trentotto

61 17 12
                                    

Gocce fredde imperlano la tempia, mentre le tue dita scavano nell'etichetta della bottiglia di vino. Sei nervosa. Nel seminterrato del Red Time, leggi e rileggi le informazioni di provenienza di quel nettare rosso, sotto lo sguardo attento di Colin. Ti fissa, come suo solito... ti studia ma, se solo lo degnassi d'attenzioni, noteresti in lui della preoccupazione stavolta. Si mordicchia il labbro inferiore e le iridi scure scivolano lungo i lineamenti del tuo profilo. Siede su uno sgabello, con le spalle al muro, ben appoggiato e con le braccia conserte. Le ginocchia virano invece in direzioni opposte, rendendogli confortevole l'equilibrio che mantiene sull'instabile pezzo di metallo e pelle imbottita. Se solo potessi concedertelo, ti lasceresti andare al pensiero di aver dinanzi un bell'uomo e capiresti il perché dei pettegolezzi che girano in città riguardo i due fratelli Kray. Prima di incontrarli e durante la tua fuga da Colin, avevi avuto modo di origliare qua e là apprendendo informazioni su come donne e uomini di Dustville vedessero la mera estetica dei fratelli. E se Dwight sembrava l'esatta descrizione dell'eroe forzuto e determinato, seppur dividesse la folla in merito ai suoi presunti progetti per la città, il nome di Colin sfiorava le bocche degli abitanti con timore.

"Non credo ci andrei a letto se ne avessi occasione." Ricordi di aver sentito dire a una ragazza nel bagno dello strip club nel quale, poco meno di un mese fa, trovasti riparo. "Mi mette i brividi."
"Proprio per questo. Bello e dannato." Aveva risposto l'amica.
"Non li vedi i film, tu? A far patti col diavolo si perde. E poi sta sempre in silenzio, sta per le sue... non mi fido delle acque quiete."

È seguito il gelo. Lo ricordi bene perché quella sensazione l'hai provata alla reception, quando lo incontrasti. E in strada, quando affrontasti il poliziotto. Non sai a cosa sia dovuto, dubiti che Colin si trovasse lì quel giorno, ma probabilmente il modo in cui le due ragazze ne avevano parlato ti aveva suggestionata. 

"Ci pensi, se non le piacessi?"

È la tua voce a interromperti, costringendoti a cambiare argomento e non soffermarti su quel brivido inquietante che comincia a scivolarti lungo la spina dorsale. Colin solleva un angolo della bocca in uno sghembo sorriso appena accennato. Incredulo dinanzi a tanta infantile idiozia, ti trova adorabile... oltre che simile a sé, riconoscendo in te lo stesso bisogno d'approvazione che l'ha assillato fino a pochi giorni fa. Eppure, non ha parole di conforto da offrire. Sembra quasi goda della tua sofferenza.

"Può darsi. Sei un gran rompipalle."

Ma nonostante alle orecchie suoni di insulto, gli zigomi si sollevano lasciando sul tuo volto lo spazio d'un sorriso. Forse non ha torto nessuna delle due ragazze; forse Colin è il diavolo, dovresti guardarti da lui, starci lontana e non farci alcun patto... e forse quel rischio vale anche la pena. Non che ti possa fidare di Colin, hai compreso dopo l'esperienza col fratello che non vi è modo di salvare un Kray e che quel cognome funge da garanzia. Eppure, a differenza di Dwight quel ragazzo ti sta offrendo una delle armi più potenti nel luogo per lui meno sicuro della città: tua madre.

I vostri occhi si scollano gli uni dagli altri solo quando ti volti per cominciare un lungo e nervoso cammino tra i tavoli da biliardo che decorano il centro della sala. Le iridi scure di Colin ti seguono, alternandosi tra te e il quadrante dell'orologio da polso. Vasilisa si sta facendo attendere. L'appuntamento doveva aver luogo quasi trenta minuti fa. E come se ciò non bastasse, di Uvula sembra non esservi più traccia. Colin aveva un solo metodo per assicurarsi della sua salute: il ticchettio del tacco a spillo sopra le vostre teste, accompagnato da un'intonata canzoncina che poteva sentire dall'altro capo del telefono. Pronta a prelevare i tre ospiti e portarli al luogo d'incontro, la donna dava cenno della sua presenza in quel modo, lasciando il vecchio telefono sul bancone del pub in vivavoce. Eppure, l'altro lato della cornetta è... mutato?

"Qualcosa non va." Mormora Colin premendo un tasto sul display. Deduci abbia interrotto la comunicazione, ma la luce rimane costante e dunque la finestra della chiamata ancora aperta. Forse si è mutato a sua volta per non segnalare la sua intuizione a chi vi fosse al piano di sopra.
Così Colin abbandona la sua postazione, ti fa cenno di nasconderti e di armarti, pronta in caso d'imminente attacco nemico. E dunque obbedisci, ingoiando il tuo stesso orgoglio e tacendo. I kunai ornano ora le tue dita, divenendo i loro affilati prolungamenti. Tutto ciò che t'è concesso vedere è la fine delle scale che portano a voi e Colin, accovacciato sul fianco del bancone e con la pistola fedelmente salda nella mano sinistra.

Non sai cosa stia accadendo, lo ignori, ma ciò che sai per certo è che non dovesse andare così. E quando la porta in cima ai gradini si apre lentamente, illuminando il bancone dietro cui è nascosto il tuo unico alleato, mille domande invadono la tua mente. A chi crederai ora? Che sia un'imboscata? Chi è il traditore? Colin? Uvula? Tua madre?

Un tonfo segue i tuoi dolorosi dubbi, interrompendoli bruscamente con un oggetto. È coperto di un liquido rosso, ne lascia una scia dall'uscio fino ai piedi dei gradini e poco più avanti, dove frena la corsa rivelandosi per ciò che è: una testa umana.

"Sta giù!" urla Colin mettendosi a riparo. E una scarica di proiettili piove su di voi. Giungono dal soffitto e dalla porta. Rapida e reattiva ti infili sotto uno dei tavoli da biliardo aggirato poco prima con fare annoiato, mentre il Kray sparisce sotto il banco bar attendendo la fine di quell'attentato. Nulla potete fare per contrattaccare, né tu puoi accertarti della buona salute del tuo alleato. È nascosto, completamente fuori dalla tua portata e dalla tua vista... come se poi potessi vederlo in ogni caso, tra i frammenti di legno e polvere che si sollevano e ricadono violenti sul pavimento.

Il caos attorno a voi diviene insostenibile, le orecchie fischiano e avverti persino i tuoi muscoli tremare. Mentre speri che tutto si fermi, taccia e che tu e Colin possiate sparire da lì indenni, il silenzio si fa prossimo. Sentite ora – nonostante il fischio ancora intenso e costante ti prema le tempie – dei passi muoversi veloci su di voi. Il frastuono delle armi si interrompe lasciando spazio a una voce squillante che ti giunge come un mormorio senza volto. La frase che pronuncia è giapponese. E se il suo proprietario se ne serve è perché contempla l'eventualità che almeno uno di voi sia ancora vivo. Diciamoci come stanno le cose: non avreste alcuna chance di combattere un nemico con tanta maggioranza numerica. A dire il vero, temi persino d'esser rimasta sola. Dunque ti chiedi se quello a cui avete appena assistito non fosse un assaggio di ciò che vi spetta. Un avvertimento.

"Nikuya porta i suoi saluti." Dice la voce maschile, schiacciandoti verso il nucleo ardente del pianeta. La gravità ti immobilizza, bruciandoti il petto come se fossi precipitata di un passo ancor più prossimo all'inferno.

Nikuya. Il macellaio. Ti basta sentir quel nome per ricordare le parole di Eden. È morto, lo sai per certo, stavolta non vi sono dubbi sul suo cadavere. Eppure, quella voce sembra affermare il contrario. Che sia la sorte a cui sono destinati sia lui che tua madre? Che siano entrambi immortali? Possiedano realmente più code, come le kitsune?

Ma la voce non ha concluso. Riprende, più minacciosa di prima. Ne percepisci il sorriso pur non vedendone il volto. "Fai la brava, Nana. Presto sarai a casa."

È allora che il nemico s'allontana. Porta via con sé la gravità, le tenebre e la sensazione di terrore che ha mosso le tue viscere. Finalmente respiri di nuovo, puoi muoverti, camminare, usare i cinque sensi. L'unica cosa che conta al momento è il silenzio che proviene da dietro il bancone, quando ormai sei certa che il pub sia stato abbandonato: non promette nulla di buono. Ti affretti a sgusciar fuori dal tuo riparo, ti precipiti in direzione di Colin calpestando qualche frammento di legno sparso ai tuoi piedi. Superi la testa umana che ti osserva dalla sua pozza di sangue, constatando che si tratti d'un uomo su cui i tuoi occhi mai s'erano posati fino ad oggi. Dunque aggiri il banco, crolli sulle ginocchia per controllare ciò che vi si nasconde e...

"No! Ti prego no!" 

Il Filo BiancoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora