31.

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L'odore di caffè mi riempie le narici nel preciso istante in cui metto piede fuori dal letto. Abbasso lo sguardo sul corpo nudo e mi guardo intorno scostando i capelli arruffati dal viso. Individuo l'armadio e apro le ante, recupero un paio di boxer e una camicia bianca. Pettino i capelli con le mani, cercando di renderli poco più presentabili e mi avvio di sotto. Muoio di fame. Flash della notte trascorsa a rotolarmi nel letto di un certo inglese mi balenano in mente, facendomi arrossire. Ho gridato davvero così tanto? Caspita.
In cucina trovo Harry ai fornelli, ha appena spento la fiamma quando si gira e mi sorride. «Buongiorno.»
«Buongiorno» sbadiglio.
«Caffè? L'ho fatto da poco, è ancora caldo» indica le tazze sul tavolo.
«Ti prego, ne ho bisogno» annuisco sedendomi sullo sgabello.
Harry versa del caffè nella mia tazza. «Vorrei dirti di fare con comodo ma sono le nove e mezza e abbiamo appuntamento per la prima sala tra mezz'ora. E oh, quasi dimenticavo, mio padre ha chiamato poco fa. Indovina?» sorride.
«Abbiamo il permesso?» lo guardo speranzosa, ignorando la prima parte della frase.
«Sì», annuisce soddisfatto.
«Che bello!» esclamo entusiasta. «Il gazebo si abbina pure alle bomboniere, ora che ci penso. È un segno del destino.»
«Dopo puoi chiamare in copisteria e dare il via alla stampa. Prima è, meglio è» afferma prima di prendere un sorso di caffè.
«No, lo faccio subito. Devo solo scrivere loro un messaggio» afferro il cellulare. Harry deve averlo portato qui stamattina visto che ieri sera ricordo di averlo lasciato sul divano.
«Tesoro» mi richiama. «A Boston sono le quattro e mezza del mattino» mi ricorda. «Puoi chiamare o scrivere verso l'ora di pranzo e nel frattempo possiamo già dirlo a zia, almeno spargerà la voce e si prepareranno.»
«Scordo sempre il fuso» sbuffo.
«Mangia e poi fila a prepararti, abbiamo un sacco di cose da fare oggi» avvicina la pila di pancakes.
«Ottima idea.»
Una volta conclusa la colazione, aver fatto una doccia veloce ed essermi preparata, sfreccio in direzione della porta, me la chiudo alle spalle e raggiungo Harry alla sua macchina. O meglio, l'auto di suo padre. A quanto pare, il dottor Ford è un amante delle auto visto che ne possiede tre e si trova in fase di negoziazione per una quarta. Suppongo che ognuno abbia le proprie fissazioni. Mia madre è ossessionata dagli Scones e non fa altro che ricordarmi di portargliene una valanga, papà da Taylor Swift. Io di sicuro sono l'ultima persona a poter giudicare il signor Ford.
«Pronta?» domanda mettendo in moto.
«Sì. Dove andiamo per primo?» domando sistemandomi gli occhiali da sole sul naso.
«A Soho, c'è un hotel che organizza eventi. Dopo passiamo al The Savoy, poi da zia e infine c'è un'altra sala nei pressi di Westminster, non mi ricordo di preciso il nome. Ti va bene?»
«Certo» sorrido.
Mi godo il tragitto fino al quartiere di Soho ma sono onesta, sono troppo concentrata su quello che è successo stanotte per guardarmi intorno. Sento ancora le sue mani addosso, che mi stringono e massaggiano e-
«Rora?»
«Eh? Che c'è?» sbatto le palpebre.
«Tutto bene?» mi guarda confuso Harry.
«Sì, scusa, sono ancora un po' assonnata. Siamo arrivati?» domando cercando di cambiare discorso.
«Sì. Questo è il Denver Hotel, è una catena molto rinomata. Soprattutto da quando hanno cambiato gestione» spiega uscendo dalla macchina.
Denver.
Perché mi è così famigliare?
Faccio spallucce e lo seguo fino all'entrata, un portiere ci sorride aprendo la porta. Entriamo, mormorando sorpresi quando l'ambiente elegante e lussuoso ci circonda. Poco distante da noi c'è la reception, dunque, ci avviciniamo.
«Benvenuti al Denver Hotel di Londra, posso aiutarvi?» sorride la donna.
Denver...
Oh, merda.
Oh, merda.
Ho capito benissimo dove ci troviamo!
Ecco perché il cognome mi era famigliare!
«Scusi, il proprietario era per caso un certo Patrick Denver di Boston?» chiedo.
La donna si muove a disagio sulla poltrona, ma conferma. «Sì, ma adesso c'è una nuova gestione. Come posso aiutarvi?» ripete forzando un sorriso.
«La ringraziamo tanto, davvero tanto, ma abbiamo... una cosa urgente da fare» biascico trascinando via un Harry più che confuso dalla mia reazione.
«Aurora? Ma che ti è preso?» domanda.
«Conosco l'ex proprietario, o meglio, lo conosceva zia Vivienne e non esiste che il mio ricevimento lo festeggi in uno dei suoi hotel» spiego.
«Okay, puoi essere più precisa? Perché sono davvero frastornato al momento» dice mentre entriamo in macchina.
«Anni fa zia Vivienne è fuggita da un matrimonio combinato dai suoi genitori con questo tipo, Patrick Denver. Lui era un incrocio tra un deficiente e uno stronzo. L'ha persino rapita mentre era incinta» scuoto il capo.
«Cosa?!» sbarra gli occhi Harry.
«Zia lo ha portato allo sfinimento, lui ha ceduto e l'ha riportata a casa. Comunque, poi ha avuto quello che si meritava ed è ciò che conta.»
«Non posso crederci, è una storia... bizzarra» mormora Harry avviando il motore.
«Lo so. Andiamo al The Savoy? Magari ci prendiamo un caffè prima visto che abbiamo venti minuti di anticipo.»
«Sì, un caffè è quello che ci vuole. Sono basito, non posso credere che ci sia gente così fuori di testa da rapire una donna incinta» scuote il capo il biondo.
«Non lo sapeva, però zia Vivi ha detto che dopo averglielo rivelato lui ha iniziato a pensare a come avrebbe potuto dire alla gente che era suo. Ti rendi conto?» sbuffo, lo sguardo schifato al solo pensiero di quel verme.
«Assurdo» commenta.
Dopo esserci fermati poco distante dall'hotel, ci rechiamo in un bar per un caffè al volo. Intorno alle dieci e venticinque torniamo in hotel. Harry ne ha parlato molto bene e a quanto pare il The Savoy si occupa di tutto il ricevimento, dunque, potrebbe essere questo il posto fortunato.
Un uomo ci accoglie subito, Harry lo informa del nostro appuntamento e l'attimo dopo ci sta portando nella sala Regency. Sono intrigata dal nome.
«In base ai dettagli che ci ha raccontato e la recente aggiunta del luogo della celebrazione abbiamo ritenuto più opportuna questa sala. Crediamo che rispecchi al meglio il vostro matrimonio» spiega l'uomo aprendo due pesanti porte di legno massiccio, si tratta di noce bianco.
«Porca miseria» mi lascio sfuggire.
L'uomo rilascia una piccola risata e ci fa accomodare. «Come potete notare, il bianco è il colore dominante ma nel caso desideriate cambiare qualcosa non è assolutamente un problema. I centri-tavola sono composti da gigli e orchidee, due piante molto semplici ma eleganti. È possibile anche prenotare il dj, se lo desiderate o musica dal vivo.»
«Avremo un dj» risponde Harry stringendo la mia mano.
Io sorrido distratta, troppo presa dalla meraviglia che mi circonda.
«La sala può ospitare fino a 250 ospiti. Potrebbe sembrare piccola all'impatto, ma più starete dentro, più vi accorgerete che è parecchio ampia» sorride.
«Amore?»
L'abito delle ragazze si intonerebbe alla perfezione e il mio... che colori magnifici. Immagino già la mia famiglia scorrazzare per i tavoli, mentre ridono e si divertono.
Harry stringe la mia mano. «Rora? Ci sei?»
«Oh, scusate» arrossisco. «Stavo solo pensando che è una sala fantastica e che gli abiti delle damigelle si abbinerebbero alla grande.»
«Quindi ti piace?» chiede conferma il mio fidanzato.
«Moltissimo. Penso che questa sia quella giusta» mordicchio il labbro inferiore trattenendo un sorriso da psicopatica.
Harry annuisce sorridente, soddisfatto della mia risposta. «Abbiamo ancora una sala da vedere, perciò, le faremo sapere con certezza entro le quattro. Può andare?»
«Certo, signore. Non c'è problema» annuisce l'uomo mentre ci dirigiamo verso l'uscita.
«Perfetto. Allora, buona giornata.»
«Arrivederci, è stato un piacere» stringo la mano dell'uomo.
«Altrettanto» sorride cordiale.
Tornata in auto lancio un urletto, Harry mi osserva perplesso, poi scoppia a ridere. «Ti è piaciuta eh?»
«Piaciuta? È magnifica, Harry. Ha tutto quello che serve, c'è persino lo spazio per l'open bar!»
«Bene, vorrà dire che la prenderemo se la prossima sala non ti piacerà» ridacchia.
«No, no, vorrei che fosse questa. Non voglio vedere altro e rischiare di confondermi. Questa mi piace moltissimo, Harry» dico, guardandolo con espressione sognante.
Harry ricambia l'occhiata, poi apre lo sportello dell'auto. «Resta qui.»
«Ma dove-»
Chiude lo sportello, non lasciandomi il tempo di finire la frase. Ritorna poco dopo, un foglietto in mano e un sorriso sul volto.
«Allora?» domando.
«La sala è nostra» risponde.
«Cosa?!» strillo.
«Ti è piaciuta, no? Anche io l'ho trovata molto bella ed elegante. È perfetta. Perciò, era inutile aspettare» fa spallucce, come se niente fosse.
«Harry... grazie» mi avvicino e gli pianto un dolce bacio sulla guancia. «Mamma piangerà come una scema quando le farò vedere le foto della sala» ridacchio.
«Chiamami, non voglio perdermi uno show del genere» sghignazza.
«Sarà fatto. Adesso dove andiamo?»
«Andiamo da zia Susan, a scegliere cosa mangeremo al nostro matrimonio» mi informa.
Zia Susan.
Bene, sono pronta!

 Bene, sono pronta!

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𝐀𝐔𝐑𝐎𝐑𝐀 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐋𝐞𝐠𝐚𝐜𝐲 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟐]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora