Prologo

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Colpisci una porta blindata. Non cade. Non hai mai provato tanta frustrazione, non hai mai faticato tanto a rigettare in gola le urla. Ciò che hai davanti, non appartiene a questo mondo.
Stringi i denti. Non è ora di piagnucolare. Quindi ci provi di nuovo, serri le dita in un pugno di piombo e sferri l'attacco. Le nocche timbrano di sangue la camicia del bestione; la velocità è tale da aprire i lembi della sua giacca come una folata di vento spalancherebbe due esili tendine. Ma quei due fanali verdi, posti a una ventina di centimetri dalla tua testa, non ti perdono di vista un solo istante. Caricano l'ennesimo colpo, inquadrano l'obiettivo e come un boomerang ti rendono il tuo stesso pugno... solo dieci volte più potente. Una palla da demolizione ti colpisce in pieno. Sei stordita. Barcolli. Respiri il rugginoso sapore che esplode tra le pareti della bocca quando quell'ammasso di ferro sfregia il tuo zigomo.

E ti lasci cadere all'indietro.

È una caduta che dura anni. Il tuo corpo molle e privo d'energie fluttua fino al pavimento, ma non sfuggi all'impatto, tutt'altro che soffice. A una decina di centimetri dal suolo, acquisisci una violenza tale da sollevare i sassolini e farli evadere più in là. Rotolano, loro che ci riescono, tremando ad ogni passo che l'omone rivolge verso di te. Le lancette dell'orologio corrono di nuovo al ritmo a cui sei abituata, il fischio che si insinua nei timpani come lunghi e affilati aghi viene interrotto ad ogni scarpone che batte il terreno. E infine le tende si riaprono quando la bestia piega le ginocchia per farsi sentire meglio da te. Un colpo di tosse solleva un getto rosso e sporco schiudendo le tua labbra all'improvviso, simulando una debole fontana di cui il nemico a malapena si accorge.

"Con che nome vuoi esser presentata?"
Una domanda cortese che solitamente viene posta prima di esser messi a tappeto. Ma, d'altronde, nulla è andato secondo i tuoi piani, a partire dall'intrusione tutt'altro che silenziosa fino a quello scontro risultato per te quasi mortale.
La bestia si china sulla salma, ti afferra come se fossi carta straccia e ti deposita su una spalla. Larga... larga a sufficienza da ricordarti la comoda poltrona sulla quale ultimamente passi le tue notti insonni. A tenerti sveglia è il fallimento, una croce che avverti anche ora che la bestia se ne fa carico assieme a te.
Con il capo gettato in avanti riesci a studiare l'ambiente da un'insolita prospettiva. Percorri con occhi stanchi e confusi gli ornamenti marmorei che decorano i corridoi della villa, dal giardino fino all'ufficio di Kray, un grosso salone sorvegliato da quattro piedi meno ingombranti di quelli che ti trasportano.
La bestia ti lascia cadere come un sacco di patate; te ne lamenti con un impercettibile mugolio, mentre le orecchie ben rizzate attendono di ascoltare la tanto agognata presentazione.

"L'ho trovata sul retro."
È tutto ciò che dice; sembra abbia reso la palla al suo padrone e niente più. Non ti stupirebbe a questo punto vederlo con un osso tra i denti... né ti stupirebbe se l'osso fosse tuo.
Kray applaude, plateale e arrogante, alzandosi dalla poltrona per esaminare il tuo povero corpo distrutto da più vicino. Ne sembra disgustato, lo disprezza puntandogli un dito contro e guardandolo dall'alto, con un sigaro in bocca ed espressione stropicciata.
"Topi rognosi come questi sono pericolosi. Veloci... zampettano qua e là come dei merdosi scarafaggi. Poi quando trovano quelli come me e te, saltano alla gola e strappano la giugulare con i denti. Bisogna tenere gli occhi ben aperti, Bobby. Hai fatto un ottimo lavoro." ma... "Ma come cazzo ha fatto ad arrivare sul retro, porca puttana? Non abbiamo delle guardie lì?"

Se solo avessero rispetto del tuo tentativo di intrusione, saresti tu a rispondere ai suoi dubbi. Diresti lui di essere riuscita a distrarre gli uomini al cancello, richiamando la loro attenzione verso la fitta vegetazione che circonda il perimetro; di aver infilzato come spiedini due guardie nella cabina di comando; di aver lasciato prive di sorveglianza le videocamere ed esser poi sgattaiolata senza troppa difficoltà fino alla porta sul retro, proprio lì dove Bobby il bestione ti ha afferrata per la gola e schiacciata come un moscerino. Bobby non era tra le tue ricerche, è stato un incidente di percorso, una sorpresa, un calcolo sfuggito alla tua attenta elaborazione del piano. Maledetto Bobby.

"La stronza riesce a sentirmi? Una scrollata di spalle risponde alla domanda del boss, consapevole di averti conciata per le feste ma di aver dosato comunque la forza a sufficienza da non renderti sorda a vita.
"Ehi Sara!" Schiocca le dita un paio di volte nella tua direzione.
"È Nana, signore."
"Che cazzo di nome è Nana?"
"Un nome giapponese."
"Questa stronza non è giapponese! Le hai cambiato i connotati, per caso? No? No, appunto. Me la ricordo com'era prima che la pestassi."

Fingi di non sentire, fingi di non vedere, né di poter parlare. Ti fai violenza pur di non sollevare una gamba per mirare proprio lì dove ti è comodo, sui gioielli di famiglia. Non osi immaginare cosa potrebbe accaderti se esaudissi quel capriccio. Fingersi morta - o quasi - è la via d'uscita migliore che ti viene in mente.

"Insomma alzala da terra, mi macchia il tappeto, cazzo!" Ed ecco che torni tra quelle che, nella stanza, sembrano essere le braccia più rassicuranti dell'intera villa. Bobby infila gli avambracci sotto le tue ascelle e ti tiene ferma. La testa a penzoloni serve a mantenere la parte dell'innocua ragazzina e sperare di esser gettata nella pattumiera fuori dal cancello, ancora viva e vegeta. Kray torna dietro la grossa scrivania, prende il sigaro in mano e comincia la sua ramanzina. "Che devo fare con te?" Te lo domanda, come se una tua risposta potesse esser presa in considerazione.

Taci. Lasci che il silenzio intercorra tra voi, che la chioma bionda e umida di sudore misto a sangue nasconda il tuo debole respiro. Meno ti muovi, meno ti vede.

"Hai il chiodo della vendetta fisso nella testa, ti ha offuscato la ragione." Afferma toccandosi la tempia con un dito. "Credevi di poter entrare in casa mia, puntarmi un coltello alla gola e intagliarci un bel sorriso da orecchio a orecchio senza che i miei se ne accorgessero? È un piano da romanzo, Clara. Non funziona così questo mondo. A Dustville la giustizia si compra." Dice dall'alto della sua presunzione. Un sospiro precede il frusciante suono del cassetto che si apre. Una rivoltella ne esce lucida e carica e Kray, ora accompagnato dalla sua migliore amica, si accinge ad aggirare la scrivania col solo fine di guardarti bene negli occhi. La mano libera afferra le radici dorate dei tuoi capelli e ti costringe a sollevare la testa, mentre Bobby la bestia ti rimette sulle tue stesse gambe e due uomini con i vestiti, già macchiati di rosso come macellai, sistemano la plastica nera dietro di te. A quanto pare non hai avuto torto - a breve sarò davvero immondizia, pensi senza nemmeno attendere che la pistola si sollevi e punti dritto in mezzo agli occhi. Kray è lontano almeno due metri, da come sistema la cravatta deduci lo faccia per non rovinare il completo elegante. Poi mira e tu, mai come ora, preghi. Preghi di morire in fretta, senza troppo dolore. Un impegno, l'improvvisa fede, che non ti fa sentire le ultime parole del tuo aguzzino.

"È un peccato. Sei la sua copia sputata."

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