La verità

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Man mano che ci allontaniamo in silenzio dalla grande sala il rumore si attutisce e lascia spazio all'eco dei nostri passi.

<<Io e tua madre ci consociamo da prima che voi nasceste>> comincia a parlare dopo ever preso posto in un divano bordeaux in pelle.

<<Ci vedevamo spesso, come amici ovvio, poi ha conosciuto tuo padre e da lì tutto è cambiato>> si versa una tazza di the mentre gli altri pian piano prendono posto qua e là.

<<Non aveva occhi che per lui, non esisteva nessun'altro se non lui>> sospira stanco.

<<Tua madre ha sempre aspirato in alto, ad obbiettivi agli occhi degli altri irraggiungibili, ed era per questo che tuo padre era perdutamente innamorata di lei del resto, il suo coraggio e la sua audacia lo ammaliavano>> scuote la testa mentre soffia piano sulla tazza che tiene tra le mani.

<<Quando ha iniziato a lavorare ha conosciuto Richard, il padre di Jack e successivamente Grace, tutti insieme, incluso Ken, erano inseparabili e poco dopo si è aggiunto il padre di Carl>> beve il primo sorso.

<<Sul lavoro hanno fatto di tutto insieme, erano fantastici, ed io ero sempre a loro disposizione per aiutarli>> fa un gesto con la mano.

<<Poi siete nati voi>> ci indica uno ad uno <<e le cose sono cambiate, il padre di Carl ha deciso di lasciare il lavoro così come la madre di Jack e il padre di Sophie, ma appunto non erano tutti d'accordo>> credo intenda mia madre e il padre di Jack, sono gli ultimi due a non essere stati nominati.

<<Che lavoro facevano?>> mi intrometto.

<<Oh mia cara, questa informazione proprio non posso dartela, andrebbe contro i patti che ho stretto con tua madre>> beve un'altro sorso di tè.

<<Tua madre amava quello che faceva>> continua <<e non si è tirata indietro, nemmeno quando questo significava mettere in mezzo la sua vita e un po' quella di tutti, infatti è ciò che è accaduto>> le ultime parole le dice come se gli costasse l'anima pronunciarle, come se dopo tanti anni facesse male come la prima volta.

<<I nostri genitori, sono venuti qua?>> Jack interrompere il silenzio.
<<Oh si, una settimana fa>> si riprende dallo stato di trans nella quale era finito.

<<Ma ora non sono più a Londra, vero?>> mi precede Carl.
<<Siete svegli>> osserva <<beh si, non sono più a Londra>>.

<<Cosa stanno cercando a New York?>> sbuffa una risata quando gli faccio questa domanda.

<<La verità>> la cosa?

<<La verità?>> gli faccio eco.
<<Certo, a loro è stata negata la verità come è stata negata a voi, per questo vi ho fatto venire qui, credo sia il momento che la scopriate>>.

Ci guardiamo increduli, per quanto mi sforzi continuo a non capire e più cerco nei ricordi qualcosa che potrebbe farmi ricostruire i pezzi più divago in tunnel senza fine.

<<Avete già due biglietti per New York, se ci tenete tanto gli altri ve li procureremo>> volge un'occhio ai nostri amici.

<<Se avrete bisogno>> mi allunga un biglietto azzurro pastello e sopra è scritto un numero stampato su carta.

<<Grazie>> è tutto ciò che riesco a dire.
<<Rimanete qui sta notte potete partire domani>> fa un cenno a Christen che va verso l'uscita soffermandosi per aspettarci.

A volte ho il dubbio che ciò che stiamo facendo sia sbagliato, in questo momento dovrei essere nel mio letto a prepararmi per la giornata di scuola, invece sto andando a dormire nel letto di una villa con due biglietti per l'America in cerca della verità.

Assurdo.

Non mi rendo neanche conto di essermi fermata davanti alla porta e di non essere uscita con tutti gli altri quando il signor Miller mi richiama.

<<Non ti ricordi di quando eravate bambini?>> comincia a parlare muovendosi su e giù per la stanza.

<<No, in realtà no>> mi giro verso di lui e seguo i suoi movimenti.

<<Tua madre ti portava sempre a casa di Louis, il padre di Carl, e giocavate ore insieme, Jack ti guardava da lontano, non aveva il coraggio di fare un passo verso di te, ammirava quella che per lui era tanta bellezza senza avvicinarsi per paura di rovinarla>> vaga nei suoi ricordi come un viaggio nel passato.

<<Lui rovinare me?>> faccio qualche passo verso il divano dove eravamo seduti poco prima.

<<Non è mai stato un bambino amorevole e solare, se ne stava sempre solo con se stesso, non parlava con nessuno non si faceva toccare da nessuno, ma quando tu lo abbracciavi non si muoveva di un millimetro>> ride come se l'immagine impressa nella mente fosse quasi comica.

<<Perché non me lo ricordo?>> mi siedo sul divano e rimango ad ascoltarlo.

<<Probabilmente una specie di post shock, era prima che succedesse quel che è successo ai vostri genitori, non ricordi più niente perché ti rifiuti di farlo e se ci pensi l'unica cosa che ricordi è il dolore della mancanza di tua madre, questo non ti permette di ricordare tutto il resto e poi eravate piccoli>>.

Come posso non ricordarmi tutto questo.
E Jack? Lui se lo ricorda?

<<Carl era innamorato di te e lo è tutt'ora, lui si ricorda tutto nei minimi dettagli, si vede da come ti guarda da come vi guarda quando siete insieme, tu e Jack intendo, un misto tra gelosia è malinconia>> aggiunge.

<<Non è incredible la psicologia?>> ride mentre io fissò il pavimento incredula.

Tutte le informazioni accumulate questa sera mi stanno mandando in confusione.

<<Ora credo che sia il momento che tu vada a dormire, ho detto anche troppo e poi domani sarà una lunga giornata>> mi tocca la spalla e io subito mi riprendo alzandomi.

<<Grazie mille>> gli sorrido e mi allontano a passo svelto.

Non so più cosa pensare. Si, avevo già scoperto di conoscere Jack e Carl da tempo, ma raccontato dal signor Miller così ha un'altra faccia la vicenda.

I miei tacchi sbattono sul parquet ma improvvisamente una una voce sovrasta il loro rumore.

<<Sophie>> mi giro mentre per il freddo tengo ancora le braccia incrociate intorno alla vita, ma quando incontro i suoi occhi di ghiaccio il mio corpo si ricopre di interminabili brividi.

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