<<Come procedono le cose, piccolina?>> parla mio padre attraverso il telefono.Con la consapevolezza che ho ora, che mi ha mentito per anni, non solo su ciò che fa, ma anche su mia madre, sentirlo chiamarmi mi da quasi fastidio.
<<Tutto alla grande, voi invece?>> dal nervosismo sistemo alcune cose sparse per la camera.
<<Tutto bene, ma..>> esita, ed io ho l'ansia che potrebbe aver scoperto che siamo nella stessa città.
<<Ma?>> per poco non mi trema la voce e mi attacco al mobile per sostenermi.
<<Purtroppo penso che la cosa sarà dilungata di molto ancora, forse anche un paio di settimane in più>> ha un tono molto provato e sento dall'altra parte del telefono quanto è dispiaciuto.
<<Tranquillo papà, qua ce la caviamo>> sorrido, perché in realtà ce la caviamo eccome, nel giro di una settimana sono andata a Londra e ho realizzato
il mio sogno di vedere l'America.<<Sono contento, credevo ci saresti rimasta male>> mi stendo sul letto e guardo il soffitto, tristemente, come quando ero bambina e parlavamo al telefono dopo giorni che mancava da casa.
<<Non ti preoccupare papà, ti aspetterò>> dico con un tono di malinconia.
Per quanto sia arrabbiata con lui in questo momento, rimane l'uomo che ha fatto di tutto per me e perché crescessi quella che sono ora, che dopo che lei se ne è andata ha comunque messo tutto se stesso perché crescessi forte e coraggiosa come lei.
<<Devo scappare, sei la mia bambina, ti voglio bene>> dice prima di riattaccare il telefono.
Guardo il nulla per qualche secondo e poi decido di distrarmi dai pensieri magari con un buon drink.
Metto la giacca e mi affretto a scendere le scale dell'hotel per andare al bar di David.
Sono ormai le nove di sera e il freddo mi fa rabbrividire immediatamente.
Con le mani in tasca, stretta al mio cappotto, raggiungo la porta del bar ed entro.
<<Ciao Sophie!>> proprio colui che cercavo per scambiarci qualche parola mi saluta dal bancone.
<<Posso?>> noto che i clienti sono pochi e se ne stanno andando quindi domando se posso accomodarmi.
<<Si certo, tanto siamo nell'orario di chiusura, mi fai un po' compagnia>> mi indica il posto di fronte a lui.
Gli sorrido e mi siedo su uno degli sgabelli alti.
<<Va tutto bene?>> corruga la fronte osservandomi bene, mentre pulisce dei bicchieri bagnati.
<<Si, sono solo un po' soprappensiero>> mi massaggio la testa per alleviare il dolore che si sta facendo strada in me.
<<Che ne dici di un bicchierino e ne parliamo?>> mi sorride ed io non posso fare altro che accettare.
<<Dovevi dirmelo prima che la tua vita è sempre stata così entusiasmante>> ridiamo insieme dopo che gli ho raccontato l'ennesimo episodio dei miei tristi anni delle elementari.
<<Già, chissà perché non ne parlo spesso>> mi lascio sfuggire una debole risatina mentre bevo il
terzo bicchiere delle serata.<<Fa un caldo allucinante, vero?>> si sbottona due bottoni della camicia lasciando intravedere il petto tonico.
<<Già>> dev'essere l'effetto dell'alcol ma anche io sto cominciando a sentire parecchio caldo e mi sfilo il maglione che indosso.
<<Ora che sei più spensierata, ti va di parlarmi di cosa ti stressa?>> si serve altro rum nel bicchiere per poi allungarmi la bottiglia.
<<Beh, sempre quel progetto di scuola>> butto lì, per quanto l'alcool stia iniziando a scorrere nel mio corpo non arriverò al punto di parlare della nostra
""missione"".<<Posso aiutarti in qualche modo?>> finisce il suo terzo bicchiere e si sistema i capelli all'indietro.
David non è brutto, anzi, non è niente male, ma in testa ho solo un moretto scorbutico dagli occhi azzurri che a volte mi tratta come se valessi meno di zero e a volte come se fossi un diamante prezioso.
Che casino.
Dal suo sguardo interrogativo capisco che sta aspettando una risposta e mi devo inventare qualcosa al più presto.
<<Visto che sei di qui, sai niente di un caso di circa tredici anni fa mai risolto, agenti segreti...non so neanche di cosa sto parlando scusa>> mando giù in un'unico sorso il rum rimasto nel bicchiere e sento la terra mancarmi sotto ai piedi.
<<Sai che mi è familiare però>> borbotta qualcosa prima di andare dietro al bancone e mettersi a cercare qualcosa sul computer.
<<Ah si?>> mi alzo di scatto e per un momento temo davvero di cadere per terra.
<<Ecco si infatti, è stato un caso famoso per diverso tempo, l'articolo che ne parla è uscito sul giornale tredici anni fa ed è stato poi eliminato dall'agenzia segreta che se ne occupava in quanto materiale protetto>> mi avvicino subito a lui e cerco di leggere l'articolo sottostante.
Assegnato ad agenti speciali della SIS il caso McViner è ancora incompiuto in quanto gli agenti che se ne dovevano occupare sono scomparsi in circostanze misteriose, alla luce di questo fatto sconvolgente la paura che questa temuta mafia possa allargarsi sempre di più, arricchirsi e minacciare tutta New York, è ormai alle stelle.
Mafia.
<<Sophie sei sbiancata, ti senti bene?>> mi prende un braccio delicatamente e mi conduce verso una sedia.
<<Si, solo puoi mandarmi quel link?>> mi sta scoppiando la testa e sono costretta a sedermi.
<<Si lo farò, ora però calmati un'attimo, poi mi spieghi anche>> raggiunge il bancone e comincia a versarmi dell'acqua di rubinetto in un bicchiere.
Poi improvvisamente la porta si spalanca di botto facendo entrare un venti gelido che mi fa rabbrividire fino al midollo.
Oh no.

STAI LEGGENDO
Amore e odio
Chick-LitSophie ha avuto un'infanzia memorabile nella grande città di Manchester finché alla tenera età di cinque anni non ha perso sua madre in un incidente stradale. Suo padre ha sempre lavorato molto e rimanendo per lo più sola, dalla solare bambina che...