebbe stato bisogno di metterci in mezzo."

Qualsiasi cosa accada | SCOROSEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora