14.

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Le sensazioni che provo al momento sono... ambigue. Voglio dire, non era assolutamente nei miei piani stare seduta sulla tavoletta del water mentre non presto la minima attenzione al cellulare e ascolto blaterare Harry Ford, nudo, nella doccia che condivido con mia sorella minore. Non ho azzardato mezza occhiata nella sua direzione; nonostante la curiosità – impossibile da placare – non lo farei mai. Sarebbe irrispettoso. Nei confronti di entrambi.
Mentre mi racconta della volta in cui è quasi caduto da un cavallo in corsa io non posso far a meno di pensare alla felicità che ho sentito poco fa. Ero talmente sconvolta dalla notizia di andare nel posto che desidero visitare da sempre che non mi sono fermata a pensare. E... sebbene mi senta un po' in colpa, è stato bello. È stato davvero rigenerante non pensare e lasciarmi trascinare dalle sensazioni del momento. Cerco sempre con tutta me stessa di distrarmi, di concentrarmi sulla vita che conduco ma non riesco tutte le volte. In realtà, trascorso forse più della metà del mio tempo a sentirmi in colpa, a soffrire la sua mancanza. Se solo... se solo potessi parlare con Devon, forse le cose andrebbero diversamente, forse non mi sentirei così male al pensiero di essere serena almeno per un attimo nella mia dannata vita. Il fatto è che continuo a ripetere di essere andata avanti, e per certi versi è così – soprattutto grazie alla psicologa – ma per altri non lo è affatto. Sono confinata al ventotto agosto, nell'agonia che ci ha travolta come un'onda anomala, spazzando via tutto quello che amavo. L'unica fortuna è stata non perdere anche Devon. Se fosse accaduto... Dio, non voglio pensare a cosa avrei fatto, a come avrei reagito.
«Rora! Mi ascolti?!» sbuffa Harry.
«Scusa, che dicevi?» blocco il cellulare e mi concentro sul suo. IPhone ultimo modello, nero, pellicola in vetro sullo schermo ma niente cover. È impazzito per caso? Santo cielo.
«Niente di importante» borbotta.
«Perché non hai la cover sul cellulare? Vuoi per caso distruggerlo?» indago continuando a rigirarmelo tra le mani.
«Mi danno fastidio e poi nascondono l'estetica del cellulare» spiega.
«Ci sono quelle trasparenti» gli ricordo. Il suono dell'acqua si interrompe, ciò vuol dire che ha finito.
«Mi danno fastidio» ripete, adesso più vicino.
Deve essere appena uscito. Sto per rispondere che è un idiota quando il suo cellulare squilla e il nome Cavernicola con la foto di Avery lampeggia sullo schermo. «Avery ti chiama» dico.
«No, non-»
Troppo tardi: ho già premuto sullo schermo la piccola cornetta verde. L'attimo seguente la voce della nostra amica inonda il bagno. «Finalmente rispondi, razza di cretino!» strilla.
«Ecco perché non lo facevo» dice fissandomi con sguardo truce.
«Oh, non hai idea di cosa ti aspetterà appena tornerai a Boston e ti metterò le mani addosso, tu... non ne hai idea!»
Sgrano gli occhi, intimorita ma allo stesso tempo divertita dalle urla della mora.
«Piantala di urlare, sembri una cornacchia» sbuffa Harry avvicinandosi allo specchio.
L'accappatoio bianco gli avvolge il fisico in maniera impeccabile. Riesco persino a scorgere la curva del suo... no. No. Devo davvero piantarla di pensare certe cose.
«Ehi, sei già in una situazione precaria, vedi di non peggiorare le cose» sibila la voce dura di Devon.
«Disse, l'eterno indeciso» Harry non si limita a una frecciatina, scocca l'intero arco.
«Non si parla di me, razza di impertinente» ribatte il mio migliore amico.
«Posso sapere cosa succede?» intervengo, stufa di ascoltare i loro battibecchi.
«Sei in vivavoce? Ciao, Aurora!» esclama Avery.
«Cia, Ry. Dev. Allora, perché siete così accaniti contro il mio fidanzato?» domando.
«Tu non hai un fidanzato» ringhia Devon. «Non ce l'hai, Aurora Sullivan!» alza la voce.
Guardo Harry e sospiro, poi mimo con le labbra: 'fratello maggiore'. I ricci del biondo ricadono in piccole, morbide onde sul suo viso, incorniciando due smeraldi che, a causa della luce, sembrano ancora più intensi.
«Sapete cosa? Vi richiamo. Buon proseguimento di serata» dice Harry prima di attaccare.
Non dà loro nemmeno il tempo di ribattere e mi sta bene. Abbiamo bisogno di parlare di questa cosa e a quanto pare il momento è proprio questo. «Credo che dovremmo dir loro della farsa» bisbiglio. Non si sa mai, magari Luna potrebbe essere in camera.
«Lo pensi davvero?» domanda Harry sorpreso.
«Sì» annuisco. «Credo sia meglio avere un aiuto in più nel caso le cose dovessero non andare per il verso giusto. E poi Devon e Avery ci beccherebbero subito a mentire se ci guardassero negli occhi.»
«Non lo so» si passa una mano sul cappuccio che gli copre gran parte della testa. «Mi piaceva l'idea di avere qualcosa di nostro. Non voglio essere pressato da loro su come devo comportarmi con te e cose del genere. E se si facessero scappare qualche battuta? Se per sbaglio dicessero qualcosa che ci esporrebbe? È rischioso, Ro» sospira poggiando il fondoschiena sul ripiano in marmo.
Nemmeno lui ha tutti i torti. Davo per scontato che non avrebbero mai fatto una cosa del genere ma anche se dovesse accadere involontariamente... beh, sarebbe comunque un problema di proporzioni epiche. «Potremmo... forse potremmo confermare che non si tratta di un vero matrimonio e basta? Dir loro che non devono impicciarsi?»
«Tanto vale non dire niente allora» fa spallucce.
E anche questo è vero. «Allora che facciamo, non diciamo niente? Te la senti di mentire ad Avery?»
«Stiamo soltanto tenendo per noi un nostro accordo, Rora. Siamo abbastanza grandi per tenerci private le nostre faccende più personali, no? Se poi tu vuoi dirglielo, va bene, non posso obbligarti, ma non mi troveresti d'accordo, tutto qui.»
«No, no, voglio che siamo entrambi sulla stessa onda. Non te la senti, preferisci così. Quindi, va bene anche a me.»
Harry mi guarda dritto negli occhi e afferra una mia mano. Il mio cuore palpita, ma mi dico che si tratta del momento. Gli amici si prendono spesso per mano, è un segno di conforto, di presenza.
«Non voglio farti sentire a disagio, Ro, ma credo davvero che sarebbe meglio tenere per noi questa cosa. Magari dopo il matrimonio potremmo parlarne, di sicuro non potranno rovinarlo. Che ne dici come compromesso?»
L'idea che abbia cercato un modo per venirmi incontro mi scalda il cuore, lo ammetto. Non mi sta imponendo il suo pensiero senza voler sentire altro, anzi, si sta preoccupando di non farmi restare male. Annuisco e ricambio la sua stretta. «Va bene.»
«Perfetto. Adesso fila sotto la doccia, ho ancora un paio di domande da fare sul papà adorato. Stasera lo corteggerò come fosse lui il mio sposo» afferma con determinazione.
Ed ecco che il dolce momento viene spazzato via dalla mia risata. Non posso credere che abbia detto una cosa del genere. Oddio. Continuo a ridere e poggio una mano sul petto. «Sul serio, devi smetterla di farmi ridere come un'ossessa. E ti prego, non rivolgerti mai più a mio padre come tuo sposo» mi asciugo una lacrima.
Harry alza gli occhi al cielo e poi abbassa il cappuccio dell'accappatoio facendolo ricadere sulle spalle. «Dai, Rora, era per farti capire meglio. Devo lavorarmelo per bene, non voglio rischiare di essere accoltellato con il coltello da prima portata il giorno del matrimonio» bofonchia.
«Girati» singhiozzo tra le risate. «E non dire nemmeno che devi lavorartelo!» esclamo liberandomi della maglietta. Siamo due amici, non c'è niente di male se mi fa compagnia mentre mi lavo, giusto? Non è... strano. No. Metto da parte il pensiero ed entro in doccia con l'intimo. Le vetrate sono patinate, perciò, si intravede solo il colore della pelle, la parte inferiore – dove il vetro è trasparente – fa scorgere solo i piedi.
«L'operazione incantiamo il suocero è ufficialmente iniziata» annuisce convinto.
Tolgo gli slip e il reggiseno e faccio partire l'acqua mentre sbircio Harry. Ha il capo chino sul cellulare mentre parla.
«Attento che il suocero non ci becchi qui dentro insieme, piuttosto» non posso far a meno di punzecchiarlo.
«Nah, siamo a posto. E poi stiamo per sposarci, penso che ci sia arrivato da solo al fatto che non ci guardiamo solo negli occhi quando siamo insieme» dice prima di chinarsi e iniziare ad asciugare le gambe toniche.
«Povero papà» schiarisco la voce per evitare di pensare alle cose che ha appena detto. Non mi era passato nemmeno per l'anticamera del cervello di arrivare a quello con lui, ma adesso... no. Devo seriamente smetterla e- «Ahia!» sibilo contro la bottiglia del bagnoschiuma sistemata sul ripiano rientrato.
«Sei così imbranata» ride Harry.
Gli faccio il verso perché sono una donna molto matura e torno a lavarmi.
«Mi cambio in camera, cerca di non squartarti con lo shampoo» mi deride lo stronzo.

𝐀𝐔𝐑𝐎𝐑𝐀 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐋𝐞𝐠𝐚𝐜𝐲 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟐]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora