3.

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Parlare al cellulare e scambiarmi messaggi con quello che fino a dieci giorni fa era uno sconosciuto bidonato dalla sua amica la notte di Capodanno è diventata la mia routine. Ricevo giornalmente suoi selfie in cui imballa scatoloni e mangia Scones. Se mia madre vedesse queste fotografie probabilmente impazzirebbe. E no, non perché il soggetto si trova senza maglietta – credetemi, non c'è proprio nulla per cui possa lamentarmi osservando quegli addominali definiti al punto giusto – ma perché mangia i dolcetti che mia madre ama più dei suoi figli. È difficile convivere con il pensiero che io e i miei fratelli ci troviamo un gradino sotto un dolcetto ma ho assaggiato quelle piccole meraviglie e sono deliziose. Dunque, non posso biasimare mamma per averci scacciato dal primo posto sul podio della sua vita.
Afferro gli occhiali e li sistemo in borsa quando apro la porta del Velia's. Avery Miller ha il capo chino sul suo cellulare ma non appena sente il suono della campanella lo alza. Esamina il mio outfit, come se volesse accettarsi che sia proprio io quella che le sta davanti. Già, immaginavo non si sarebbe aspettata una mia visita, soprattutto sul luogo di lavoro.
«Ehi» mi saluta rivolgendomi un sorriso imbarazzato. Non deve essere semplice trovarsi nella sua posizione ma sono qui proprio per mettere le cose in chiaro così da iniziare finalmente una conoscenza vera e propria con la ragazza del mio migliore amico. Immagino che per lei non debba essere stato semplice trovarmi vicino a Devon le volte in cui ci ha beccati insieme. Ammetto che quando me la sono ritrovata sulla soglia di casa del moro il mio cuore ha iniziato a battere frenetico. Era una situazione abbastanza fraintendibile ma io rubo sempre alcune delle sue felpe perché sono comode. In realtà, lo faccio un po' con chiunque nella famiglia. Ho giacche, felpe e camicie appartenenti a cugini e zii che non ho mai restituito indietro – e la cosa rimarrà così fino alla fine della mia vita. Amo lo stile, ma anche la comodità.
«Ciao, Avery. Hai un minuto?» mi avvicino.
«Certo. Vivienne torna fra poco» mi informa. Deve aver pensato che sono qui per zia.
Poso la borsa sul bancone annuendo. «Sì, aspetto mamma qui. Lucas è con papà al Red Moon e Luna è rimasta a casa a finire di preparare il borsone» spiego.
«Quindi ci rivediamo il prossimo fine settimana?» chiede. «Vieni di là, preparo due caffè» si volta in direzione dello studio.
«Sì» rispondo seguendola. «Questa settimana sarà piena di lavoro per i miei. In più, sono alla ricerca di qualche lavoretto.»
Avery mi rivolge un'occhiata prima di tornare sulla macchinetta del caffè. «Hai una laurea in arte, no? Hai seguito le orme di tua madre» le cedo la tazza.
«Hm-hm, restauro. Grazie» sorrido, contenta che se lo ricordi. «Solo che non è semplicissimo trovare lavoro a Boston, soprattutto se non hai esperienza. Ho già mandato qualche curriculum e attendo risposta da qualsiasi posto decida di prendermi.»
«Boston? Non rimani a New York? E a cosa miri di preciso?» chiede, curiosità nel suo tono. Come già detto: non c'è mai stato modo di approfondire la nostra conoscenza e sono lieta che finalmente si sia presentata l'occasione. Anche se non è il motivo principale del nostro incontro sono felice di questa piccola chiacchierata.
«Mi piacerebbe fare la restauratrice, avere uno studio mio. Ma non è semplice, quindi attendo un qualunque impiego.»
«Beh, sarebbe comunque una buona gavetta, questo è certo» prende un sorso di caffè.
«Sì, è proprio per questo che ho presentato i curriculum. Spero di avere risposta al più presto. Per quanto riguarda Boston, beh, la verità è che non mi piace vivere ancora con i miei genitori» sospiro. «In più, stanno già pensando di trasferirsi qui una volta che Lucas avrà finito le superiori. Starò nella dependance di Vivienne fino a quando non troverò qualcosa.»
Avery mi sorride lievemente. «Ce la farai. Sei una Sullivan. Quando ti trasferisci?»
Ricambio il suo sorriso. «Non appena avrò raccattato tutte le mie cose da casa, perciò penso entro due settimane.»
Un piacevole silenzio si espande per la stanza capendo che è arrivato il momento di mettere in chiaro tutto il resto, ma con mia grande sorpresa è proprio Avery a prendere parola. Credo stessimo pensando la stessa cosa.
«Ascolta, volevo scusarmi con te per essere stata molto scostante» ammette. «Prima trascorrevi molto più tempo a New York a causa dell'università e non c'era mai stato modo di conoscerci, poi hai iniziato ad essere più presente e questo nello stesso periodo in cui ho fatto la conoscenza di Devon. Io... stavo cercando di fare il possibile per distaccarmi dai sentimenti che iniziavo a provare per lui ma ogni volta che vi vedevo insieme era un colpo al cuore» si ferma per alcuni secondi. «Non ce l'avevo con te per qualcosa in particolare, niente del genere, è solo che vedevo la vostra vicinanza così giusta visto che vi conoscete da sempre, mentre la nostra... era solo di natura sessuale. Mi dispiace di non averti dato una possibilità in partenza e di essermi sempre tenuta distante. Credo sul serio che tu sia una bella persona, Aurora.»
Rimango abbastanza stupita dalle sue parole, tanto da restare in silenzio per un po'. Poi mi riscuoto. «Innanzitutto, sappi che anche io ti reputo una ragazza fantastica. Sei solare, divertente, una ventata d'aria fresca e sei fatta apposta per stare con uno come Devon. Vi completate. Lo vedo più tranquillo, sai? Certo, la strada per la serenità è ancora lunga ma confido in te. Purtroppo... non è stato facile digerire quello che è successo tre anni fa e credimi quando ti dico che ancora oggi, delle volte, mi aspetto di vederlo spuntare in casa» involontariamente la mia voce si incrina. «Ma non succederà. La vita va avanti, no? Bisogna accettarla e... sì» accenno un sorriso forzatissimo. Penso che Avery abbia capito che ci sia altro dietro le mie parole, eppure, non fa domande. Questo me la fa apprezzare ancora di più, sapevo di non sbagliarmi su di lei.
«Comunque» mi riprendo. «Per me è acqua passata. Devon è praticamente mio fratello, avere una storia con lui sarebbe come praticare l'incesto. Ew» rabbrividisco facendola ridacchiare. Io però non scherzo. È terrificante solo il pensiero, figuriamoci la realtà. «Allora, ci prendiamo una cioccolata appena ritorno? Ti racconto un po' di storie imbarazzanti sul tuo ragazzo.»
Un sorriso raggiante le riempie il volto. «Assolutamente! E vedrò di organizzare un fine settimana libero con Devon per poter venire a New York. Non sono mai stata al MoMA.»
«Te lo consiglio, è stupendo. Ti farei da guida ma ci sono stata così tante volte da averne la nausea» ridacchio.
«No, lo capisco. Beh, a questo punto non mi resta che dirti solo una cosa: benvenuta a Boston!» esclama suscitando un'altra risata da parte mia.
«Avery?»
Sentiamo la voce di zia Vivienne e così usciamo dallo studio. Insieme a lei c'è mamma, bella come sempre. «Andiamo, tesoro?» mi guarda.
«Certo!» afferro la borsa e seguo mamma fuori dal negozio dopo aver salutato Avery e zia Vivi. Tre ore di auto sono una tortura ma Lucas è fantastico con le imitazioni, lo costringerò a intrattenerci.

𝐀𝐔𝐑𝐎𝐑𝐀 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐋𝐞𝐠𝐚𝐜𝐲 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟐]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora