Cap. 25 Panico

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Gli occhi felini di lui mi fissarono per qualche secondo prima di dire..

«Dovrei sfornare i brownie.. Penso si stiano per bruciare... »

Il sussurro era troppo lieve, appena udibile, ma il silenzio -quasi assordante- della stanza mi permise di farlo; era una frase dal tuono troppo innocente, probabilmente il suo intento non era neanche quello di interrompere il "momento", solo di non dare fuoco all'intera casa; se i suoi genitori, al loro rientro avessero scoperto che uno sconosciuto nella loro cucina, aveva dato fuoco alla loro casa, con i brawnie bruciati mi ci avrebbero potuto felicemente affogare... E non penso gli avrei dato torto in quel caso.

Non avevo tutta questa voglia matta di allontanarmi: la fatica che ci avevo messo nell'avvicinarmi a lui, senza essere troppo brusco, era stata troppa e non adeguatamente ripagata; ma dovevo essere razionale, inoltro nella stanza si stava espandendo uno strano odorino. Non proprio di bruciato. Ma quasi.

Non lasciai vincere i miei pensieri intrusivi, scacciando quindi l'idea di rubarlo e non restituirlo neanche sotto riscatto, e lo aiutai a ritornare con i piedi per terra, facendolo scendere dal piano della cucina. Fu un attimo. Un momento di pura distrazione. Lui col suo volto si era avvicinato velocemente al mio e vi aveva lasciato un tenero e leggero bacio. Sulla guancia sinistra, poco sotto l'occhio.

Fu un atto così innocente e così particolarmente singolare da uno come lui. Una persona che ha paura anche solo di guardarti in faccia.

Per tutto il tempo, da quando ero entrato in quella casa fino ad ora, ero rimasto con un sorrisino in faccia; un sorriso stupido, quasi antipatico, che in molti sono arrivati a odiare, pensando lo facessi perché mi sentivo superiore degli altri -mentre era semplicemente il mio modo per cercare di essere amichevole.
Ma se per tutto quel tempo, avevo mantenuto la facciata di uno che ha tutto sotto controllo, in quel momento mi sentivo crollare il muro addosso; pezzo per pezzo, mattone per mattone.

Ero rimasto spiazzato dalla sua azione, non riuscito a capire se quel gesto mi fosse sembrato troppo sdolcinato -da diabete- o stranamente carino. Era un qualcosa di inaspettato. Le sue spesse e soffici labbra avevano avuto un effetto troppo inaspettato per me.

Sembra una fottutissima bambola ma è possibile?! Non è umano questo ragazzo, ve lo dico io.

Era tutto così perfetto finché non ci rendemmo conto del puzzo di bruciato che si disperdeva per la stanza.

Vidi qualcosa dentro i suoi occhi accendersi, come se piano piano si stesse ricollegando alla realtà, si mosse con velocità verso il forno e tirò fuori la teglia con sopra quelli che avrebbero dovuto essere dolci. Erano troppo scuri, anche se sapevo che nell'impasto aveva aggiunto il cioccolato, ero sicuro che quello fosse il colore amaro del bruciato.

Lo vidi posare la teglia sul piano della cucina e li continuava a guardare con occhi colmi di tristezza. Per lui quel dolci erano davvero importanti.

Lo raggiunsi e gli poggiai una mano sulla spalla, non sono mai stato bravo a consolare le persone -non che ci provassi- ma avrei fatto uno sforzo solo per lui.

«Tranquillo si possono rifare, abbiamo anche casa mia da svaligiare se vuoi altri ingredienti mio padre dovrebbe essere ad una riunione e mia madre si farà gli affari sua, anzi ci può aiutare se non troviamo qualcosa nella dispensa... »

Lo guardai sorridendo cercando di calmarlo facendo dei movimenti lenti sul suo braccio, cercando di non essere troppo pesante -conoscevo la sua situazione e sapevo che sotto a quella manica vi erano delle bende e sotto alle bende, vi era il risultato di tanto, troppo dolore.

Si mise a guardare il braccio, inspirando ed espirando in sincrono con i movimenti della mia mano, calmando così il suo respiro irregolare e sciogliendo il suo corpo dapprima irrigidito dai quasi-singhiozzi. Era così sensibile ma anche così facile da calmare; riuscivo abbastanza velocemente a capire cosa non andasse, quasi come se fosse un libro aperto. Cercava solo qualcuno a cui aggrapparsi, una roccia su cui poggiarsi ed essere sicuro di non cadere. Aveva solo bisogno di sicurezza.

Io e TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora