Toni's pov
Avete presente quando lanciate un sasso in acqua, esso sprofonda e voi non sapete che fine abbia fatto, come sia atterrato, se si sia ammaccato oppure spaccato completamente?
Bene, ecco come mi sento in questo momento.
Come quel sasso.
Scaraventato contro la vita e dimenticato da tutti.
O perlomeno, così mi sono sentita nell'ufficio del medico, quando mi ha detto che la mia ragazza probabilmente finirà in coma.
E proprio come quel sasso, sono sprofondata.
Sono precipitata chissà dove e non ho le forze per ritirarmi su.
Sono state risucchiate non appena aveva pronunciato quella frase.
Quella frase che ha semplicemente distrutto qualcosa dentro di me.
Forse la speranza, forse la fiducia che avevo, forse ogni cosa.
Ogni singola emozione è stata spezzata in mille pezzi che non riuscirò a ricomporre.
Sono andati perduti per sempre.
Andrà in coma.
Da quel momento non ho più sentito altro.
Né il medico che cercava di parlarmi, né le guardie che mi avevano bloccato, né tantomeno le infermiere che cercavano di aiutarmi, niente.
No, no, no, continuo a ripetermi.
Urlo.
Un urlo straziato, di chi ci ha sperato troppo ed è rimasto deluso.
Un urlo disperato, di chi aveva riposto tutte le sue forze in una buona notizia e invece ne ha ricevuta una che l'ha distrutto completamente.
E infine un urlo innamorato.
Forse il peggiore di tutti.
L'urlo di chi aveva riposto la sua vita in una persona.
Di chi aveva creduto con tutto sé stesso che quella persona ce l'avrebbe fatta, sarebbe tornata nelle sue braccia e invece no.
L'urlo innamorato è il più potente, è quello capace di fermare milioni di persone, capace di far commuovere tutti.
Ed è quello che è successo nell'ospedale.
Tutti, medici, infermiere, pazienti, accompagnatori, si sono fermati a guardare quella bestia ferita.
Tutti intimiditi da quell'urlo più potente di ogni altra cosa.
Perché lo sanno.
Loro sanno quanto è doloroso perdere qualcuno che ami.
E tutti gli occhi erano su quella bestia che si dimenava, cercava conforto in qualsiasi sguardo, che potesse anche solo minimamente ricordarle quello della sua persona.
Ma tutti gli occhi erano diversi.
I suoi sono unici.
Nessuno ha degli occhi come i suoi.
Sono di un colore che può sembrare banale.
Marrone.
Ma del resto si sa, gli occhi marroni sono solo occhi marroni fino a quando non te ne innamori completamente.
Allora inizi a vedere tutte le sfumature e affermi che di occhi più belli non ne hai mai visti.
"E ora quegli stessi occhi sono chiusi, inespressivi, solo perché un pazzo voleva soddisfare i propri desideri"
Quando il mio attacco di panico sta per prendere una brutta piega, interviene una delle tante infermiere che hanno assistito alla scena.
: -si calmi. Ecco, sediamoci qui-
Mi scorta fino a delle sedie, vicino all'entrata.
: -prenda questo-
Mi porge un bicchiere d'acqua.
La ringrazio con lo sguardo e bevo il liquido tutto d'un sorso.
: -va meglio?-
Toni: -sì, però non andrà bene fino a quando lei non si riprenderà-
Lei sorride leggermente.
: -sai? Ho visto moltissime persone star male per un familiare oppure per il proprio ragazzo o ragazza, però tu oggi li hai battuti tutti-
Percepisco la sua voglia di sdrammatizzare, di farmi stare meglio, però oggi tutti i tentativi saranno vani.
Toni: -il dolore è soggettivo-
: -ma certo, però a volte è meglio buttare tutto fuori che tenersi tutto fino a scoppiare-
Toni: -almeno la gente non ti reputerebbe debole-
Mi mette una mano sulla spalla.
: -la gente può pensare quello che vuole, che importa? I pensieri sono solo voci nelle loro teste. Parlano solo se sono i loro capi a permetterglielo-
Ha dannatamente ragione.
: -ma non starò qui a farti lezioni di vita, ognuno la vive come vuole. Se vuoi puoi restare qui quanto vuoi, però ti consiglio di andare a casa e riposarti. Non credo che la tua ragazza, una volta sveglia, vorrà vederti in questo stato-
Le sorrido e dopo averla ringraziata con un filo di voce, l'ultimo che mi è rimasto dopo il mio attacco, esco dall'area dell'ospedale, incamminandomi verso casa.
Ho voglia di camminare, stancarmi, così da tornare a casa ed addormentarmi subito, senza pensare ai problemi.
Sono giorni che non dormo decentemente.
Perché non sento il suo calore vicino a me, non posso poggiare la testa nell'incavo del suo collo, non posso abbracciarla da dietro.
Se in prigione posso almeno vederla, parlarle, abbracciarla, ora non posso fare nulla di tutto ciò.
Devo vederla soffrire mentre è attaccata a quella macchina, con un ago nel braccio che le infermiere cambiano ogni ora, facendo nuovi fori.
Le sue braccia sono contornate da lividi.
Però questo non è il problema più grande.
Il suo cranio e il suo cervello sono il problema.
Tre giorni e si saprà tutto.
Si saprà il suo destino e anche il mio del resto.
So bene che coma non significa morire, però significa che la sua situazione sarà peggio, molto peggio.
Rientro finalmente a casa, stremata, e mi fiondo subito sotto la doccia.
Mi lavo i capelli, la faccia, tutto, non voglio avere neanche una sola particella dell'ospedale.
Li ho sempre odiati, il loro odore di medicinali dappertutto, la gente in agonia che si lamenta, i bambini che piangono.
Non sono mai riuscita a starci per più di due giorni.
Riuscivo sempre a scappare, convincere le infermiere a lasciarmi andare.
Ero alquanto convincente, visto che ci riuscivo sempre.
Promettevo che non mi sarei stancata, avrei evitato di muovermi troppo ed ecco fatto, libertà assicurata.
Finisco di asciugarmi i capelli e mi siedo sul davanzale della finestra.
I ricordi riaffiorano nella mia testa.
Non sono mai riuscita a trascorrere tanto tempo senza di lei.
Non mi andava di sprecare neanche un secondo della vita senza passarlo con lei.
È per questo che al liceo, quel giorno, in bagno, le ho rivolto la parola.
Mi aveva trattata di schifo fino a pochi minuti fa ed io ero già pronta a perdonarla.
Mi attirava.
Eccome se mi attirava.
Volevo sentire la sua voce, ancora, ancora, sempre di più.
Volevo guardarla negli occhi, averla vicina.
Volevo catturare la sua attenzione.
Non voglio dire di averla amata dal primo istante.
L'amore viene dopo.
Prima c'è la curiosità.
E lei la mia, l'aveva rubata completamente.
Quella ragazza che trattava male tutti, si vestiva sempre di rosso ed era la tipica reginetta della scuola, mi intrigava.
Forse era il suo modo di fare, non lo so.
Quando è arrivato l'amore?
Il giorno della festa suppongo.
Quando l'ho seguita fuori e le ho chiesto del perché trattasse male tutte le persone che incontrava.
Lei aveva abbassato lo sguardo e se n'è andata senza dirmi nulla.
Già, è stato quel giorno in cui ho iniziato a provare qualcosa.
I giorni seguenti la volevo rivedere, avrei voluto vederla ogni giorno, perché dopo quella nostra conversazione io avevo affidato la mia vita a lei, e fino ad oggi non ho mai smesso di farlo.
Quando si assentava a scuola, guardavo continuamente il parcheggio, sperando di vedere la sua auto apparire e vedere lei uscire con i capelli perfetti e il rossetto rosso.
Quando questo non succedeva, mi deprimevo seguendo poco le lezioni e rispondendo male a tutti.
Un giorno avevo espresso il desiderio di vederla arrivare a scuola, e quando l'ho vista uscire dal bagno mi sono completamente imbambolata.
Avrò di sicuro perso un battito.
Già all'epoca aveva un effetto assurdo su di me.
Per due settimane non è venuta a scuola e in quei giorni sono letteralmente impazzita.
Non mi sentivo bene, non riuscivo a dormire, e so che può sembrare ridicolo, però era così.
Lei aveva completamente il mio cuore.
E a me andava bene così, perché così, e solo così, mi sentivo al sicuro.

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After the spark
Roman d'amourSequel di "before the spark" Le loro strade si sono definitivamente divise, forse per sempre. La vita di entrambe è cambiata completamente. Una telefonata, una morte, un evento tragico. Sono questi gli eventi che segneranno le nostre protagoniste.