capitolo 23

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preparatevi, capitolo spicy e dolce allo stesso tempo.

leggete lo spazio autrice, così parliamo un po'.

"Merda" sussurro, sentendo i battiti del cuore aumentare irragionevolmente. Mi alzo in piedi con le gambe che tremano un po'. "Tasha senti" faccio qualche passo verso di lei, cercando un contatto, ma si allontana guardandomi con le sopracciglia increspate.

Scuote la testa "puoi spiegarmi?" borbotta indicando Steve. Prendo un respiro profondo incrociando per qualche istante gli occhi cerulei di Steve, che mi incoraggiano a parlare. "Non c'è molto da spiegare se hai sentito quello che ho detto al capitano" le dico di un fiato.

Incrocia le braccia al petto guardandomi con gli occhi leggermente lucidi. "Perché non me lo hai detto subito Evanjeline?" domanda indurendo lo sguardo, con un tono velatamente accusatorio.

"Perché non volevo che aveste questo peso, e non volevo farvi preoccupare" sbuffo guardandomi i piedi e rimettendomi a sedere. "Non sei un peso e non lo sarai. Perché pensi sempre di dover fare tutto da sola, senza l'aiuto degli altri?" domanda Natasha abbassandosi alla mia altezza e osservandomi dritta negli occhi.

Rivolgo un fugace sguardo a Steve, che osserva la scena silenziosamente, attento ad ogni parola. "Perché sono in grado di farlo senza recare dolore agli altri" ribatto sporgendomi di poco verso di lei. "Non sei obbligata a portare quel dolore da sola, siamo la tua famiglia" addolcisce improvvisamente gli occhi e il tono della voce.

Ho l'impulso di piangere al suono di quelle parole, ma ho già pianto abbastanza per oggi, quindi mi limito ad annuire a Natasha che mi tiene il viso tra le mani. Steve si alza venendo nella nostra direzione, poggiandomi una mano sulla spalla.

"Non saremo perfetti, ma ci siamo, in qualsiasi momento, senza esitazioni Evah" dice accennando un sorriso timido, che illumina per un attimo il suo viso coperto dalla barba. Annuisco a corto di ringraziamenti futili.

Mi alzo dalla sedia, sfinita da questa giornata interminabile. "Vado di sopra, sono davvero stanca" faccio qualche passo verso le scale, ma la voce di Natasha mi ferma. "Lui non lo sa vero?" domanda, ma già conosce la risposta, lo leggo nei suoi occhi.

Lascio andare una piccola risata "no, certo che no" rispondo ricambiando il suo sguardo triste. Annuisce mordendosi l'interno guancia. "Manterremo il segreto, tranquilla" dice in fine sorridendomi debolmente.

Non dico nulla, faccio un cenno della testa e mi avvio al piano di sopra, intenta a sprofondare tra le braccia di Bucky, e rimanerci per il resto della vita. Vorrei solo che questa orrenda sensazione di un imminente disastro mi lasciasse per un attimo.

La camera è vuota, sia la mia che quella di Buck, e l'unico posto in cui può essere è la piscina all'ultimo piano. Faccio un profondo respiro cercando ancora di recuperare le forze, dopo quella tremenda perdita di controllo di oggi pomeriggio.

Mi spoglio e ripesco dall'armadio un vecchio costume che indosso velocemente, rabbrividendo per la pelle non abituata ad essere scoperta. Cammino piano con mille pensieri che mi frullano in testa.

(...)

Il suono dell'acqua che si muove mi riempie le orecchie appena salgo l'ultimo scalino. Bucky fa avanti e indietro per tutta la vasca, a una velocità che difficilmente mi riuscirebbe imitare adesso.

Mi siedo a bordo piscina silenziosamente, immergendo solamente le gambe fino al ginocchio. Lui continua a nuotare verso la sponda opposta con calma, senza ancora essersi accorto della mia presenza.

Tocca le piastrelle azzurre, e pronto per un'altra vasca si volta, ma il suo sguardo si incatena immediatamente al mio, e un sincero sorriso mi nasce sul volto quando lo vedo avanzare verso di me.

Back to New York||Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora