diciotto

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La spavalderia degli sbirri lascia Bobby sprovvisto di supervisione. Come si può lasciar sola una simile bestia, senza la paura che evada di cella? Forse il fatto che Bobby tenga ancora le manette ai polsi ha fatto abbassare la guardia a chi avrebbe dovuto tenerlo d'occhio. Gli agenti non sanno però che quei polsi sarebbero tornati liberi da lì a poco. Bobby sa come fare, ha navigato quelle acque tempi addietro e l'esperienza l'ha portato ad esser feroce e implacabile persino dinanzi al gelido metallo.

Con un ghigno, il gigante si avvicina alle sbarre. Disumano come lo ricorda chi è morto - o quasi - tra le sue mani, le modella come burro. Il problema non sarebbe stato creare un varco tra esse, ma oltrepassarlo senza lasciare indietro pezzi di sé. Ci riesce. Con l'uso della forza, ma Bobby riesce a divincolarsi dalla salda morsa del ferro. Sembra il degno erede di Hulk, ora più che mai dopo la morte della sua cara Molly.
Fiuta l'odore del Kray come un cane randagio. I piedi calpestano il pavimento passo dopo passo, sempre più veloci, si alternano facendo tremare le mura del corridoio e indicando il suo cammino. Ma a nessuno a Dustville importa cosa accade dietro il cancello del penitenziario. Giunge alla cella indisturbato, incrocia persino delle guardie. Una di loro viene afferrata al volo dal bevero della giacca, viene sollevata e ribaltata come una bambolina fino a quando le chiavi non vengono liberate dalla sua presa. Hulk le raccoglie con la sua grossa mano ed eccolo Dwight Kray, un animale bastonato, seduto sulla fredda panca in attesa di una soluzione per uscire. Quando vede Bobby pensa di averla trovata, ma è incrociando i suoi occhi di fuoco che comprende di essere in pericolo. Si alza in piedi mentre l'energumeno si fionda dentro; non può far nulla se non subire il suo attacco.
Un mattone di titanio disintegra lo zigomo del principe di Dustville. Quello è solo l'inizio di una lunga agonia.

Dopo cinque minuti ininterrotti, la faccia indolenzita di Dwight riesce a malapena a contrarsi quando sputa sangue. Un premolare rimbalza sul pavimento della cella, di fianco all'ammasso di muscoli di Bobby. Uno dei pugni del bestione giace in un cratere della sua stessa dimensione e due lacrime ne bagnano il dorso ruvido. Il maggiore dei Kray è riuscito ad affermare la verità quando le botte sono diventate ingestibili. "È stato Colin." Ha sputato con l'ultima ricarica di fiato.

Tre parole, tre maledette parole che suonano a mo' di condanna nella testa del gigante buono. Era stato così precipitoso, spinto dall'alcol e dal dolore, che si era fiondato su Dwight senza nemmeno chieder conferme o spiegazioni. A quel nome, però, una galassia di verità si era aperta nella sua primitiva mente. Chi mai si metterebbe contro Colin? Roger non l'ha capito ancora, pensa che Dwight sia il principino su cui puntare, ma è Colin a dominare la città senza neppur averne le redini. Tutti temono Colin. E se ammazzare il fratello maggiore significa andar in contro a un suicidio, ammazzare il minore significa firmare anni di atroci torture.
Ma Bobby non sta valutando se farlo o meno; Bobby piange dinanzi alla consapevolezza di ciò che gli spetterà.

"Mi dispiace, Bob." Alita Dwight sistemando le maniche della camicia, come se fossero più importanti della sua faccia.
"Le hai prese." Afferma poi il gigante, senza nemmeno guardarlo. "Le hai prese essendo innocente." È questa la realtà che gli rende onore agli occhi della bestia: un uomo vero, giusto, disposto a far sfogare la rabbia di Bob sul suo stesso viso.
"Forse le merito." Risponde lui, dandogli l'unica spiegazione che ha senso. "Mi sono fatto catturare, non ho tenuto conto di mio fratello, del rischio che correva Molly. E ora hanno anche Nana."
Bob è sicuro che Dwight abbia un piano, sa che non n'è mai sprovvisto, ma avverte resa nelle sue parole e non può permettere che ciò avvenga. Tenta di rassicurarlo, tenta di risollevargli il morale, a modo suo. "La tortureranno. Abbiamo tempo." Ma Dwight ne sa di più.
"No... no, l'hai visto anche tu. Se ne abbiamo di tempo è perché Nana è furba. Ma se finisce nelle mani di Roger, lui non commetterà lo stesso errore. Si assicurerà di farle saltare il cervello più in fretta possibile. Viva è pericolosa."

"Allora diamocela a gambe."
"Mi aiuterai? Non puoi. Tua sorella..."
Il solo pensiero rende più dura l'espressione sul volto di Bob, ma non si lascia perdere in chiacchiere. Ormai ha deciso. Roger non gli condizionerà anche questa scelta. "Conosco una scorciatoia." Dice lui prima di prendere a pugni la parete parallela alle sbarre. È surreale come si sgretoli la pietra contro le nocche ruvide del bestione. Dwight non è sorpreso; è sconvolto. Mai nessuno si abituerà alla violenza grottesca di quell'uomo, alla semplicità delle soluzioni assurde che gli passano per il paleoencefalo. Bobby ce la fa, apre un varco, mentre qualche paio di poliziotti li raggiunge armati di manganelli. È compito di Dwight, seppur a malapena si regga in piedi, tenerli impegnati mentre il bestione finisce l'opera e lo trae in salvo.

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