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La lama color carbone ti squarcia il petto... metaforicamente parlando.
Ne ricordi una simile, ma col manico bianco e decorato di linee dorate a formare le code della volpe. Quella era la katana di tua madre, bella come poche. Bella come lei. L'arma che giace nella stoffa, sul tavolo del signor Kudo, ha un'impugnatura diversa, più adatta a te. È rossa come il sangue che la tingerà, ornata di nastrini bianchi, leggera come l'aria ed estremamente maneggevole e tagliente. E come accennato, anch'ella, simile alla katana di tua madre, custodisce in sé l'anima nera della kitsune.
Il giapponese ti osserva con interesse da dietro le palpebre che a suo dire sono aperte. A te sembra stia dormendo, come tutti gli occhi a mandorla della Yakuza che hai conosciuto. Ma il vecchio è simpatico, alla mano, è diverso dai giapponesi che hai incontrato.

"Due gocce dello stesso mare." Commenta lui, col suo accento orientale marcato. Parla di sicuro di Vasilisa, la kitsune bianca. L'ha conosciuta anche lui? "Tu vinci qualunque incontro se questa è su tuo fianco. Ho plasmato io stesso la lama con mie mani, uguale a quella della kitsune originale. Imbattibile."
"La kitsune è stata battuta, però." È Dwight a intervenire, ma lo fa da dietro uno scaffale del negozio. Lo sentite entrambi e se tu chini il capo in avanti, il vecchio saggio gli punta un dito contro, indignato più di te da quell'affermazione. "Tu visto suo cadavere? Tu no visto sua faccia, ragazzino. Tu visto sua coda, niente più. Quattro stolti visto coda prima di te. Ne mancano altri quattro." Conclude rivolgendo l'ultima frase a te. Si volta, la sussurra come se fosse un gran segreto e solleva quattro dita della mano per marcare il concetto. Tu sorridi a malapena, assottigli le palpebre e ti burli quasi della situazione, divertita da come il principino Kray sia stato zittito dal vecchio saggio. Eppure, non badi davvero a quel che dice, è delirante. È solo l'ennesimo anziano affezionato alle leggende. Inoltre, a quanto dice, sembra aver incontrato tua madre in passato e dunque non ti riesce difficile immaginare che ne sia rimasto ammaliato. D'altronde è stata soprannominata kitsune per un valido motivo, un motivo che il signor Kudo stesso ti spiega da dietro il bancone, con un sorriso fanciullesco e lo sguardo sognante.

"Terribile sorte non incontrarla, ma non devi temere: la kitsune tornerà. Non c'è vita senza cucciola di volpe. Ti ha desiderata come si desidera felicità." Non ti è nuovo sentirlo, sei cresciuta con questa convinzione. I tuoi zii avevano ripetuto quel racconto mille e mille altre volte ancora. Sai di Kira, della figlia mai nata, del tremendo dolore della perdita che ha afflitto tua madre. E sai quanto faticosa sia stata la scelta di abbandonarti pur di salvarti la pelle. Tua madre è dipinta nella tua mente come una sorta di divinità. "La volpe bianca." Prosegue Kudo. "Sai perché proprio bianco?"
Tu scuoti la testa. In effetti, non hai mai trovato spiegazione. Se da tutti è vista come un mutaforma crudele che si nutre degli incubi degli uomini, perché le è stato accostato il colore più puro che esista?

"Bianco è complesso. Nero, blu, rosso, verde, giallo, viola... metti tutto in uno. Ed ecco bianco. È una facciata, come suo aspetto, bellissimo, innocuo, ma mille sfumature nel suo cuore. Volpe bianca non è cattiva. È esplosione di colori. Mondo pieno di daltonici."

Di fronte alle sue spiegazioni non puoi trattenere una risata. Non te ne stai facendo scherno, ti ispira solo molta tenerezza. A Dustville non è facile sentir parlare bene di lei e Kudo sembra decisamente una boccata d'aria fresca. Forse si aggrappa a un ricordo e a una speranza, a un'illusione che desidera diventi realtà. Ma è proprio questo a metterti in pace, anche se per pochi minuti di conversazione. Ad ogni parola che pronuncia speri con tutta te stessa di poterne sentire altre cento, magari portarlo anche fuori da quel mondo di daltonici, lì dove sai che avrebbe abbandonato il grigio che lo circonda. Non vedi una sola tinta diversa da quella spenta oscurità che caratterizza Dustville. Per te sarebbe straziante lasciare Kudo in pasto alla polverosa e corrotta città.

"Che altro hai?" Domandi poi, tornando a concentrarti sulla ragione della vostra visita.
"Nunchaku, kunai, chokuto, tanbo, bokken, kama... ho tutto. Tu chiedi, io dare." La voce del simpatico vecchietto giunge alle tue orecchie con tono allegro.
"Fammi vedere." Gli rispondi con le gote sollevate, paralizzate in un genuino sorriso. Gliene avresti volute fare di domande, eppure non trovi necessario spezzare quella quiete per tirar fuori un argomento tanto doloroso come quello della Yakuza. Ti limiti così a seguire le sue istruzioni e i suoi consigli, appuntarti il suo recapito su carta e conservarlo con la speranza di poterlo rincontrare. Il tutto mentre Dwight si aggira tra gli scaffali in cerca di chissà quale articolo capace di spazzare via la noia che lo divora.

A conclusione di quella lunga spesa, Kudo ha riaperto il negozio sollevando le saracinesche che aveva usato per nascondervi dalla vista di potenziali cacciatori di teste. Ma se l'ha fatto è solo per aiutare te, lo ha specificato più d'una volta. "Non mi piacciono i Kray." Perseguitato dal suo cognome, Dwight ha sollevato gli occhi al cielo dopo aver intercettato la tua risata trattenuta. Non hai negato di esserne felice. E puoi giurare di aver visto gli angoli della bocca del tuo compagno d'avventura tremare pur di non palesare un sorriso dinanzi alla tua reazione. Ormai la prende con filosofia, forse perché sa che presto cambierà le sorti della città.
Così, armata fino ai denti, quando uscite dal retro con una katana sul fianco, i kunai nascosti sotto le maniche del kimono blu e un grosso borsone da infilare nel bagagliaio della nuova Chevy rossa, non puoi far a meno di girare il dito nella piaga.
"Simpatico il nonnetto. Ha buon gusto."

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