otto

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Dire che il viaggio nel quartiere a luci rosse sia stato un buco nell'acqua, per quanto riguarda il caso di Nana almeno, non sarebbe stato altro che un prevedibile eufemismo. Molly aveva provato a fregarlo, ma Colin è certo che lei stessa sapesse a cosa andasse in contro. Quale sia il piano della stripper resta un mistero, quanto meno in parte, ciò di cui lei non è al corrente però è la gran mole di informazioni che il Kray può ottenere in quella zona della città. Ebbene, nonostante Nana restasse nell'ombra, come Molly desiderava che fosse, il naso di Colin aveva avuto dove fiutare, tra l'immondizia giapponese e i clienti delle luci rosse. Non era stato un viaggio a vuoto, il suo. Tutt'altro, c'era molto di guadagnato. Mentre Colin sfrecciava con la sua auto sportiva verso l'obiettivo, rifletteva infatti su come non vanificare la sua visita. E un modo l'aveva trovato. L'aveva trovato eccome.

Blubblubblub!

Il delizioso suono della tortura inebria il cervello di Colin, strisciando in tutti i solchi cerebellari e provocandogli un brivido caldo che scivola fino all'addome. È come ricevere un pompino, pensa lui, ma meglio delle attenzioni di una bella donna. Colin solleva le sopracciglia e accenna un sorriso malvagio e bello marcato. La testa di Jeffrey Thompson emerge all'improvviso, tirata dai capelli. E, mentre lui riprende fiato a trenta centimetri dall'acqua del water, Colin pone la sua domanda con un tono che è certo risulti ora più persuasivo. "Ci hai ripensato? Vuoi dirmi dove si è nascosta?"
"Signor Kray! Io lo giuro su mia--" Blublublub! L'acqua interrompe la sua patetica giustificazione e una mano agghindata d'oro si solleva verso lo scarico, ma non lo raggiunge, Colin non glielo consente. "Non credo tu abbia ancora ben chiaro quale delle due famiglie può farti più male, Jeff." Lo mette in guarda, consapevole che magari da lì sotto nemmeno possa sentirlo. La sinfonia di "b" e di "u" in contrapposizione con l'acqua sporca, fa immergere Colin in un'opera teatrale. Ne avverte violini e flauti dolci d'accompagnamento. E questa fantasia fa passare secondi interminabili, che potrebbero rivelarsi letali per la vittima torturata. Il rischio di dimenticare il povero Jeffrey con la faccia nel water c'è, sebbene si dimeni come un toro. Ma il sicario non perde la bussola, possiede ancora del controllo, nonostante i suoi pantaloni stiano diventando un po' più stretti.

L'ingioiellato Jeffrey inspira, violento, recupera un pugno d'aria nel petto colpendosi da solo. Quella sensazione nei polmoni l'aveva già provata, un incendio tanto familiare da riportarlo alle scuole medie. Jeff, ora di nuovo sollevato dalla mano tra i capelli, soffre di accentuati spasmi facciali e colpi di tosse. Ha inghiottito parecchia acqua e con essa liquidi che non dovrebbero circolare nello stomaco di un essere umano.

"Amico, io..." Respirando a fatica, cerca di rispondere il prima possibile alla sua domanda, prima che gliene vengano poste delle altre. "Patteggiamo! Ti prego, patteggiamo! Se ti do informazioni sono comunque un uomo morto, ho bisogno di protezione." Non proprio ciò che Colin avrebbe voluto sentire, ma sa che è sufficiente. In fin dei conti, quel verme può esser facilmente riutilizzato in futuro.
"Ma è chiaro, Jeffrey!" Afferma il sicario mollando la presa sulla sua testa e portando la mano a rassicurarlo con due colpetti sulla spalla. "Non voglio che il mio informatore ci rimetta le penne."

Jeffrey ha sputato anche l'ultima sillaba rimasta nel suo vocabolario. Non è stato complicato o faticoso seguirlo, le parole si sono ripetute più volte essendo lui sprovvisto di sinonimi. Con un lessico da scuola elementare ha rivelato il gran fatto.

"Io non ne so poi molto, giuro su quella buona donna di mia mamma. So solo che gli Yokumura mi hanno detto di tenere gli occhi aperti e di spedire una lettera settimanale con i movimenti di chi entra e di chi esce dalla città. Cercano la Yoshima, hanno minacciato di tornare per prendersi anche la mocciosa, ma ora è la madre sotto i riflettori e su di lei ce ne sono di racconti. Il grande capo sembra convinto che ci sia ancora qualcuno a cui dare la caccia."
"Cosa si dice della Yoshima?" Domanda Colin, curioso delle leggende che riguardano la volpe bianca, ancora una volta. Jeffrey risponde tutto preso dal discorso; finge di essere un duro, ma agli occhi del Kray è lampante la morsa che lo zoticone avverte allo stomaco.
"C'è chi dice ch'è morta, stecchita, caput. Chi invece crede ch'è fuggita. C'è una voce che dice si aggira il suo spirito in cerca di un nuovo corpo da occupare. Ma il capo è sicuro che sta con un occhio su Dustville, che sta tornando a prendersi la figlia."
Per il piccolo dei Kray è così difficile non prenderlo a pugni ad ogni congiuntivo mancato, eppure riesce a farsi forza e far buon viso a cattivo gioco. Un'ultima domanda gli sorge spontanea, seppur ne stia deducendo la risposta. La pone, con le sopracciglia inarcate e un sorrisetto velato. "E tu a cosa credi?"
"Che mi sento osservato, sì." Ammette il tipo, non senza specificarne il motivo con aria da macho. "Ma quegli occhi sono della Yakuza. So riconoscere lo sguardo di una figa da quello di un sorcio giapponese. Quella è morta, è chiaro, gli occhi a mandorla sono fuori di testa, troppo creduloni. Se la fanno addosso per una leggenda sui demoni che si racconta ai marmocchi."

A Colin è sufficiente. Jeffrey non sa dove si trovi davvero la donna, né se sia ancora su questo pianeta. Ma il sicario ne ha di modi per scoprirlo. Quel che conta, ora, è che Jeffrey si senta sufficientemente protetto da riferirgli ciò che sa ogni qualvolta ci siano sviluppi.
È soddisfatto. Si direbbe persino felice. Nella strada di ritorno le labbra del ragazzo formano una piccola "o", consentendogli un allegro fischio. È quasi l'alba, aveva fatto in fretta ed era riuscito a ritagliarsi giusto un'oretta da dedicare alla sporca bugiarda dell'Amnesia. Ma qualcosa interrompe la sua corsa, qualcosa che salva la vita di Molly - almeno fino all'insano gesto dell'indomani - e che attira Colin come una falena alla luce.

"Parli del diavolo..."

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