sette

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"Cosa credi che sia quello scalpitante rumore di lancette?
Domanda il cacciatore alla bambina."

L'armato e crudele assassino sorrise sulla soglia della porta, leggendo le prime righe d'un libro di fiabe per bambini. Lo ospitò nella sua grossa e grassa mano, piccolo e azzurrino, faceva contrasto col grigiore che aveva tutt'attorno a sé. Il titolo, Il cacciatore di incubi, decorava la copertina di bianco con fiorellini che sbocciavano sopra ogni "i".
A Molly quel racconto era sempre piaciuto, era così ben scritto, così da adulti, non al pari di quelle fiabe che sottovalutano l'intelletto di un bambino. A sua sorella Lucy, invece, non piaceva affatto. D'altronde lei non dovette crescere in anticipo, non ebbe mai dovuto comprendere quelle parole, le ascoltava e basta, senza capirne il significato. Non se lo godeva come Molly, già grande a cinque anni, disposta a pensare ai doveri di casa mentre il padre comprava le sue sigarette dall'altra parte del mondo e sua madre vomitava pillole nel bagno. E s'era sempre presa quell'impegno senza lamentarsene, ma... l'armadio che le si parò dinanzi quel giorno era... troppo. Persino per lei.

"Suppongo sia la morte che avanza." Rispose il cacciatore, nel mondo reale. Poi guardò le due piccolette, agitate e terrorizzate nell'angolo della cameretta. Molly coprì il corpicino della sorella piagnucolante, mordendosi la lingua pur di non mostrar la palese paura che la scosse da fin dentro le viscere. "Voi sapete chi sono, conigliette?" Un brivido umido e freddo percorse la spina dorsale della bambina. "Coniglietta" fu il modo più disgustoso in cui Molly venne chiamata nei suoi otto anni di vita. "Sono in affari con la vostra mammina." Proseguì lui, non sentendo risposta. "Le vendo le caramelle, per intenderci."
"Sei il suo spacciatore." Affermò dunque Molly, comprendendo finalmente il ruolo dell'armadio. Lui s'avvicinò di due passi, la guardò con un inquietante sorriso a ventotto denti - ne perse quattro per strada - e si piegò appena in avanti, posando le mani sulle ginocchia. "Tu sei quella intelligente, quindi. Be', allora parlo con te, se non ti dispiace." E Molly annuì. Coraggiosa e feroce, la bambina sollevò il mento e con un passo gli andò in contro. Attese che l'omone continuasse con la sua richiesta, perché ormai le fu evidente ne avesse una. Il cacciatore non smise di sorridere un solo istante, rimase impressionato e divertito dal caratterino di riccioli d'oro. Lei tremava come una foglia in una tempesta, ma non osava abbassare i suoi occhietti verdi nemmeno per sbaglio.
"La mamma non ha pagato le caramelle. E sono giorni ormai che non paga. Tu hai qualche soldo da darmi?" Molly scosse il capo, era solo una bambina e non l'era permesso toccare il denaro, nonostante facesse tutto lei. E anche se avesse potuto maneggiarlo, lei sapeva che non ne avrebbe trovato uno scellino. "Ma io qualcosa devo prendere, tesoro. Lo capisci, vero?"
"Ti posso dare la mia Dolly!" Intervenne Lucy stropicciandosi un occhio lucido con il dorso d'una mano e porgendo la sua bambola preferita con l'altro braccio sottile. A nessuno interessa la bambola, Lucy, non parlare con l'uomo cattivo. Molly trasmise quel messaggio con lo sguardo, arrivò a destinazione come un rimprovero portando Lucy a schiacciarsi contro la parete e ad abbracciare Dolly al petto. Il cacciatore ne fu estasiato, ma i suoi occhi bui come l'inferno non puntarono l'oggetto inanimato di pezza. Molly respirò profondamente, ricercando la calma e il sangue freddo. Ebbe un brutto presentimento. Ebbe una terrificante sensazione. Pensò che se la sarebbe fatta addosso da un momento all'altro perché la tensione in quella cameretta s'era fatta insostenibile. E sebbene Lucy volesse aiutare offrendo colei che a suo avviso avrebbe potuto fruttare parecchio denaro, la verità è che peggiorò solo le cose. "Troveremo i soldi e te li porteremo." Affermò attirando nuovamente l'attenzione dell'armadio.
"No, coniglietta, non posso darvi altro tempo. Ciò che voglio... lo voglio oggi stesso e non uscirò da questa fogna d'appartamento a mani vuote." Lo comunicò guardando al di là della spalla della sua interlocutrice. Molly sentì lo stimolo della vescica, ma lo trattenne.

"Allora prendi me." Sbottò la bambina d'otto anni. Non ebbe tempo di pensare ad altro, non trovò modo di proteggere Lucy se non quello. Sapeva bene cosa avrebbe voluto un depravato tale per guardare uno scricciolo delicato come quello alle spalle di Molly, con occhi così lucidi e intensi. Ma alla proposta, il cacciatore scoppiò in una risata. Persino quella aveva un suono inquietante; somigliava al fischio d'una pentola a pressione, condita di tosse e apnee. La ragione fu presto detta e fu diversa da ciò che Molly s'aspettava. "Non me ne faccio niente di una bambina intelligente! Piccoletta, sei coraggiosa, ma tu sai fin troppe cose. E poi..."proseguì tornando a guardarla negli occhi e risollevando la schiena, raggelando il sangue nelle vene della bambina. "Sei un po' troppo vecchia per me."

Molly ne ricorda ancora le urla, le lacrime e i pugni inflitti al gigante cattivo. Ci ha provato a riprendersi la sorellina, ma tutto ciò che ne ha ricavato è stata Dolly. Cadde sul pavimento all'ingresso della casa, quando la grossa mano incontrò la guancia di Molly spazzandola via con uno schiaffo. La vescica a quel punto cedette, bagnò le piastrelle fredde, lasciandola inerme come sua madre, poco distante da lì, stesa sempre nello stesso punto e incurante del fatto che una delle sue figlie, la più innocente, fosse stata portata via.
Molly ha tentato con tutte le sue forze di ritrovare Lucy e tirarla fuori dalla tana dell'orso, ma il caso è stato archiviato persino dalla polizia locale. Quando la scarpetta di Lucy è spuntata fuori a dieci anni dalla scomparsa, chiunque ha perso le speranze. Dell'orso, invece, non v'è tutt'oggi traccia. Non sanno nemmeno se abiti ancora nella grigia Dustville o se abbia lasciato la città del peccato. Ma a Molly non è mai importato dove fosse. Ha provato e riprovato, ottenendo tormentati incubi. Ancora adesso, a quasi trent'anni, rilegge ogni mattina - al ritorno dal turno all'Amnesia - il racconto dalla copertina azzurra e stringe tra le braccia la bambola della sorellina nella speranza che Lucy sia riuscita a scappare alle torture del mostro.

Cosa credi che sia quello scalpitante rumore di lancette?

Crudele. Crudele è stato Colin a riportarle alla mente quelle parole. Lui, come tutti a Dustville, ne conosce il significato. E Molly, come nessuno a questo mondo, sa come interpretare tali parole dalla bocca del Kray. La morte... è la morte che avanza. Ma non per lei, né per Lucy. La morte per loro sarebbe una benedizione. Colin avrebbe scelto la tortura, perché non è mai stato un idiota e il suo intuito è sopraffino come quello di pochi. Lui sa per certo che Molly ha mentito e dunque tornerà e manterrà fede alla parola data, concludendo il lavoro che ha cominciato attorno al suo perfetto collo; quando ne avrà la prova, tornerà col solo fine di torturarla. E Molly sparirà per sempre dalla faccia della polverosa e grigia città per subire Dio solo sa cosa.

Quella sera Molly è andata a lavorare pur avendo preso la decisione di battere Colin sul tempo. Vuole esser trovata, vuole che la notizia venga sparsa a gran voce. All'una e mezza della notte, ha fatto uno spettacolino privato ad un cliente. Bobby è un brav'uomo, temibile e segnato dalle risse, come molti in città, ma tormentato al punto da rintanarsi in una stanza privata per star in pace con sé stesso. Del balletto di Molly gliene importa poco.

"Basta così, Molly." ha sentenziato lui con una bottiglia di whiskey in mano. "Siediti, bevi assieme a me. Non parliamo da un po'."Ha ragione, non parlano da diverse settimane ormai, presi dai loro lavori e dai loro problemi. Bobby è un buon amico, Molly ne ha sempre apprezzato i modi gentili e i suoi tentativi di non apparire goffo e pericolosamente forte e ingombrante dinanzi a una donna. Ma lo è sempre stato, a lei piaceva per questo: per i mille bicchieri distrutti per errore nelle sue mani di pietra, per le risse evitate ma vinte, per il ruggito che emette ogni volta che prova ad esser dolce con qualcuno. Bobby è come Hulk, non misura la sua forza ma ci prova per essere come tutti. Molly gli sorride, prende un bicchiere dal tavolino e si fa versare dell'alcol al suo interno. Bobby arrossisce come sempre per la bella compagnia che Molly riesce a dargli. Si chiede spesso e volentieri se sia un angelo sceso dal paradiso per allietare le sue pene. E non serve che lei consumi dei rapporti con Bob, lui non chiede quello, lui vuole solo liberarsi di ogni tormento per qualche minuto e credere che la vita sia bella se vissuta con la gente giusta.

"Bobby, devo dirti una cosa." Comincia lei, mostrando all'amico due occhi da cucciolo smarrito. "Ti voglio bene. Te ne voglio davvero. Non ho mai incontrato nessuno come te, hai un posto speciale nel mio cuore e l' avrai sempre. Non dimenticarlo mai."

Bobby è confuso, con le labbra schiuse ne dimostra lo shock. Non si aspettava una confessione così bella, non si aspettava d'esser speciale per qualcuno... nemmeno per lei. Non si era mai fatto illusioni, non aveva mai osato mal interpretare le sue intenzioni, perché - guardatelo - nessuno può esser attratto da un tipo come lui. Ma Bobby non afferra il messaggio d'aiuto della donna, non ne è in grado, non è mai stato un tipo intuitivo. Ecco perché la conversazione è proseguita tra fiumi d'alcol e risate, un bacio sulla sua ruvida guancia, delicato come il tocco di una Dea, e infine un lento sulle note di Ruffhouse di J Kenzo.
La stanza si svuota verso le tre, ma Molly da quelle strette quattro mura non uscirà mai. Sarà solo in chiusura che il personale piangerà la sua morte. Il cadavere penzolante della donna scende dal soffitto con una corda attorno al collo. Ha concluso il lavoro di Colin prima che lo facesse lui.

Coraggiosa Molly.
Com'è sempre stata.

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