ventisei

87 18 15
                                    

La squadra Gamma ha mietuto le sue vittime. Una scia di corpi potrebbe benissimo identificare, se la si seguisse, la fonte della minaccia e non sorprenderebbe scoprire che questa porti dritto all'ufficio di Roger Kray. Al suo interno, sbirciando dal buco della serratura, si contano ben sei persone, una con espressione più seria e minacciosa dell'altra... be', eccetto quella di Roger, lui cammina in bilico tra furia e terrore. Si rifiuta di sollevare le mani in segno di resa, ma allo scattare della sicura non esita a rimediare. Ciò che più lo indigna sembra esser l'identità della persona che gli punta contro l'arma: cosa si può far di sbagliato nella vita per esser uccisi dal proprio figlio prediletto? Roger glielo domanda, disperato, ottenendo l'agognata risposta.

"Le vedi?" Chiede Dwight, retorico, arrotolando le maniche della camicia davanti a suo padre. Le cicatrici di cui tu chiedevi le origini vengono mostrate con rancore. E finalmente ne viene ricordata la storia. Dwight non gli scolla il mirino di dosso, seppur a distanza come successe con te prima di crederti morta. "Me le hai fatte tu. Ognuna di loro racconta una vicenda, una tortura. Alcuni sono segni di frusta, talmente forti e taglienti da non andarsene più dalla mia pelle. Altre me le hai fatte con il coltello, ogni volta che perdevo il controllo, per costringermi alla tua dittatura familiare. Ne ho altre sulla schiena e sulle gambe. Ma la peggiore è quella che parte dal dorso della mano destra fino a metà avambraccio: le ho dato un nome, sai? Dean."

Roger Kray trema dinanzi a quelle semplici quattro lettere. Il buio ricordo del ragazzo è la condanna del vecchio.
Dean Kray è uno dei suoi figli, sangue del suo sangue, o almeno così ha creduto per anni, finché non ha scoperto il tradimento di Martha. Quel piccolo stronzetto glabro si beava delle cure e delle ricchezze di famiglia senza meritarle di diritto. Roger così perse la testa e un giorno fece con lui una scommessa durante una partita a poker: se avesse perso lo avrebbe riconosciuto come suo figlio, ma in caso di vittoria se ne sarebbe dovuto andare di casa per sempre e non mettervi più piede. Dean accettò, Dwight partecipò a quel tavolo assieme a Colin e ovviamente le donne ne rimasero fuori. Oh, Dean era bravo con le carte, aveva più cervello di chiunque e la fortuna non lo baciava solamente ma se lo scopava ogni notte. Roger non poteva dire lo stesso, ma se la cavava ed era abbastanza arrogante da tentare la sorte e sfidarlo.
Quando Dean vinse, però, il vecchio non poté accettare i termini del suo stesso accordo e, dinanzi al sorriso radioso del ragazzo, si alzò in piedi, impugnò la sua fedele colt e gli timbro un bel buco fumante in fronte. Colin trattenne le lacrime, tremante sulla sedia, vedendo spegnersi il fratello che più amava. Dwight si ribellò, urlò, osò persino rivoltare il tavolo da gioco e fronteggiare il padre. La pagò cara prendendosi prima le botte, subendo l'ennesima incisione – più profonda delle altre – sulla mano usata per puntare il dito contro Roger e poi venendo caricato del compito di disfarsi del cadavere. Controllato dall'occhio del padrone, fu costretto a tagliare in pezzi il corpo e darli in pasto ai maiali. E Dwight non dimenticherà mai quel giorno, né la punizione subita per colpa della megalomane follia paterna.

"Volevo fosse Nana a prendersi la sua vendetta. Ma sai cosa? Me la merito di più io."

Il viso di due donne su quattro, presenti nella stanza, si contorce in un'espressione confusa. Ma Dwight non fa nemmeno in tempo ad accorgersi delle loro reazioni che sei tu a interrompere quella commovente conversazione puntando la lama del kunai alla gola dell'omone. Sei stata un'ombra, proprio come il caro signor Kudo ti aveva consigliato d'essere in quella guerra.

Dwight solleva il mento, Roger spalanca le palpebre e non sapresti dire se sia sollevato o terrorizzato dinanzi alla tua vista; e a quel punto una serie di suoni prende vita prima che l'ufficio si congeli. La pistola di Ophelia punta la tua tempia, la mitraglietta di Colin punta la sua e così avviene con quella di quest'ultimo, sotto l'attenta mira di un'altra delle ragazze.

"Nana?" Il tono sorpreso di Ophelia riesce a togliere un po' di tensione attorno a voi, nonostante le armi non si muovano di un millimetro.
"Ophelia! Ti vedo in forma."
"Vi conoscete?" È la domanda di Dwight a riportarvi alla realtà. Se è per questo conosci anche Polly, la ragazza che innocentemente se ne sta per i fatti suoi sulla poltroncina del padrone di casa. Lei e un'altra delle quattro donne hanno deciso di ignorare quella faccenda, fin troppo complicata per schierarsi.
"Ah, io non le punto contro l'arma, mi dispiace." Afferma Polly masticando una gomma rosa, sgarbatamente a bocca aperta.

"Ti hanno liberata?" Ma prima che Dwight possa chiedersi come abbiano fatto a metterci così poco tempo, uno scambio rapido di battute rimbalza di bocca in bocca.
"Mi ha liberata." Puntualizzi tu in riferimento a Colin. Il minore dei Kray non pronuncia una sola parola, silenzioso come suo solito.
"Da quando sei dalla sua parte?" È la provocazione del fratellone a far ripetere a Colin la sua testarda convinzione.
"Sono dalla mia parte." Risponde infastidito.
"Scusate?!"la femminile voce di Ophelia si intromette con decisione. "Qualcuno può spiegarmi che ci fa qui Nana?"
"Vendetta. Ma a quanto pare qualcuno vuole rubarmi il compito." Spieghi tu con tono sarcastico, avvicinando la lama alla gola di Dwight, premendola a sufficienza da far scivolare del sangue su di essa.
"Sono cose di famiglia, Nana. Posa l'arma." L'uomo sotto la minaccia del kunai non accenna ad abbassare la pistola. I tuoi occhi però sono puntati su Roger, perso e già in cerca di una via di fuga. Spera in Colin, è chiaro: spera che il suo taciturno figlio svolti la situazione dandogli modo di scappare a gambe levate. Ma c'è ancora troppa tensione tra i corpi dei presenti.
"Tu non hai esitato a metterti in mezzo alle mie cose di famiglia. Perché non dovrei fare lo stesso?"
"Che ho fatto?"

Dwight finge di non capire, si mostra confuso per quell'accusa, ma tu sai che mente. Senti le spalle irrigidirsi, il collo tendersi appena, lo senti persino deglutire sotto la lama nera. È allora che Roger Kray abbassa le mani, stanco di attendere che vi mettiate d'accordo sulla sua morte. Il suo stesso figlio lo intima con la pistola a risollevarle e tu fai lo stesso con un "Ehi! Mettile su!" e una postura impettita, simile a quella che lui aveva usato con te giorni fa.
Colin, dunque, approfitta di quel momento per agire. Con un calcio sul tacco di Ophelia attenta al suo equilibrio, si accovaccia sulle lunghe gambe e con una di esse colpisce la ragazza alle sue spalle. Lei, ora china in avanti e con il dito sul grilletto fa partire un colpo prima d'essere disarmata. Come nel gioco del domino, quella tessera caduta dà la nota di inizio a una serie di avvenimenti.

A te è sufficiente vedere Ophelia e Colin presi dal combattimento e, poi, Polly e la sua collega armarsi per difenderla; tanto ti basta per liberarti della minaccia del capo di West Town e fiondarti sulle mani di Dwight. Afferrata la pistola, invece di rimuoverla dalle sue salde grinfie, ti impegni a scaricarne i colpi sul soffitto. Quando finalmente sei certa che il grilletto non possa più risultare una minaccia, combatti l'omone facendolo girare verso di te. Eppur non hai a mente la sua morte, ma quella del padre; è questo a rendere i tuoi movimenti goffi e frenetici pur di raggiungere l'obiettivo prima che si serva della confusione per evadere sotto i vostri nasi. Con il kunai ben saldo nel pugno costringi Dwight a indietreggiare, lasciandoti appena quel frammento temporale necessario a lanciarti su Roger e, senza frasi cazzute in pieno stile film d'azione, ti accingi a compiere la tua vendetta, proprio come aveva fatto lui con te nello stesso ufficio.

L'urlo del vecchio è ciò che paralizza la stanza e tutti i suoi occupanti. Dwight non ha potuto fermarti e forse nemmeno ci ha provato. L'aggressione è avvenuta con una ferocia che non credevi tu stessa avrebbe potuto possederti. Colin è stato interrotto invece a un passo dalla morte. E le donne pronte a scuoiarlo come un pezzo di carne nella savana si sono voltate a guardare la scena, placando i loro animi.

Il Re di Dustville esala l'ultimo respiro, mentre tu sei ancora sulla carcassa a scavare nel suo petto ormai ricoperto di sangue e dilaniato dalla lama nera. Chi ti circonda ti osserva con incredulità, chi con paura e quasi disgusto. Colin ha però un'aria diversa: è come se vedendoti sfogare su suo padre, intravvedendo il tuo volto bagnato di lacrime e a mano a mano sempre più stanco, comprendesse l'entità della pena che soffrivi. Non a caso è lui il primo ad avvicinartisi. Non a caso è lui a gattonare fino a raggiungerti, travolto dagli schizzi del sangue nero e impuro di un incubo che vi accomuna, ma che lui non aveva mai osato contraddire.
Ti avvolge con le sue braccia, ti trascina via da quello che ormai è il torace informe del padre, riportandoti alla realtà. Comprendi di esserci riuscita, di aver rimosso da Dustville il peggior tumore che si fosse insidiato. Ma è quando realizzi che i colori non siano tornati perché il vero responsabile della morte di Eden, James ed Enmei giace indisturbato su un lato della stanza, è ormai tardi. Colta dalla stanchezza che hai rigettato dal momento del tuo risveglio fino ad ora, crolli sul petto di Colin, lasciando a lui il compito di accudirti. 

Il Filo BiancoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora