Capitolo 59

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Le mie orecchie fischiano per l'insolito e assordante silenzio che aleggia nell'aereo privato di Tony, che mi ha gentilmente concesso tempo fa. Sam e Bucky si scambiano sguardi silenziosi e pieni di astio, fin quando Sam si drizza in piedi, stiracchiandosi leggermente, per scomparire verso il bagno e il bar.

Fisso i miei occhi su quelli di Bucky che sbuffa risucchiando l'aria tra i denti bianchi. "Mi vuoi dire che diavolo vi siete detti tu e Sam ieri?" domando sottovoce, accertandomi che non mi possa sentire nessuno oltre che al soldato davanti a me.

Si lascia sprofondare nel sedile imbottito, allargando le gambe, fino a far toccare le nostre ginocchia. Deglutisco quando il suo corpo si contrae in quella posa irresistibilmente provocatoria e trasudante di potere.

Stringe le mani tra loro, voltando la testa verso il finestrino, e guardando fuori con sguardo duro. "Niente di importante" taglia corto respirando forte, mentre la maglia nera aderente si stringe ancora di più al suo addome estremamente scolpito.

"Buck" lo richiamo indurendo il tono della voce. Si mette per bene a sedere, con la schiena dritta mentre i muscoli delle braccia, grandi quasi quanto la mia faccia, si contraggono mettendo in risalto le vene che vanno dalle nocche fino a poco sopra i gomito.

Respiro forte stringendo le gambe, impedendomi di mandare a puttane ciò che ho in mente per saltargli addosso come una leonessa affamata fa con la sua preda. Mi guarda scostante "dimmi che cosa è successo tra voi" comando piegandomi verso di lui, i gomiti poggiati sulle ginocchia.

Rimane in silenzio per qualche istante, titubante sul fatto di mettermi al corrente o meno, della sua palese discussione con il suo amico. "Sam crede di non essere degno di portare lo scudo" sospira Bucky guardandomi per un solo secondo, per poi tornare a dedicarsi al cielo oltre il vetro.

Fletto le sopracciglia tornando con la schiena che poggia sul sedile di pelle. "Ma Steve... Steve non avrebbe mai affidato lo scudo a qualcuno che non ritenesse degno" mormoro più a me stessa che a Bucky, che si morde rabbiosamente il labbro inferiore.

"E' la stessa cosa che ho detto a Sam. Ma lui ha continuato a ripetere che Steve si era sbagliato su di lui" mi spiega con il petto che si gonfia di aria, nel tentativo di non scoppiare per la rabbia. Sto per ribattere ma Bucky mi precede continuando. "Quindi questo significa che, se Steve si è sbagliato su Sam, si è sbagliato anche su di me" si passa nervoso una mano tra i capelli.

Mi acciglio fissando i miei occhi sul viso di lui, che si contrae in una smorfia di dolore e astio. "Bucky..." cerco di parlare, sapendo dove questa discussione sta andando a parare, sapendo cosa vogliono dire quelle parole sussurrate con disprezzo e autocommiserazione.

"E se Sam avesse ragione? se Steve si fosse sbagliato su di me? Io non sono una brava persona, sono un mostro, un assassino, e il mondo mi vedrà per sempre così. Forse Steve era troppo ottimista per pensare che io-..." mi alzo di scatto sentendo quelle orribili parole uscire dalla sua bocca soffice e perfetta.

Faccio un passo nella sua direzione e senza chiedere nessun permesso, mi siedo sulla sue gambe, e impercettibilmente il suo corpo si irrigidisce, come lo sguardo che mi lancia. Faccio scivolare un braccio dietro il suo collo mentre intreccio le dita dell'altra mano alle sue.

Scuoto la testa obbligandolo a guardarmi negli occhi, mentre il suo viso si contrae quando assottiglia lo sguardo. "Devi smetterla di pensare queste cose di te, perché non sono vere, per niente. Steve era ben consapevole delle sue azioni e delle sue parole. Lui ha visto l'uomo buono e meraviglioso che sei, come l'ho fatto io, e ha capito, ha sperato, che anche il mondo, oltre a noi due, potesse vederti così" spiego accarezzandogli piano la guancia leggermente ispida per la barba rada.

Back to New York||Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora