Capitolo 17

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Avvolgo le mani intorno alla tazza bollente, da cui esce il fumo fatto dal the alla vaniglia.

Mi metto sulla poltroncina in salotto, e accendo le luci natalizie appese sopra la porta. È talmente presto che è ancora buio, ma non riesco a dormire.

Sto prendendo davvero in considerazione l'idea di andare da Tony. È seriamente l'unico in grado di potermi aiutare, o che potrebbe conoscere qualcuno che possa farlo.

Fatto sta, che prima di andare da Stark, devo passare a prendere Peter, che vuole venire con me, per sapere se ho qualche disturbo mentale.

Sostiene che sia una sorta di possedimento del diavolo. Gli ho detto che era un cretino e che deve guardare meno film.

In balia dei miei pensieri, mi accorgo di aver già finito il the, e con movimenti lenti e pesanti vado a poggiare la tazza nel lavello.

Un rumore proveniente dall'esterno cattura immediatamente la mi attenzione. Mi avvicino alla finestra, scostando le tende e aguzzando lo sguardo per vedere se c'è qualcuno fuori.

Un ombra scura passa davanti al vetro, talmente lesta da sembrare un sassolino lanciato ad alta velocità.

Senza esitare, esco fuori, e il freddo glaciale mi colpisce in pieno viso, arrivando fino a dentro le ossa.

Con un gesto fulmineo faccio nascere sui palmi delle mani due fiamme ardenti, alte fino alle spalle.

Muovo qualche passo in avanti, scattando con gli occhiali da destra a sinistra in secondi minimi, per cercare di non farmi sfuggire niente.

Qualcosa, o meglio qualcuno mi cade sulle spalle, facendomi perdere l'equilibrio e quindi gettandomi a terra.

Rotolo per almeno due metri, fermandomi soltanto quando inchiodo con un piede e strusciando la mano sulla terra.

Sento il palmo andarmi in fiamme. "Una posa... deve essere tipico di Avengers" la figura mascherata parla con un accento strano e con una voce femminile, che non avevo mai sentito.

Inclino la testa di lato, non capendo a pieno le sue parole. Si avvicina in un lampo e senza esitare, mi rifila un calcio nel mento.

Il sapore metallico del sangue si sparge subito nella bocca, facendomi venire la nausea. Vedo sferrare un altro colpo, ma riesco a schivarlo.

Afferro il suo polso ancora a mezz'aria, e con forza ribalto il suo corpo a terra, alzando un enorme polverone.

"Chi diavolo sei?" ansimo osservando la figura, che con uno slancio delle gambe si rimette immediatamente in piedi.

Ringhia,e la pianta della sua scarpa mi colpisce nello stomaco, lasciandomi senza fiato.

Finisco con la schiena contro il muro, in cerca di ossigeno da incanalare nei polmoni. Avrei dovuto allenarmi di più in queste settimane, il sesso non basta, diamine.

Il suo pugno si dirige verso il mio naso, ma scosto la testa, facendo piantare le sue nocche nel muro.

Afferro il suo collo e tiro una ginocchiata nello sterno. Si allontana di poco, lasciandomi il tempo di fare qualche passo verso la porta di casa, per cercare un po' di aiuto.

Un colpo di pistola, e il polpaccio che brucia talmente tanto, da farmi cedere il ginocchio.

Caccio un urlo, ma la figura mi si avventa sopra, attaccandomi con la schiena a terra.

Sento i pantaloni bagnarsi di sangue, e il dolore spargersi per tutta la gamba. "Dov'è mia sorella?" domanda con il suo strano accento europeo.

Deglutisco, cercando di staccare le sue mani dai miei polsi. "Non ho idea di chi sia tua sorella" sbraito, e il mio ginocchio si piazza sul suo di stomaco questa volta.

Back to New York||Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora