capitolo 25

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Il profumo di caffè mi si intrufola nelle narici, risvegliandomi dal piano freddo del tavolo. Biascico qualcosa con la bocca, sentendola secca e disidratata, e svogliatamente vado a spengere il fuoco.

Guardo l'ora sull'orologio: le 7:30 del mattino, il sole è appena spuntato e illumina in modo caldo la cucina e il salotto. Mi trascino sul divano sbadigliando rumorosamente, sicura che nessuno si sveglierà.

Il display del telefono si illumina, mi volto e il nome di Strange mi fa pulsare subito la testa. Sono giorni che esco la mattina presto e torno nel tardo pomeriggio. Steve e Natasha cercano di coprirmi in tutti i modi possibili, e con tutte le scuse che Bucky potrebbe bersi.

So che sono a un punto di non ritorno, e tra poco dovrò dire tutta la verità, e questo comporterà delle conseguenze gravi. In più non ho più notizie di mio padre da quella maledetta lettera, Heimdall non apre il Bifrost e io non riesco a capirne il perché.

La notte non dormo, sopra fatta da tutti questi pensieri e alle varie soluzioni che potrei adottare, ma nessuna mi pare adeguata. Usare tutto quel potere rinforza il mio corpo come non mi era mai successo, ma ho il mal di testa fisso da quando ho cominciato a sfruttare tutto il mio potenziale.

Leggo il messaggio "devi venire subito, forse ho scoperto qualcosa" mi passo una mano sulla faccia, sperando di riuscire, almeno oggi, a far emergere il mio controllo sulla terra. Gli ultimi giorni sono stati una vera tragedia, ogni volta che cercavo di mettermi in contatto anche con una minima radice, l'unica cosa che riuscivo a fare era mandare a fuoco qualche tavolino da thè,  inondare il bagno della biblioteca o scatenare un mini tornado.

Mi alzo dal divano, già vestita, e lascio la tazza del caffè sul tavolino di vetro. Mi infilo il cappotto e afferro la borsa, posandola sulla spalla. "Te ne vai?" mi giro, ritrovandomi la figura slanciata e muscolosa di Bucky davanti, che con una mano si stropiccia un occhio sonnecchiante.

Annuisco, improvvisamente sentendo la gola secca. "Di nuovo Jeline?" sento una punta di sconforto nella sua voce roca, che mi fa stringere il cuore, e fa risalire velocemente il senso di colpa. "Devo Buck" sussurro facendo qualche passo verso di lui.

Distoglie lo sguardo, voltandolo verso la finestra, e un giallo raggio di sole gli illumina il viso affilato, facendo brillare come zaffiri i suoi occhi. "Non devi per forza" dice sottovoce abbassando la testa. Afferro delicatamente il suo mento, coperto da una leggera barba scura.

Mi guarda negli occhi, facendo partire una scarica lungo tutta la mia schiena, facendomi sentire piccola davanti al suo petto imponente. Poggio piano le mie labbra sulle sue, sentendole morbide e vellutate. "Devo. Sto cercando di capire dove si trova mio padre, e magari aiutarlo" mento spudoratamente, sapendo che non sarei mai in grado di scoprire dove si trova mio padre.

Annuisce per niente convinto quando mi allontano dalle sue labbra. Mi stringe una mano con le sue dita fredde e cerco di convincermi che devo uscire da quella casa per mettere tutti al sicuro, per assicurarmi che quando sarà il momento, sarò pronta per difenderli.

Annullo il nostro contatto girandomi e affrettandomi ad arrivare alla porta. "Ti amo" sento la sua voce roca infiltrarsi nelle mie orecchie e farmi rabbrividire. Mi giro sorridendo debolmente "anche io" sussurro abbassando la maniglia e uscendo di casa.

Prendo un respiro a pieni polmoni facendo entrare l'aria fredda di fine febbraio dentro il corpo. L'espressione triste di Bucky è come un timbro nella mia mente, cerco di mandarla via senza riuscirci per tutto il tragitto verso lo stregone.

(...)

"Quindi Strange? che hai scoperto?" varco la soglia e alzando la voce lo cerco nell'atrio. Compare dalla porta accanto alle scale, mentre legge un libro che come tutti gli altri, ha le pagine ingiallite e stropicciate.

Back to New York||Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora