𝐜𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐪𝐮𝐚𝐭𝐭𝐫𝐨

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La caffetteria, dopo un sabato pomeriggio estremamente frenetico, era quasi del tutto deserta ed io finalmente potei prendere il mio pacchetto di sigarette e raggiungere mia zia sul retro per fare una piccola pausa e la nostra solita "seduta dallo psicologo" giornaliera.

«Eccoti!» disse lei mentre fumava la sua sigaretta non appena aprì la porta sul retro.

«Da quando sono arrivata stamattina è la prima volta che mi fermo e sono le sei e mezza.» affermai prendendo una sigaretta dal pacchetto.

«Lo so tesoro, il sabato c'è sempre il pienone.»

«Sono esausta e quando stacco da qui dovrò anche andare a quel maledetto bowling!» mi lamentai sedendomi su dei gradini.

«Con chi vai? I ragazzi?» mi chiese sorridendo.

Io mi limitai ad annuire mentre aspiravo a pieni polmoni il fumo dopo ore di astinenza.

«E con Harry hai parlato di...»

«Non gli ho detto nulla di Benedict zia e non ho alcuna intenzione di farlo. Ho deciso di andare avanti tenendo questa cosa per me. Voglio provare ad essere felice dimenticando quello che è successo.» dissi cercando di sembrare il più calma possibile.

«Io voglio solo che tu non ti colpevolizzi Margot perché non hai nessuna colpa di quello che è successo...» insistette lei.

Io invece avevo la mia colpa che era quella di non aver parlato, di non averlo denunciato, di avergli permesso e permettergli tutt'ora di continuare ad avere una vita normale quando io invece, per colpa sua, ero segnata in eterno. Lui molto probabilmente era ancora allo Skating Club ad insegnare, ad essere amato e ammirato mentre io ero come morta dentro e nessuno poteva ridarmi la vita di prima.

«Sono convinta che Harry, Niall e Noah, anche se non sanno nulla di Benedict, ti faranno stare meglio Margot, loro saranno la tua cura e tu tornerai a stare meglio.» disse zia Barbara con un dolce sorriso sulle labbra che io subito ricambiai un po' forzatamente.

Ero convinta del contrario, ero convinta che nessuno sarebbe riuscito a farmi stare meglio, nemmeno loro.

Certo, mi sarei distratta, avrei riso molto di più, ma quando hai una cicatrice dentro che nessuno può vedere e curare non si può tornare a stare meglio, non è possibile.

«Ti va se parliamo di qualcos'altro?» chiesi poco dopo.

Ero esausta di sentire parlare di Harry, del dover far pace con lui, ero stanca soprattutto di ricordare costantemente quello che avevo dovuto subire. Ogni volta che ne parlavamo io rivivevo tutto, sentivo le sue mani toccarmi, il suo respiro sul mio collo, il dolore sui polsi per la presa troppo stretta che usava per tenermi ferma. Io ogni singola volta che citavamo lontanamente quello che era successo rivivevo tutto nella mia testa e ogni singolo momento che passava mi sentivo sempre più sporca come se lui stesse continuando ad abusare di me.

«Certo tesoro, di cosa vuoi parlare?» mi domandò mia zia sedendosi accanto a me.

«A te come va in amore? Ultimamente non mi hai raccontato più nulla dei tuoi appuntamenti al buio.» dissi sorridendo al solo pensiero di tutti gli uomini che aveva avuto e continuava ad avere mia zia nella sua fantastica vita da single.

Non aveva mai voluto storie serie, aveva avuto tante esperienze di una notte ma mai nulla di ufficiale o impegnativo. Lei era sempre stata un'anima libera e un po' la invidiavo: volevo avere anch'io lo stesso menefreghismo che aveva nello spezzare il cuore degli uomini che si innamoravano di lei.

Del resto però era di una bellezza senza fine: aveva dei grandi occhi castani sempre rigorosamente truccati con una semplice passata di matita e del mascara, un meraviglioso sorriso e un fisico snello e slanciato degno di una star di Hollywood. I suoi capelli castani erano sempre ben sistemati e quello che più mi faceva impazzire di lei era che, anche se non si impegnava minimamente né di vestirsi bene né di conciarsi, era di una bellezza dionisiaca. Sarebbe stata bene anche con un sacco dell'immondizia!

𝐂𝐎𝐋𝐃 𝐀𝐒 𝐈𝐂𝐄Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora