nove

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"Sei sicuro? Nemmeno ci vedi bene." A una ventina di metri di distanza, urli contro lo sbirro con l'occhio bendato per farti sentire chiaramente, come se fosse diventato sordo e non mezzo cieco. Non sai se ti senta in verità, ma diventa rosso di rabbia e decidi di prenderlo come un segnale di assenso; insomma, ha preso il colore della Chevy di Dwight alle tue spalle, qualcosa vorrà pur dire.
Il maggiore dei fratelli Kray ti si affianca, guardando in direzione del furioso ammasso di carne e sangue e bloccandoti il passaggio con un braccio. Te lo stende davanti, rigido, ti tiene ferma come una mocciosa, guadagnandosi un'occhiataccia che nemmeno ricambia.
"Devo giusto provare la mia nuova katana. Togliti di mezzo."
Ma non si volta, non ti considera come non si considererebbe l'opinione di un dislessico al club del libro.
Offesa. Di nuovo.
Covi un odio tremendo nei confronti di Dwight. Ma chi si crede di essere? "Vuoi che la provi su di te?" E la domanda ora viene posta con un tono talmente alto da attirare la sua attenzione. Ti guarda con fronte aggrottata. Stupido, stupido Dwight, non aveva nemmeno preso in considerazione che tu sapessi parlare.
"Non puoi ferirti ulteriormente, ormai manca poco all'incontro."
"E chi dovrebbe ferirmi? Quel ciclope?"
"Guarda che in quanto occhi non sei una favola neanche tu. Ti sei vista?"

In lontananza, un'ombra riposa nella macchina nera, nascosta in un vicolo tra due grossi edifici e il puzzo di bidoni dell'immondizia. Colin si gode il film, approfittando della calma piatta che regna per le strade. Nonostante il baccano, quei tre idioti non attirano nemmeno una mosca. Ma nessuno dei presenti, né tantomeno lo spettatore, pensa che gli abitanti del quartiere abbiano deciso di non muovere un dito. La polizia arriverà a breve. Persino tu, dall'alto della tua incoscienza, lo sai.

Due torce sono puntate su di voi nel buio della notte. Torce pesanti, che il tuo istinto avverte, ma incapaci di emetter luce. Così, indisturbato, il piccolo dei Kray si accende una sigaretta, l'unico puntino colorato nell'oscurità. E tu, con la katana nuova di zecca in una mano, bisticci con il tuo alleato offrendo uno spettacolo che riesce tanto a divertire quanto a confondere Colin. Vi osserva, vi giudica: un fratello grande e grosso che si fa mettere i piedi in testa e una ragazzina capricciosa che combatte con sonore pernacchie. Una coppia improbabile. Non funzionerà, sentenzia lui.

"Mi fai la linguaccia?" Chiede Dwight, silenziando il litigio per una manciata di secondi. "Ma quanti anni hai?"
"E tu allora fatti da parte!"
"D'accordo!" Sbotta il moro, alzando le mani in un gesto di disperazione. Dwight, dannazione, non sai nemmeno chiudere la bocca a quella mitraglietta bionda, mormora Colin nel fumo di sigaretta, come speri di controllarla? E ora, felice come una mocciosa al luna park, sfoderi la lama e mostri al nemico un'espressione impaziente e affamata.

Lo sbirro non si muove, non fa un solo passo, ancora in una sorta di trance emotiva e scosso dall'ira. O forse, pensi tu, non capisce la profondità della strada. Ma se non ti aggredisce, che succede? Non puoi mica attaccarlo prima tu, c'è un limite a tutto.
Lo tieni d'occhio, ti metti in posizione, pieghi appena le ginocchia e porti la katana davanti a te, ma il tempo scorre tiranno e lo zombie non fa altro che fissarti. Rilassi le spalle, guardi Dwight e apri le braccia in un cenno interrogativo. Ma cosa diamine fa?

"Lasciamo perdere. Arriveranno le volanti."
"Ma io volevo..."
"Ti prego, Nana, non discutere."
Ma è troppo tardi, hai deciso di avvicinarti pericolosamente allo sbirro.
"Ehi tu!" E contro ogni previsione, quel tuo richiamo è sufficiente. Non fai in tempo a minacciarlo, né a dir nulla di più che lo zombie si sveglia e finalmente la situazione prende la giusta piega.

Ti ricordi bene di lui, è il poliziotto mancato all'appello dell'inseguimento. Quando la voce alla radio aveva contato quattro sbirri ed un civile, hai subito capito che uno di loro fosse fuggito e che si trattasse proprio di lui, quello a cui avevi sparato nell'occhio. Non sai come abbia fatto a sopravvivere - un colpo del genere sarebbe stato mortale per chiunque - ma sei l'ultima a potersi sorprendere. Ormai sembri un personaggio della soap Beautiful, con tutte quelle resurrezioni miracolose.

Il pirata riduce nettamente lo spazio tra voi, privo della sua unica arma - la pistola - si ritrova a combattere come un cavernicolo, con un piede di porco tra le mani che nemmeno avevi notato. E attacca, finalmente esprime tutta la sua cieca furia contro di te, sollevando la moderna clava e scagliandotela contro.
Fanno sempre lo stesso errore, i poliziotti. Non ragionano, sono veloci, sono addestrati, ma qui a Dustville sembra abbiano fretta di catturarti o farti fuori. E dunque agiscono, lo fanno con tenacia e resistenza, ma in modo confusionario: o seguono uno schema preimpostato e non da loro, oppure si lanciano all'attacco come soldatini buttati in guerra per coprire il sacrificabile numero di vittime designate dai potenti.
Prevedi i suoi movimenti, li schivi tutti, arretrando passo dopo passo, colpo dopo colpo, guardandolo come si guarderebbe un bambino che si nasconde sotto il tappeto in una partita a nascondino. Sei delusa, non puoi negarlo, speravi che l'uomo tanto forte da esser scappato a morte certa in qualche modo ti eguagliasse e invece così non è... è stupido, stupido almeno quanto i suoi colleghi morti.
L'ultimo colpo lo schivi dileguandoti di lato, avvicinandoti al marciapiede opposto a quello di Dwight - quello stronzo neanche ti guarda, osserva l'orologio come se fosse più interessante di te - e facendo perdere l'equilibrio al pirata. Il tempo che intercorre tra il colpo mancato e la sua realizzazione è lungo e noioso, ma ti consente di guardarti attorno e di notare, ora che sei vicina, un elemento che prima t'era sfuggito: una macchina celata dall'oscurità di un vicolo. Nemmeno il lampione della strada parallela alla tua, al di là degli edifici, ti aiuta ad avere una visione completa del suo interno; ciononostante il tuo sesto senso ti comunica che qualcuno c'è.
E ti mette i brividi, forse per via dell'ignoto, colpa del tuo occhio malato che peggiora il quadro generale che ti si pone davanti. Ma non pensi a un potenziale pericolo... neanche per sogno. La priorità ora diventa un'altra: hai uno spettatore! E per giunta, uno ben più interessato di Dwight so-tutto-io Kray. E allora perché non accontentarlo?

Ti volti, veloce come una folata di vento e con la stessa letalità tagli l'aria con la lama, prima attorno a te, poi spingendoti in una corsa sul fianco dello sbirro. La katana, ben tesa verso destra, prende in pieno l'esatta metà della sua gola, attraversandola con facilità proprio mentre prova a colpire di nuovo quel che ormai è solo il ricordo della tua posizione. Non manca semplicemente l'obiettivo dinanzi a sé, ma crolla sulle ginocchia, decapitato, davanti alla macchina nera del vicolo e al suo proprietario, chiunque egli sia.

E ora, finalmente, Dwight ti guarda. Stai per indicargli la macchina con fare festoso, stai per saltellare felice e far un inchino allo sconosciuto - sempre ch'egli ci sia davvero -, ma il rumore assordante delle sirene comincia ad avvicinarsi. Dwight strabuzza gli occhi e corre alla guida della Chevrolet. Tu non puoi esimerti dal seguirlo a ruota. E solo quando l'auto viene messa in moto saluti con la mano in direzione del vicolo buio, nella speranza che qualcuno si stia godendo la visione della testa mozzata al posto tuo.

Se solo avessi visto quel volto, avresti riconosciuto il minore dei Kray. Avresti goduto del suo inquietante sorriso e del luccichio dei suoi occhi, affascinati da tanta puerile gioia nell'affettare qualcuno in quel modo, con tanta naturalezza.
Ed è forse il tuo saluto finale a convincere il ragazzo ad uscire allo scoperto liberando il vicolo in retromarcia e interrompendo appena in tempo la corsa delle volanti. Vi ha lasciati scappare, non prima di aver inalato il tuo odore come un cane da tartufo, una scia di sudore che hai diffuso nell'aria durante il combattimento e che ora raggiunge le narici di Kray. Ci si è riempito i polmoni mentre tu e Dwight vi siete allontanati, buttandoci dentro inevitabilmente anche l'odore della strada sporca e della pattumiera. E ora che le sirene si fermano, la nuca di Colin si rilassa sul poggiatesta e le palpebre si chiudono: sta processando il combattimento a cui ha assistito, sta comprendendo contro chi si è messo, la degna erede di una kitsune, non solo brava a maneggiare le armi orientali, ma l'incarnazione di una leggenda a cui comincia a credere. E, sebbene chiunque ne avrebbe tratto come conclusione di starti lontano, il piccolo Kray non riesce a calmare i battiti del suo cuore, mosso dal desiderio di misurarsi con te.

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