9.

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Leonard Ford non è affatto come lo ricordavo. In effetti, dopo aver scoperto la sua identità e l'intricata connessione tra Harry e Avery, ho continuato a non ricordarlo bene. Ho un'immagine sfocata di quella notte, pensavo solo a Grace e alla speranza che stesse bene. Non voglio ripensarci; adesso Grace sta bene ed è tutto quello che conta. Tornando a quei due, però... la cosa è parecchio interessante. Harry ha menzionato un paio di volte la sua amica, chiamandola cavernicola delle volte, ma non ha mai utilizzato il suo vero nome. Ora che ci penso, quadra tutto: Oxford, l'ospedale, il pensiero comune di non voler diventare un medico e la notte di Capodanno. Quella sera Avery ha lasciato Harry per andare a parlare con Devon, io devo essere arrivata qualche minuto dopo e per questo non l'ho incrociata all'uscita. È assurdo quanto ampio sia il mondo e allo stesso tempo risulti minuscolo.
Non ho ancora avuto modo di parlare meglio di questa storia con Harry e Avery, lui è stato impegnato con qualcosa che non mi è chiaro e questa è la prima serata che ci rivediamo dopo due giorni di sole chiamate. Nel pomeriggio mi ha scritto che suo padre si era finalmente liberato e che se avessi dato la mia disponibilità avrebbe prenotato per cena, così ho accettato e mi sono dedicata alla scelta di qualcosa da indossare.
Tre ore dopo Harry, bello come il sole, si è presentato alla mia porta. Mi ha accompagnato alla macchina e durante il tragitto verso il ristorante abbiamo parlato del più e del meno. Arrivati, è stato semplice trovare suo padre: con un completo costosissimo, un rolex in piena vista e uno sguardo austero piantato su di noi quello non poteva che essere Leonard Ford.
A fine cena, quando Harry mi riaccompagnerà a casa, ho intenzione di parlargli della mia idea, ovvero mettere al corrente i nostri migliori amici sulla vera situazione in cui ci troviamo. Miro ad avere più supporto possibile e poi Avery e Devon non sono due fessi, ci beccherebbero all'istante se sospettassero solo una minima cosa. Non che questo faccia della mia famiglia un branco di stupidi, assolutamente, è solo che loro sono molto più vicino a noi e sarebbe più semplice farsi beccare.
«Allora» prende parola Leonard, scoppiando la bolla dei miei pensieri. «Come ti tratta il mio ragazzo?»
Sorrido, poggiando una mano su quella di Harry. «Molto bene.»
«Ne sono lieto. E mi scuso ancora una volta per aver rimandato così tante volte ma in ospedale non si finisce mai e a quanto pare qui sono sempre a corto di staff» scuote il capo infastidito.
«Non c'è problema, davvero.»
«Harry mi ha dato la lieta notizia il giorno dopo che ti ha chiesto la mano ma non so bene i dettagli, volevo parlarne di persona» sorride, eppure c'è calcolo nei suoi occhi, come se volesse studiare con attenzione le mie parole.
«Da quando ti interessano i dettagli?» Harry solleva un sopracciglio prima di portare alle labbra un sorso di vino. Al momento stiamo gustando degli antipasti vari, ci sono un sacco di formaggi, salumi e salse a me sconosciute. Oh, c'è persino il caviale. Non l'avevo mai visto dal vivo.
«Da quando il mio unico figlio mi ha rallegrato la giornata con la notizia di essersi trovato una ragazza. Sei sempre stato un libertino, Harry, perdonami se la cosa mi ha colto alla sprovvista e adesso sono curioso» ribatte il padre.
«Non c'è problema» intervengo lanciando uno sguardo a entrambi. «Ci siamo conosciuto la notte di Capodanno. Sono stata bidonata dal ragazzo con cui avevo un appuntamento e lo stesso è capitato a Harry. Lui mi ha notata e mi ha chiesto di unirmi al suo tavolo. Abbiamo parlato parecchio e ci siamo scambiati i numeri per poter restare in contatto» racconto.
«Non pensavo che mi avrebbe risposto, e invece...» mi guarda il biondino.
«Perché mai? Non me lo avevi detto» mi fingo sorpresa e curiosa.
«Rora, sei la ragazza più bella su cui io abbia mai posato gli occhi. Pensavo che avessi una sfilza di pretendenti alla porta e che non ti saresti ricordata di me» sospira, giocando con le mie dita.
Caspita, se non sapessi che è tutta finzione penserei davvero che gli interesso.
«Mi riempie sempre di complimenti. Ha sempre fatto così?» ridacchio rivolgendo l'attenzione al padre.
«Sempre. Sua madre lo chiamava ammaliatore» accenna un sorriso nostalgico. «Nato da nemmeno una settimana e le infermiere lo osannavano perché non avevano mai visto un bambino così bello appena partorito» stavolta sbuffa una risata.
Harry fa lo stesso. «Che vuoi farci, è un talento.»
«Spaccone» lo punzecchio.
«Dea» ribatte con un sorrisetto furbo.
Scuoto il capo e torno a guardare Leonard. «Mi racconti un po' di lei. Come si trova qui a Boston? Immagino che debba essere stato un po' complicato all'inizio abituarsi al fuso orario.»
E così, con una sola frase mi ritrovo ad ascoltare per la successiva ora e mezza dell'esperienza lavorativa di Leonard Ford tra l'Inghilterra e l'America, interrompendo il discorso ogni tanto per domandarmi della mia famiglia. Mi informa anche che pensa di tornarsene a casa a breve visto che gli manca il suo staff e il tè inglese.
«Ma adesso basta parlare di me. Siamo giunti al dolce e vorrei avere qualche dettaglio in più sul matrimonio. Dove avete deciso di celebrarlo?» domanda.
Gongolerà alla risposta del figlio. «A Londra. Voglio rendere mamma partecipe.»
«A te sta bene? Hai detto che la tua famiglia si divide tra New York e Boston.»
Vuole mettermi alla prova, vedere come reagirò. «Si sono tutti dimostrati comprensivi e poi non mi dispiace un matrimonio fuori porta. Mio zio è nativo inglese, torna spesso a Londra per far visita ai genitori insieme a moglie e figli. Ho sentito grandi cose sulla capitale» gesticolo un po'. «Anche mia madre ha lavorato lì come gallerista alla Saatchi per quasi un anno, dunque, non sono estranea all'ambiente anche se non sono mai stata» spiego prima di portare il calice alle labbra.
«Scusa la domanda invadente, puoi anche non rispondere-»
«Papà» sbuffa Harry.
«No, prego, continui» sorrido mentre stringo ancora una volta la mano del mio futuro marito.
«La Saatchi è una grande opportunità lavorativa. Com'è possibile che sia tornata a Boston?» chiede curioso.
«L'amore, signor Ford» faccio spallucce. «C'è stata una breve separazione tra i miei quando erano più giovani e non appena mamma è tornata a Boston per il compleanno del mio migliore amico che ai tempi aveva un anno... ha capito di non potersene più andare» accenno un sorriso. Papà è stato proprio uno stronzo ai tempi ma la cosa importante è che adesso stanno bene insieme. Certo, è stato un po' inquietante scoprire che zio Tom abbia avuto una breve storia con mia madre ma... dettagli, dettagli a cui adesso non voglio pensare. «Il suo capo le ha procurato un colloquio al MoMA come educatore museale visto che avrebbe dovuto ricominciare tutto daccapo e lei ha accettato. Mio padre l'ha seguita e così si sono stabiliti a New York» concludo il mio racconto.
«Ma tu hai scelto di stare a Boston, è corretto?»
«Da qualche mese, sì. Sono una restauratrice e da metà febbraio lavoro in una bottega vicino al centro. In più, penso che a breve anche i miei torneranno qui. A mio fratello, il più piccolo, manca solo un anno e mezzo per concludere le superiori» rispondo.
«E anche una molto brava. Sta restaurando una cassettiera antica e sta facendo un ottimo lavoro» mi elogia Harry.
Arrossisco, imbarazzata e lo ringrazio. «Ci provo.»
«Sono lieto di averti conosciuto, Aurora. E apprezzo che vi sposiate in Inghilterra. Presto farò sapere a Harry quando tornerò a Londra. Una volta sistemato, mi piacerebbe ospitarvi per un paio di giorni. Potrai visitare la capitale e guardarti un po' intorno, magari trovi anche il luogo per il ricevimento» sorride.
Stavolta è un sorriso genuino. Qualcosa mi fa dire che abbiamo fatto colpo. Ci crede. E in effetti, a parte qualche piccola bugia, ho raccontato solo verità.
«È una buona idea, sai?» annuisce Harry. «Ti piacerà sicuramente, amore» stringe la mia mano e poi la allunga in direzione della sua bocca per posare un breve bacio sul dorso.
Rabbrividisco al contatto delle sue labbra sulla mia pelle e sorrido.
Immagino che a breve volerò dall'altro lato dell'oceano. Spero solo di non vomitare, non viaggio spesso in aereo. 

𝐀𝐔𝐑𝐎𝐑𝐀 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐋𝐞𝐠𝐚𝐜𝐲 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟐]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora