52.

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Il cuore batte frenetico mentre varco la soglia dell'attico di Ronan. Potrei benissimo esaminare l'interno, prendere tempo e parlare dell'ormai amico in comune che abbiamo ma non sono qui per questo. Harry mi studia attentamente, forse vuole accettarsi che sono tutta intera. Lo sono, solo... ho perso un paio di chili perché tra il lavoro e i pensieri non ho avuto chissà quanta voglia di mangiare. Questo è un ulteriore motivo per cui mamma e papà mi hanno voluto da loro per i pasti. Per tenermi sott'occhio. Ci osserviamo a vicenda e quello che vedo non piace nemmeno a me: i suoi occhi sono spenti, le labbra secche e le occhiaie profonde sono parecchio scure. Dorme male, beve poco e non riposa abbastanza. È evidente.
Le porte dell'ascensore si chiudono, compio un passo in avanti e trattengo il respiro quando il suo profumo mi avvolge. Oddio, mi è mancato così tanto. Non ci penso oltre, azzero la distanza tra i nostri corpi avvolgendo le braccia attorno alla sua vita e sprofondando il viso nell'incavo del suo collo. Harry è immobile, troppo colto alla sprovvista dal mio gesto, e lo capisco, non me lo sarei aspettata nemmeno io se fossi stata al suo posto. «Mi fa male il cuore per quanto mi sei mancato» sussurro. «Non cacciarmi, per favore.»
So che il suo battito è lo specchio del mio, riesco a sentirlo anche senza bisogno di poggiargli la mano sul petto. Decido di dargli un po' di spazio dopo l'attacco a sorpresa e mi scosto. Vorrei baciarlo all'infinito ma non posso. «Vorrei che mi ascoltassi prima di parlare» sospiro piano. «Ho riflettuto così tanto in queste due settimane, penso di aver pensato anche mentre provavo a dormire. Ho bisogno che tu sappia che mio fratello aveva ragione: sono stata un'egoista. Continuavo a ripetermi che te lo avrei detto, che non ero pronta e tutte quelle stronzate, ma la verità è che avevo solo paura. Poi ho iniziato a conoscerti sempre meglio, ad apprezzare ogni singolo gesto nei miei confronti perché lo so che se ti chiedessi di volare nel Kuwait per portarmi due granelli di sabbia tu lo faresti senza pensarci due volte. Lo so che mi ami, che lo fai da molto tempo, che mi daresti il mondo solo per vedermi felice. Ho parlato un po' anche con la dottoressa Benson e giusto quattro giorni fa è stata la nostra ultima seduta perché so di cosa ho bisogno e se ho atteso è solo perché volevo darti altro tempo per riflettere» inizio a passeggiare nervosamente, è l'unica cosa che posso fare mentre butto fuori tutto quello che penso. Almeno, se dopo non mi vorrà, saprà tutta quanta la verità, tutta la mia versione. «Il giorno prima del matrimonio ho realizzato una cosa importantissima, una cosa che dopo averci riflettuto per un po' non mi ha scossa moltissimo perché ho compreso che era accaduta poco alla volta, talmente in maniera graduale da non essermene nemmeno resa conto. E ti ho sognato. Ogni singola notte, Harry. Avevamo un bambino. Era biondo come te con gli occhi come i miei. Era nostro. La prima notte mi sono svegliata e ho pianto perché... perché anche io con te voglio ogni cosa. Perché anche io mi sono innamorata di te in maniera così naturale da sentire la tua mancanza anche solo dopo un'ora. Anch'io, se potessi, mi imbarcherei per portarti due granelli di sabbia e probabilmente li incarterei in una teca di vetro perché per te sono importi e allora lo sono anche per me» mi fermo, passando una mano tra i capelli. Ho bisogno di riprendere fiato per un secondo. Bagno le labbra e deglutisco. «Mi dispiace di averti fatto stare male, di non essermi subito confidata con te e non averti permesso di starmi accanto, ma sono qui adesso e se tu... se tu mi ami ancora e sei disposto a ricominciare daccapo il nostro matrimonio io... io sono pronta. Mi piacerebbe aspettare un po' per un bambino, vorrei godermi il nostro tempo insieme ma se dovesse accadere anche adesso andrebbe bene comunque. Mi va bene tutto con te. Voglio solo averti accanto, svegliarmi con te, viaggiare insieme, parlare dell'associazione, dei nuovi mobili che sto restaurando... voglio tornare a casa e preparare la cena insieme, trasformare la camera degli ospiti in una nursery quando sarà il momento, voglio fare gossip su qualunque cosa sia possibile e voglio poterti amare tanto, tanto, tanto» abbasso le spalle, sfinita. «Perché nel caso non si fosse capito, solo per... per sicurezza, te lo ripeto: mi sono innamorata di te. Ti amo. Amo te. Io, Aurora, amo te, Harry. Moltissimo» gesticolo nervosa contorcendomi le mani. Quando vedo che Harry continua a fissarmi, senza muovere un passo, penso che forse non gli sia chiaro, forse è confuso. «Okay, provo a dirtelo di nuovo, magari non lo hai capito... io, Aurora, am-» non ho il tempo di concludere la frase, afferra il mio braccio e mi trascina su di lui piantando la bocca sulla mia con tale voracità da farmi girare la testa. Le sue mani raggiungono l'orlo della mia maglietta e tirano, tirano talmente forte da stracciare l'indumento. Era uno dei miei capi preferiti? Sì. Me ne importa qualcosa? No. Faccio lo stesso con la sua camicia, la sbottono il più in fretta possibile e la scaccio dalle sue spalle. Poi è il turno dei pantaloncini. Lui sfila i miei mentre io penso ai suoi. Harry mi trascina sul divano, facendomi sdraiare prima di posizionarsi sopra di me e riappropriarsi della mia bocca. Perché sì, la mia bocca gli appartiene. Tutto di me appartiene a quest'uomo e basta. Sono sua sotto ogni aspetto, sua e basta. Slaccia il laccetto del mio reggiseno, io gli sfilo i boxer. Passa ai miei slip e sospira abbassandosi. La sua bocca si poggia sul mio punto più sensibile e forse saranno le due settimane di astinenza, di mancanza, non lo so, ma gli basta sfiorarmi con la lingua un paio di volte per farmi vedere subito le stelle. Oddio, ho bisogno... ho bisogno... «Per favore» lo prego.
«Dimmelo. Di cosa hai bisogno?» mormoro sulle mie labbra che imprigiona tra i denti.
«Di te. Ho bisogno di te. Dentro di me» ansimo. Penso di essere stata abbastanza chiara, no?
«Ho afferrato» stringe il mio fondoschiena tra le mani e si insinua piano tra le mie pieghe. Chino il capo sollevando il mento mentre lo sento riempirmi centimetro dopo centimetro. Mi sento a casa. Con lui, in questo istante. Sono a casa. «Ti amo» singhiozzo improvvisamente. «Ti amo tantissimo» non riesco a fare a meno di piangere.
Harry scosta alcune ciocche di capelli dal mio viso e inizia a baciarmi le guance. «Ti amo moltissimo anche io. Non piangere.»
«Tu...» gli afferro il volto e accarezzo le labbra gonfie. «Sei la mia casa, Harry. Non ti ringrazierò mai abbastanza per avermi fatta tornare a vivere, a respirare» scuoto il capo.
Il biondo prende a muoversi lento e intenso, stringendo i pugni ai lati del mio viso per sostenersi. Piano comincia ad aumentare la velocità, riempiendomi continuamente. Questo. È questo che desidero con tutta me stessa per il resto dei miei giorni. Solo io e lui.
«Sai» ansima. «Sai quando ho detto a Avery che amavo troppo la mia città, che non l'avrei mai lasciata? Che ci sarei morto?» sibila, ondeggiando i fianchi con estrema intensità.
«Sì» gemo affondando le unghie sulla sua schiena.
«Tu sei la mia Londra, Aurora. Anzi, ti amo persino di più» sussurra sulle mie labbra.
Non ho bisogno di altro per raggiungere il culmine. Mi bastano solo queste dodici parole per lasciarmi andare e sprofondare nell'oblio del piacere. Harry mi segue a ruota, inabissandosi dentro di me, poggiando il capo sul mio petto.
Improvvisamente un pensiero balena nella mia mente facendomi ridere. La seconda vera risata in due lunghe settimane. Sembra rigenerante.
«Che c'è?» domanda Harry sollevando il capo poter potermi guardare. «La mia performance è stata così terribile?»
«No» un'altra risata. «È solo che Ronan mi ha esplicitamente chiesto di non fare niente sul suo arredo e noi siamo sul divano.»
«Glielo ricompro, chi se ne frega» fa spallucce e poi mi bacia.
Sorrido accarezzando i ricci umidi e sospiro piano. «Penso che diventerà una cantilena e inizierò a detestarmi da sola perché troppo sdolcinata, ma... ti amo.»
«A me non dispiaci così zuccherosa» mordicchia il lembo di pelle sotto l'orecchio sinistro.
«No? Non ti annoierà sentirmi ripetere sempre la stessa cosa?» lo punzecchio.
«Dopo mesi di silenzio? Dopo due settimane agonizzanti? Nel modo più assoluto: no.»
«Già. Sono state lunghe, eh?» sospiro.
«Domani sarei venuto da te, sai? Aspettavo Ronan per dirglielo e chiedergli una mano ad organizzare l'incontro.»
«Davvero?» mormoro sorpresa.
«Sì. Non ce la facevo più.»
«Beh, abbiamo due settimane da recuperare, compresi quattro giorni di luna di miele. Dove andiamo?»
«Al momento a casa. Devo farti varcare la soglia come mia moglie, poi ci mettiamo a letto e scegliamo la meta.»
«È per questo che sei rimasto da Devon e poi qui?» chiedo in conferma.
«Sì. Non volevo tornarci senza di te. Abbiamo bei ricordi lì e non volevo che il nostro matrimonio iniziasse male.»
«Troppo tardi per quello, no?» lo guardo dispiaciuta.
«No» mi accarezza il viso. «Due settimane in una vita intera non sono nemmeno una macchia. Abbiamo tutto il tempo di fare le cose per bene. A partire da stasera.»
«È una promessa?» gli rubo un bacio facendolo sorridere.
«È un fatto, signora Ford.»

𝐀𝐔𝐑𝐎𝐑𝐀 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐋𝐞𝐠𝐚𝐜𝐲 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟐]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora