quarantaquattro

61 17 8
                                    

Colin ti ha spiegato di chi fosse la testa che la Yakuza aveva lasciato rotolare lungo le scale del seminterrato. Un uomo di mezza età, incapace d'usare i congiuntivi e che Colin aveva giurato puzzasse allo stesso modo da vivo. Aveva stretto un accordo con lui: in cambio di protezione gli avrebbe dato informazioni su chiunque superasse il confine di Dustville, che fosse tua madre, qualche membro della Kirova o della Yakuza. La protezione era venuta a mancare nel momento in cui le informazioni avevano smesso di esser rilevanti. La Yakuza aveva chiaramente sconfinato e non si curava nemmeno più di muoversi nell'ombra, Colin era venuto a conoscenza del loro "centro operativo" lì dove avevano piantato le radici per espandersi, infine la presenza di Vasilisa era diventata quasi più un racconto dell'orrore. Non riusciva a dar notizie certe, solo storielline senza senso. Per Colin quel burbero analfabeta aveva perso utilità e così, una volta abbandonato al suo destino la Yakuza era riuscito a trovarlo, poiché incapace di nascondersi in quella polverosa città. Jeffrey Thompson si agitava troppo e per dei predatori abili come i giapponesi non fu difficile stanarlo, farlo parlare e usarlo come monito.

"Ora tocca a te." Ha affermato Colin osservandoti da lontano. Ti sei seduta su quella che ormai reputi la tua poltrona di diritto, hai incrociato le gambe nascondendo i piedi sotto le natiche e hai lasciato che la gonna si sollevasse senza curartene. Non ammetterai di averlo fatto di proposito, nella speranza di scoprire di aver dinanzi un uomo come un altro. D'altronde perché dovrebbe essere diverso? Non è mica speciale, non è James McCabe, non t'ha cresciuta o vista come un membro della famiglia. Anzi, ha tentato lui stesso di manipolarti con quell'infima arma, ben conscio dell'effetto che sembra farti la sua vicinanza. Non vuoi lasciargli il vantaggio, non vuoi esser tu quella debole. Così per tutto il giorno hai provato a trovare ogni fragilità, qualunque cosa lo potesse rendere umano ai tuoi occhi, schiavo della sua natura. "Devi dirmi cos'ha detto il giapponese."

Il sorriso si allarga divertito sul volto del moro, poi le braccia dapprima incrociate sciolgono il nodo mentre avanza. L'ha capito. Probabilmente l'ha capito già dal tuo primo tentativo.
Si piega sulle ginocchia, sistema le pieghe della tua gonna coprendo la coscia sinistra, per quanto la stoffa lo consenta. Poi ritira la mano, educato ma mai privo di ghigno. Cazzo, l'ha capito davvero!

"Ha solo detto che non avremo vita lunga a Dustville. Che abbiamo già perso e si prenderanno la città."

Menti spudoratamente, poiché consapevole di non esser l'unica ad avere segreti. Eccolo il vantaggio: la barriera linguistica. Ma Colin non è stupido, ti guarda con scetticismo, solleva entrambe le sopracciglia formando delle lievi rughe d'espressione tra di esse. Fa per dire qualcosa, ma lascia crollare ogni possibile replica con un sospiro. Poi ritenta.

"Mi ricordi Kara, mia sorella. Quando diceva le bugie da piccola si toccava le dita delle mani. Ma lei era una bambina." Con un'occhiata coglie il flagrante l'impercettibile gesto che accenni con le dita della mano destra. Il medio scivola sul lato dell'indice grattandolo appena. Un'azione che ti dà conforto e che mai nessuno aveva notato in precedenza. "Quanti anni hai detto di avere, tu?"
Lo scherno è palese, lo esibisce con un largo sorriso e un'espressione di finto dubbio sul volto. Ti sta seriamente paragonando a una mocciosa?
"Vaffanculo." Contesti orgogliosa, incrementando la tua reputazione da bambina capricciosa agli occhi del Kray. "Ha detto questo quando ha lanciato la testa del tuo discutibile amico."
"Sembra molto lungo e complicato da dire."
"In Giappone tengono a far arrivare bene il concetto."

Di nuovo il silenzio. L'occhiata di fuoco che intercorre tra voi paralizza per qualche secondo il mondo circostante. Ti ricorda la sensazione che provavi da piccola, quando ti mettevi a quattro zampe davanti ai gatti randagi e li fissavi intensamente. Era chiaro che da lì a poco vi sareste azzuffati. Ecco, con Colin il pensiero ti sfiora spesso e volentieri... molto volentieri, in effetti. L'idea di metter fine alla tregua e misurarti contro di lui, testando chi di voi avrebbe la meglio in uno scontro – così com'è accaduto in quella stanza d'hotel e nella libreria di villa Kray – ti fa ribollire il sangue nelle vene.

Uno. Due. Tre colpi alla porta rompono la tensione che s'è creata tra di voi. Qualcuno vi ha trovati. Ora resta scoprire se ce l'ha fatta prima tua madre o la Yakuza. Non puoi negare che l'attesa ti divori, ma l'impulso d'aprire la porta e puntare la tua katana contro la giugulare dell'ospite è intenso e scalpitante nel tuo petto. In Colin vedi lo stesso sentimento. E sebbene ti faccia cenno di aspettare, quando guarda oltre lo spesso vetro della finestra e dalla giusta angolazione riesce a dare un'occhiata all'intruso, senti chiaramente l'aria attorno a lui infuocarsi di desiderio. Ha fame, ce l'ha da quando l'hai provocato e finalmente può sfogarla con la sua nuova preda.

"Nessuno dei due." Afferma radioso. È la preda perfetta in ogni caso. 

Il Filo BiancoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora