104.

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|The Final Chapter|
"I'll love you till the end"

"Questa mattina porta una pace che rattrista;
nemmeno il sole mostrerà la sua faccia.
Andiamo via da qui, a ragionar di questi dolorosi avvenimenti. Per alcuni sarà il perdono, per altri il castigo immediato; 
poiché mai storia fu più triste di quella di Giulietta e del suo Romeo."

20:45

La pioggia continuava a scendere mentre percorrevano la poca strada che conduceva all'entrata del Malfoy Manor. Un vento leggero trasportava il profumo dell'erba, dei fiori, dell'acqua che scendeva copiosa su due ragazzi che, mano nella mano, si preparavano a morire.

"Credi nell'aldilà?" chiese Ade. "So che è una domanda strana-"

"Stiamo morendo" ribatté Angel. "Non è strana."

"Probabilmente."

"Non sono religiosa. Credo che ci sia un qualche creatore e un posto in cui i morti possono stare insieme, ma non li chiamo Dio e paradiso."

"La penso come te" mormorò Ade, abbassando lo sguardo sulle sue scarpe che colpivano la ghiaia bagnata.

Aveva fatto in modo che nessuno potesse materializzarsi o smaterializzarsi, e che gli accessi con la metropolvere fossero bloccati in tutto il Manor, in modo che nessuno potesse tentare di scappare.

Non erano sicuri di quanti mangiamorte o servi del Signore Oscuro ci fossero dentro (probabilmente molti), e lo scopo era ucciderne il più possibile.

"Il tuo aldilà com'è?" chiese Angel.

"Un posto da chiamare casa" rispose lui, senza esitazione. "Dove non ci sono limiti e puoi essere chi vuoi."

"Ci avevi già pensato?"

"Un po'" confessò.

"Spero nella reincarnazione" affermò lei, perché quella vita non le era bastata.

"Anche io. Voglio un'altra occasione, ma non ci conto."

La porta di quercia si aprì come mossa da forze invisibili ed entrarono dentro, camminando lentamente, come a volersi godere quegli ultimi momenti insieme, e vivi.

"Pensi che rivedremo davvero le persone care che abbiamo perso?" chiese Ade.

Angel voltò la testa per guardarlo, mentre giravano l'angolo che conduceva alla sala da pranzo, dove sarebbero stati riuniti tutti.

"Chi speri di rivedere?"

"La mia mamma" rispose lui, sorridendo tra sé e sé. "Siamo due sconosciuti, sai? È morta perché potessi vivere io."

Non l'aveva mai conosciuta, non lo aveva visto fare i suoi primi passi, per poi ridere per le sue cadute goffe; non gli aveva insegnato ad allacciare le scarpe, a sistemare una cravatta, non aveva ascoltato la sua prima parola.

Angel afferrò la maniglia con la mano destra, mentre la sinistra stringeva forte la bacchetta.

"Sei pronto?" chiese, guardando le iridi verdi del ragazzo.

AngelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora