trenta

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Un compito semplicissimo era stato affidato a Henry il mariolo. Eppure, il ragazzino sembra ancora perplesso all'idea di prender parte a un tale suicidio. Lo smilzo li guarda, uno ad uno: ora sono tre e ingombranti in una sola stanza, per quanto grande sia. Si sono presentati, quantomeno, e l'hanno fatto con espressioni differenti.

Josh Fitzgerald, il damerino, gli ha stretto la mano con decisione e un sorriso mite. Da subito è sembrato a Henry il mediatore, quello più controllato dei tre, forse il vero capo: le bretelle gli cingono le spalle pinzando i pantaloni eleganti al di sopra della maglietta bianca, è un uomo sulla cinquantina ma con l'aria fresca, giovanile, da bravo ragazzo da non far infuriare. I suoi occhi brillano ancor di più ora che s'è tolto il borsalino rivelando il capello castano ben pettinato. Henry ha osservato attentamente il modo in cui si relazionava con la bionda; li avrebbe definiti marito e moglie, ma ha compreso cosa stonasse in quel rapporto quando ha conosciuto il terzo uomo.

Matthew Winston, così si era presentato senza degnarlo di un saluto e a malapena di uno sguardo, troppo preso forse dal ritorno dei due amici... un amico e la sua donna, sarebbe meglio dire. Anche in quello Henry nutre profondi dubbi: chi è la donna di chi? Il gioco di ruoli in quella stanza diventa palese a mano a mano che la si occupa, eppur confonde.
La bionda aveva triplicato il suo già largo e disturbante sorriso, gettando le braccia al collo del suo amato. Loro potrebbero esser moglie e marito. Lo capisce Henry dal banale dettaglio di un bacio che, seppur casto e infantile, riesce a farlo sentire di troppo. La tensione sessuale tra i due è tangibile, forma una cappa attorno a chiunque li osservi. Si chiede, il mariolo, come faccia Josh a vivere tra i due in completa armonia.

E poi lei. Vasilisa Yoshima.
Una leggenda in quella dannatissima fogna di città. Una luce di speranza per chi ha sempre desiderato andarsene e un acerrimo nemico per i molti, soggiogati dall'apparente anarchia che regna per le strade. Henry sa bene cosa si dice di lei: la kitsune bianca. Questo è il soprannome che precede il suo arrivo ovunque lei vada. Ora può dire sia adatto.

Le kitsune sono mutaforma letali; cacciano le loro prede con sensualità e astuzia, manipolano scaltramente gli uomini che le circondano, ne occupano gli incubi, i pensieri, fino a diventare dei tormenti. E la volpe bianca, nello specifico, indossa il colore più puro e complesso del creato per la sua innocenza, la sua fanciullezza e il dolore che è costretta a nascondere. È difficile amare una kitsune senza cadere nell'ossessione. I due che l'affiancano però non ne sembrano accecati. Forse non credono a quella leggenda, forse sanno che la loro collega non sia un mutaforma ma solo la miglior mitizzazione mai riuscita di un pericoloso criminale. Era stata la Yakuza a darle questa nomea e la Yakuza stessa aveva cominciato a pentirsene, trasformandola nella più sfuggente e capricciosa killer che conoscano. Colpa di Gonshiro Yokumura. Lui... lui n'era ossessionato. E come dargli torto?

Henry si rende conto di esser davanti a una Dea dalle movenze feline, coi suoi cinquant'anni portati divinamente. Non avrebbe esitato ad accettare il bacio della morte da lei, così come non ha esitato dinanzi alla sua insolita stretta di mano. Le labbra più soffici dell'universo si sono posate sulla guancia del ragazzo, lasciandovi un profumo puro: somiglia a bucato misto a fiori di ciliegio. Henry n'è circondato, ne diventa ben presto dipendente. E quel sorriso, così malato e controverso, infantile e fatale... sembra esser uscita fuori da un fumetto.

"Non posso farlo." Henry, a testa china e terrorizzato all'idea di dire "no" a quella Dea, trema sulla poltroncina della stanza.
"Che significa, scusa? Ti ho salvato le chiappe, marmocchio ingrato!" La domanda di Vasilisa viene pronunciata con irritazione, con capricciosa impazienza. Sembra Henry le abbia tolto di mano un giocattolo che pensava esser suo di diritto. È Josh a intervenire, mediatore come il ragazzino lo aveva immaginato. "Guardami." Dice avvicinandosi a lui. Sollevando le iridi scure ritrova il castano davanti a sé, seduto a gambe aperte su una sedia in legno, appoggiandosi con un braccio sullo schienale posizionato dinanzi al busto. Ha un'espressione dura sul volto, eppure risulta sempre calmo e pacato.

"Roger Kray ha ucciso tua madre."
Come lo sa? Come sanno tutte queste cose? Dove trovarlo, da chi salvarlo, la storia dei suoi genitori. Che siano davvero caduti dall'Olimpo?

"Nana l'ha vendicata per te. Ma ora lei è in pericolo e ha bisogno del tuo aiuto. Non è finita qui, moriresti in ogni caso e non per mano nostra, Henry: i Kray sono ancora al potere. Vuoi che ci rimangano? Vuoi vanificare la vendetta?"

Un ragionamento sensato, quello che giunge deciso alle orecchie di Henry. Nana Yoshima, la figlia della Dea che l'osserva furiosa, ha sacrificato quell'ultima briciola di libertà per vendicare tutti loro.
Il mariolo fa riposare gli occhi su ognuna di quelle figure, Matthew nel suo silenzio, Vasilisa a un passo dall'ira, Josh con le sopracciglia sollevate e in attesa di risposta. Ci riflette il truffatore, ci riflette a lungo spazientendo la Dea. E solo infine spezza la tensione.

"Facciamolo"

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