quarantatré

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"Segnalo la presenza di un'abitazione al confine della città, oltre il perimetro di West Town. Attendo istruzioni."

L'interferenza metallica segue il mormorio del soldato, chiudendo la comunicazione. L'agente Green era stato mandato in perlustrazione nell'ex quartiere industriale, ma aveva deciso – forse mosso dal desiderio di tentare la fuga – di spingersi un po' oltre, nella fitta e colorata vegetazione sul perimetro. Non era mai giunto fin lì. Aveva strabuzzato gli occhi nocciola dinanzi allo spettacolo che non credeva la natura potesse offrire.

Ma il terrore... l'ha accompagnato per tutto il viaggio e si è persino intensificato di fronte a quella casa – o meglio descritta fortezza – nascosta tra gli alberi. E chissà da quanto se ne sta lì, indisturbata. D'altronde, Green è quasi certo d'essersi perso in quel labirinto di tronchi e foglie; non si sorprenderebbe se scoprisse che altri prima di lui l'avessero notata lasciandoci le penne.

"Agente Green. Mi riceve?" la radiolina vibra nella mano dell'uomo, emettendo una voce robotica e familiare.
"Sissignore, forte e chiaro." Risponde lui, prontamente.
"Mi comunichi le coordinate."

Bella richiesta. Se solo le sapesse chiederebbe come minimo di ricevere soccorso per esser riportato alla civiltà. Green si sente sotto pressione, colpevole come un ragazzino all'interrogazione di scienze. Non ha studiato, non possiede risposte e deve confessarlo alla maestra per ricevere l'adeguata punizione. Il ragazzo si fa forza, deglutisce, poi schiude le labbra in procinto di parlare.

"Signore." Esordisce, prima di paralizzarsi e perder la voce. Il dito si rilassa, rilasciando il pulsante che consente la comunicazione, provocando l'ennesimo suono metallico e il seguente richiamo del superiore. "Agente Green. È ancora lì?"

Domanda interessante. Fisicamente lo è, senza dubbio alcuno. Mentalmente è distratto, ammaliato, sconvolto. Sembra aver visto un fantasma... o un angelo. Pallido come la morte, il ragazzo nota una figura femminile all'interno dell'abitazione. Non vi sono dubbi: quella donna sei tu.

Lunghi capelli dorati scivolano sulla tua schiena, una delle mani regge una tazza fumante. Mentre ti metti seduta sulla poltrona pieghi entrambe le gambe, le incroci sollevando la gonnella già corta. Non c'è malizia in quel gesto, è puerile e innocente, anche a Green diventa chiaro all'istante. Ma se poi solleva lo sguardo per inquadrare i tuoi occhi blu brillante, vi trova contrasto e ambiguità. Cosa guardi? Se lo domanda il soldato mentre l'uomo alla radiolina prova ad attirare la sua attenzione più volte. Ormai è andato, assorto nei suoi pensieri. Non ti sta guardando con quelle iridi marroncine: è la sua anima ad aver abbandonato il corpo, incollandosi allo spesso vetro che vi separa. Non è solo curioso, ne è attratto. Forse perché t'ha vista soffrire a causa dell'elettroshock in villa Kray, forse ha empatizzato con te, forse in parte tifa per la tua vittoria. O forse lo è solo perché la leggenda di cui tutti parlano è vera. Un demone che si nutre di anime umane. Potresti quasi cominciare a crederci anche tu se vedessi l'espressione di quell'agente, nascosto tra i cespugli.

La lunga figura elegante del tuo alleato si rivela poco dopo. Green lo riconosce senza nemmeno aver bisogno di riflettere. Colin Kray, il più giovane della famiglia numero uno di Dustville, cammina nella tua direzione. Il suo delicato volto si decora d'un sorriso nel momento in cui piega le ginocchia per accovacciarsi e pareggiare la tua altezza. Green è confuso: cosa sta vedendo? Perché nessuno gli ha detto di un possibile coinvolgimento amoroso tra i due? È ciò che lui interpreta vedendo la mano del moro sistemare le pieghe della gonna. Sembra un gesto così intimo. Così tenero.

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