Cap. 5 Paure e pensieri

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Era purtroppo mattina del fatidico Mercoledì, giorno in cui Felix sarebbe dovuto andare a scuola. Aveva molta paura di chi avrebbe potuto incontrare, ma al momento sperava solo di non attirare molta attenzione.

Non si era ancora scordato del moro che aveva visto fuori dalla finestra; anzi era stato il suo pensiero fisso per tutta la notte avrebbe voluto almeno scoprire come si chiamava: la voglia di avere degli amici e la curiosità di conoscerlo lo stavano mangiando.

Ma ormai era ora di scendere in cucina; si era svegliato molto presto, erano le 06:12 e la sveglia suonava alle 07:15, visto che la sua casa era praticamente a 600m di distanza non sarebbe stato troppo difficile tornare in camera sua -sempre stato un rifugio dal mondo esterno- per un eventuale fuggita da scuola, nel caso non sarebbe riuscito a sopportare gli sguardi curiosi di persone.
In conclusione di può dire che non era molto positivo e ottimista riguardo questo rientro.

Arrivò in cucina prese del latte e lo scaldò al microonde, prese dei semplici biscotti e ce ne inzuppò alcuni, per poi mangiarli.
Non voleva ingozzarsi tantissimo visto che avrebbe sicuramente vomitato, era di normale amministrazione per lui: come provava a mangiare leggermente di più, sarebbe riuscito a sentirsi molto male, e partire subito da inizio giornata.

Si, era una persona molto complicata e strana, e fidatevi se vi dico che se ne rendeva conto, non dimostrava affatto la sua età sembrava molto più piccolo, il suo corpicino esile, sembrava mal nutrito anche se non era affatto così. Lui mangiava, solo a porzioni.. molto ridotte, rispetto alla norma. Ma nel suo piccolo, riusciva a metterci tutta la forza di volontà che possedeva.

I dottori, quando i genitori lo portarono a far controllare, dissero semplicemente che è una cosa comune tra i giovani, pensavano che il corvino fosse bulimico e che cercasse di rientrare negli standard di bellezza impossibili. Ma dare la colpa a qualcosa solo per potersi dimenticare di un problema non era sicuramente la soluzione. Anche perché Felix, non era assolutamente contento del suo corpo. Nonostante gli antidepressivi che gli facevano venire più appetito, più di un tot era impossibile per lui, ingerire cibo.
Ma nessuno voleva ascoltarlo, si sentiva estraniato dal mondo, proprio come un alieno.

Perché?

Finito di mangiare andò a vestirsi, scelse dei jeans larghi, neri e una maglietta sempre nera con le maniche a strisce bianche; decise di mettere delle semplici converse alte anch'esse sui toni scuri.

~~~TW autolesionismo~~~

Ora si doveva solo vestire; si mise i pantaloni, le scarpe e adesso toccò alla maglietta.. si stava guardando allo specchio, osservò con attenzione le cicatrici dei tagli sulle spalle e le sfiorò lentamente, come per accertarsi che non fossero allucinazioni; avanzò per le braccia che sembravano veramente fragili, e notò quanto fossero evidenti le costole che tenevano in piedi il suo corpicino.

I suoi occhi iniziarono a pizzicare e una lacrima colma di orrore e disprezzo diede il via ad un lungo pianto amaro che Felix si faceva tutte le mattine, da ormai troppo tempo. Ma la cosa che più faceva paura era il motivo, sempre lo stesso. Lui.

Perché?

Corse in bagno e non gli importava se avesse svegliato mezzo vicinato, chiuse la porta di colpo, sigillandola con la chiave.
Aprì il cassettino del mobile color nocciola che circondava il lavandino e prese un rasoio vecchio stile, lo aprì e iniziò a osservare la lama.

Vide il suo riflesso brillare in essa: ne costatò la freddezza e ne rimase ripugnato. Non ricordava quando era stata l'ultima volta che si era guardato allo specchio e si era veramente piaciuto. Ma ricordava per filo e per segno ogni momento che aveva passato ad odiarsi; pensieri sempre più cattivi e schifati, si riservava parole sempre più crudeli. Non ne poteva più, fino a che tutto il male era diventato troppo e gli serviva qualcosa per "sfogarsi"; per assicurarsi di essere sempre vivo e di non star vivendo solo con il corpo. Perché lui era morto dentro e niente avrebbe potuto riportarlo a galla, era ormai annegato nell'ombra degli altri.
Doveva essere sicuro di riuscire a provare qualcosa, qualche stimolo dal mondo, e cosa c'è di meglio del dolore? Lui d'altronde se la meritava tutta, no? Era stato un pessimo figlio, un pessimo amico, e un pessimo paziente, alle parole dei dottori. Non rispondeva alle domande che gli ponevano, non mangiava il cibo che l'ospedale gli offriva, era inerme, steso su un lettino bianco dove decine e decine di anime giacevano tranquille in attesa che anche quella del biondo andasse a fargli compagnia.

Perché?

Non appena senti un'altra lacrima sgorgare dal suo occhio rosso e gonfio a causa del pianto, e scivolare sulla guancia, diede un colpo secco sul polso con il rasoio.

Un taglio.

Due tagli.

Tre.

Quattro.

Fino all'ultimo suo taglio, che fu il più profondo, il colpo di grazie per quel povero polso. Le lacrime non cessavano di scendere, ormai il caldo si faceva sentire in tutto il suo corpo per questo non si era nemmeno accorto di non indossare ancora la maglietta.

Si guardò allo specchio notò gli occhiali tondi appannati, gli occhi rossi e gonfi e subito sotto, le ferite, causate dagli sfregamenti per i pianti continui, sulle guance, macchiate da lentiggini scure, si erano scrostate e il sangue usciva anche da li. Le braccia fini e bianche, erano state sporcate col sangue del proprietario, così come la lama del rasoio. I pantaloni erano sgualciti e ormai l'unica cosa che sentiva era la solita sensazione di vuoto presente dentro di lui.

Era un completo disastro. Non aveva più osato guardarsi la parte lesionata, allo specchio, aveva preferito solo metterla sotto l'acqua fredda aspettare che il sangue smettesse di colare, mise solo una fasciatura, non disinfettò niente, lo lasciò così com'era, un'infezione era l'ultimo dei suoi problemi.

Guardò l'orologio, erano le 07:10 tra 5 minuti sarebbe suonata la sveglia lui aveva tempo per vestirsi e sistemarsi i capelli, anche se palesemente invano, pulire gli occhiali e riprendersi dal pianto di poco prima.

E ciò che fece fu proprio quello, si finì di vestire, cercò di pettinare in qualche modo i capelli biondi e spessi, sempre annodati, bagnò le guance e ci mise del ghiaccio sopra per bloccare lo scorrere del sangue; infine, prese del sapone per i vetri e pulì gli occhiali.

Aveva finito di fare tutto proprio nel momento in qui la sveglia aveva suonato dando il via alla giornata dei suoi genitori. Corse a spengerla. Si mise a fare lo zaino, prese il telefono e controllò i messaggi. Nonostante sapesse lui meglio di tutti che, come al solito, non c'erano notifiche, adesso non restava altro che aspettare che si facessero le 07:30 per partire di casa.

Prese lo zaino con tutto il necessario per la scuola, esclusa la merenda visto che non aveva intenzione di mangiare, avendo paura di vomitare addosso a qualcuno facendo una figuraccia; scese gli scalini in marmo freddo che portavano alla cucina, ovvero la stanza più illuminata della casa: vi si trovavano delle luci sul soffitto, sopra i fornelli, dentro ai mobili in legno color nocciola con rifiniture e dettagli in marmo chiaro; le lampadine e i led emanavano una luce con i toni freddi che ricordava una casa di lusso... Cosa che quell'abitazione non era affatto, ma era comunque accogliente. Le posate, i bicchieri e i piatti erano collocati rispettivamente nel primo, nel secondo e nel terso.

Il frigo era sempre pieno di pietanze che ci mettevano molto ad esaurire contando che sua madre seguiva una dieta precisa, Felix non mangiava quasi niente mentre suo padre era spesso fuori per lavoro e mangiava a casa solo 4 volte a settimana. Ormai la madre stava letteralmente perdendo le speranze nel lascare del cibo pronto, ma sperava che non dandosi per vinta avrebbe sistemato qualcosa.

Ormai il biondo era abituato a vedere il frigo pieno ma non aveva mai avuto l'istinto di prendere del cibo da esso. Una volta sola provò a bere un succo alla mela, ma non andò a buon fine, la nausea prese il sopravvento e neanche il tempo di prendere il quarto sorso che stava già correndo verso il bagno, da lì decise di non avventurarsi più oltre il dovuto.

Arrivo in cucina e salutò i genitori sempre assonati e si avviò verso il suo più grande incubo, la scuola.

Cosa si doveva aspettare?

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