dodici

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"Mi dispiace, Dwight. So che tenevi a lei."

La voce del dottore esce meccanica dall'altoparlante del telefono usa e getta. Dwight lo aveva trovato in camera, in una busta gialla, lì dove la sua rete di informatori vi ha dato la possibilità di alloggiare per un paio di notti. E finalmente conosci timbro e accento di colui che ha contribuito maggiormente a salvarti la vita. Eppure, nonostante il piacere che provi nel sapere qualcosa su di lui, senti che non riuscirai ad associare la sua voce a un ricordo felice perché, con la notizia che vi dà, di certo quella è l'ultima emozione che ti rimarrà impressa.

Molly è morta, si è suicidata e uno dei baristi dell'Amnesia, un amico comune della ballerina e del dottore, aveva fatto notare che la sera prima Colin Kray le aveva fatto visita, appartandosi con lei in uno dei privè.

"Richard dice che era visibilmente scossa e teneva la mano sulla gola; quindi, ha dedotto che le avesse estorto delle informazioni. Se si è impiccata le cose sono due."
"Gli ha mentito." A interrompere il dottore è Dwight. Non vuole nemmeno l'alternativa, forse perché si fida troppo di lei e sa che non avrebbe mai assecondato la follia di suo fratello mettendolo a rischio."Colin torna sempre da chi mente. Serve a esser preso sul serio, una sorta di punizione esemplare. E ha funzionato, non ha nemmeno dovuto sporcarsi le mani."

L'espressione di Dwight è dura, severa. Reprime la rabbia stringendo i pugni e guardando un punto fisso nel vuoto. Si sta trattenendo chissà perché, mantiene la calma ma non è affatto difficile sentire il suo dolore. Molly era stata coraggiosa, più coraggiosa di quanto avresti mai potuto immaginare. Nemmeno tu saresti arrivata a tanto. Se avesse saputo che però i suoi sforzi sarebbero stati vani, poiché il destino aveva portato Colin sulla vostra strada e a vostra insaputa, chissà se avrebbe reagito allo stesso modo.

"Posso fare altro?" Domanda il dottore dall'altra parte della cornetta, ma Dwight non risponde più, ha smesso di funzionare, è in trance, è distrutto.
Intervieni tu. "No, dovremmo avere tutto il necessario. Grazie davvero per quel che ha fatto." E così vi salutate, la linea si interrompe dopo una raccomandazione paterna sulla tua salute e il silenzio cala su tutta la stanza.

Non hai ancora ben capito che tipo di rapporto ci fosse tra i due, ma da come sta reagendo Dwight immagini non si trattasse solo un'avventura di una notte e di qualche scambio di favore. E ora? Come lo sblocchi da quella posizione? Come lo convinci a riposare o a parlarne, o persino a sfogarsi? Fai schifo a consolare le persone, non è un qualcosa che fa per te, eppure ti senti in colpa al solo pensiero di ignorare il suo malessere.

"Puoi prendermi a pugni se vuoi." La violenza è la risposta che trovi. Usarti da punchball è la soluzione migliore che ti viene in mente. È una proposta strana, sì, leggermente surreale, ma almeno nominarla porta a un miglioramento. Dwight ti guarda, socchiude le palpebre e una rughetta si forma sulla sua fronte. È perplesso. È già qualcosa. "Giuro, te lo lascio fare se aiuta." Insisti tu. Che tipo strano, pensi. Perché ti guarda e non fa nulla? Chiunque altro ti avrebbe già spaccato la faccia... o no?!

Ti appoggi al comò, laddove aveva depositato il telefonino e messo il vivavoce. Gonfi le guance e pensi a qualcos'altro... qualunque cosa possa riportare il sorriso sul suo volto. Ma contro ogni previsione è proprio lui a darti uno spunto per un dialogo che possa distrarlo. "È questa la tua idea di "consolazione"?"
"Guarda che è una cosa scientifica. Libera endooor--...fine? Serotonina? Non lo so, qualcosa del genere."
"Perché?"
Perché cosa? A malapena ricordi come si chiamano... non pretenderà mica una lezione di scienza da parte tua? "Senti, ti sembro un medico? Che vuoi che ne sappia? L'ho letto di sfuggita da qualche parte e te l'ho detto."
"No." Una negazione che non comprendi all'istante, ma che riesce a bloccare la tua parlantina. "Perché cerchi di consolarmi? Che ti importa? Sono un Kray."
E in effetti non sapresti dirlo, non hai idea del motivo. Dunque l'unica via di fuga da quella tua mancanza è rinfacciargli la risposta più assurda e sincera che lui t'abbia mai dato. "Ho bisogno di un perché? Non può semplicemente dirmelo la mia coscienza?"
"Non scimmiottarmi."
"Non posso mica trattenere il mio talento. Guarda come sono brava."
Sul tuo volto si forma l'espressione dell'uomo bello e misterioso, il classico stereotipo di libri e film. Ne riproduci una palese caricatura, esibendo una faccia da bel tenebroso e ammiccando in modo eccessivo, con tanto di occhiate da soap, così tormentate, così teatrali. "Io non faccio così." Se ne lamenta lui, ma non è un rimprovero. Il mezzo sorriso che gli sfugge ti incentiva a continuare, tanto che a vederti pare tu abbia degli spasmi facciali. "Sembra ti stia venendo un ictus." Conferma Dwight mettendo una delle sue grosse mani tra di voi. Non riesce neanche a guardarti, la reazione che leggi è di finto disgusto, ma quel sorriso ora più largo fa sorridere anche te. Dopotutto la tua strategia non ha fatto così schifo. Eppure... quanto effimero può rivelarsi un momento come quello?
L'ilarità lascia il posto alla tristezza. Forse è un po' troppo presto per aspettarsi una reazione positiva.

"Vado a fumare." Ti avvisa lui, incamminandosi verso l'esterno e lasciandoti a te stessa.

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