19.

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Il ticchettio dell'orologio è l'unico suono che spezza il silenzio assordante attorno a me. Persino la segretaria sembra essersi gelata sul posto, fissa lo schermo dell'enorme computer e scribacchia qualcosa sull'agenda accanto alla tastiera. La porta si apre dopo ulteriori quindici minuti, io attendo da venti. Ho preso un permesso da lavoro, uscendo alle quattro per presentarmi qui all'appuntamento delle cinque.
«Aurora, prego» mi sorride la donna dai lunghi capelli biondi. Rimango incantata ogni singola volta che li vedo sciolti, sono così sottili e stirati, sembrano spaghetti.
«Salve», prendo posto sul solito divano e rilascio un respiro tremolante. Rispetto agli anni precedenti, i nostri incontri adesso si limitano a quando io ne ho bisogno. Non c'è un vero e proprio calendario.
«Sono rimasta molto sorpresa dal tuo messaggio, ma anche contenta» si sistema sulla poltrona di fronte a me. «Come stai oggi?»
Non è mai 'come stai' e basta.
Come stai oggi.
La scorsa settimana.
Due giorni fa.
Nel week-end.
«Sto bene, ma avevo bisogno di parlare» ammetto.
La dottoressa Laura Benson annuisce, mettendosi comoda. «Ti ascolto.»
«Io... ho incontrato qualcuno. La notte di Capodanno. Si chiama Harry, è inglese» accenno un sorriso alla menzione del suo nome. «Lui è davvero fantastico con me, divertente e sempre pronto a farmi ridere e sorridere. Lo faccio spesso ultimamente e... avevo dimenticato cosa si provasse a ridere con qualcuno che non è un membro della propria famiglia.»
«Come una boccata d'aria fresca, eh?»
«Sì», sbuffo una risata al pensiero dei messaggi stupidi che ho ricevuto questa mattina.
«Però? Sento che vibra nell'aria.»
Deglutisco, fissando il pavimento in parquet. «Però... ogni volta che gli stringo la mano, lo sfioro o lo bacio c'è una vocina nel mio cervello che mi insulta.»
«E cosa ti dice questa voce? Quali sono gli insulti che ti rivolge?» domanda la dottoressa, accavallando le gambe.
«Mi dice che sono una stronza egoista, che devo sentirmi in colpa perché non è giusto essere contenta e stare appiccata a un altro quando lui non c'è più» sento il nodo in gola farsi sempre più stretto, quasi stessi per soffocare.
«Abbiamo parlato a lungo di questo, Aurora. Sai bene che affrontare il dolore della perdita è un processo lungo e faticoso. Nessuno si aspetta da te che in una manciata di mesi riesca a gettare nel dimenticatoio Darren e nessuno lo pretende.»
«Ma sono anni, dottoressa, anni che mi sento così. È vero, rispetto a prima va molto meglio, glielo giuro, ma perché continuo a sentirmi in colpa? Perché mi sembra di fare un torto enorme a entrambi?» mormoro tremante.
«Affronteremo l'altro argomento più avanti, adesso voglio parlare di te» dice. «Hai parlato ad Harry della tua esperienza?»
«Non ancora» rispondo, quasi vergognandomi.
«D'accordo, c'è bisogno di tempo anche per quello ma dovrai farlo se hai intenzione serie con lui. Da quello che hai accennato Harry mi sembra una brava persona, no? Pensi che possa giudicarti? È per questo che non glielo hai ancora detto?»
«Non voglio ferirlo. Io... io mi fido di lui, dico sul serio, è solo che non è così semplice parlarne, soprattutto quando lo guardo e penso che sono una persona terribile.»
«Aurora, ascoltami attentamente.»
Alzo lo sguardo, incrociando quello della dottoressa Benson.
«L'amore che provavi per Darren era, è, un amore idealizzato. Abbiamo parlato anche di questo. A causa di una disgrazia non hai mai potuto vivere l'amore che tanto professavi nei confronti di Darren e lui non ha mai avuto la possibilità di fare lo stesso. Oggi voglio essere molto diretta perché non mi aspettavo che mi dicessi di Harry – e credimi, sono molto felice di sentirlo – dunque, andrò dritta al punto: Tu non sapevi e non saprai mai cosa vuol dire avere una relazione con Darren. Lui non c'è più, non tornerà e non potrai portare avanti in eterno la convinzione di essere innamorata di lui se non sai com'è stare con lui.»
Le sue parole sono ferme, pungenti come aghi, ma negli anni abbiamo capito che le parole dolci e confortanti non mi aiutano affatto. È come se avessi bisogno di essere scossa, schiaffeggiata in pieno viso per darmi una svegliata.
«Abbiamo trascorso un mese insieme e sa anche cosa è successo... ho avuto un assaggio di come sarebbe stata la mia vita con lui» ribatto docilmente, perché in fondo, molto in fondo, lo so anche io che mi sto arrampicando sugli specchi.
«Aurora» mi richiama la dottoressa. «L'amore non è funzionale, non puoi basarti su quello che provavi per lui a diciotto anni e precluderti una possibilità vera, reale.»
«Allora perché continuo a sentirmi così male al pensiero di tradirlo?» un singhiozzo incontrollato sfugge dalle mie labbra. «Mi sembra di fare cento passi avanti, soprattutto quando sono con Harry, poi arrivo a casa o c'è qualcosa che mi fa scattare e i ricordi e i sensi di colpa mi si riversano addosso. Perché quando sto con Harry dimentico, è come se catturasse la mia attenzione totale.»
«E pensi che sia sbagliato» conclude per me la dottoressa, rilasciando un profondo sospiro. «Voglio chiederti una cosa. Forse dovremmo affrontare la cosa dal punto di vista di Darren.»
«Che significa?» chiedo confusa.
«Se ci fosse lui al tuo posto, se si sentisse in colpa nei tuoi confronti, se incontrasse la donna della sua vita per puro caso e la lasciasse andare perché pensa di essere innamorato della sua ragazza defunta di quattro anni fa, se idealizzasse l'amore che lo lega a te. Tu come ti sentiresti?»
«Male» mormoro fissando il tavolino in legno che ci separa, c'è una singola piantina al centro e basta. «Non vorrei mai che facesse una cosa del genere.»
«Non credi sia ipocrita da parte tua? Voglio dire, ti punisci di continuo con i tuoi pensieri nei suoi confronti ma se ci fosse lui al posto tuo allora non dovrebbe stare male?» arcua un sopracciglio.
«Io... è diverso. Darren è più forte. Era» mi correggo.
«Non lo sai. Purtroppo, hai conosciuto Darren fino ai suoi ventuno anni, non sai come sarebbe adesso. E di sicuro tu non sei la stessa di quando avevi diciotto anni.»
Rimango in silenzio. È vero che non vorrei mai che lui si precludesse la possibilità di essere felice con un'altra donna se io non ci fossi più, sarebbe assurdo anche solo pensare di farlo rimanere solo per il resto della vita. E allora perché per me non dovrebbe valere lo stesso? Perché continuo a sentirmi in colpa?
«Non voglio che ti fiondi in una relazione sprizzando gioia da tutti i pori, Aurora. Piccoli passi. Pian piano ti verrà naturale legarti sempre più ad Harry e vedrai che le cose saranno più semplici. Aiuterebbe se gli parlassi di Darren ma come ho già detto, c'è tempo e... anche per quello.»
«Voglio farlo davvero, solo... non sono ancora pronta» bisbiglio, attanagliata dal dolore. Il pensiero è devastante, ma vado avanti.
«Nessuno ti giudicherà, lo sai. La tua famiglia non potrebbe mai e poi mai farlo» mi rassicura.
«Lo so bene.» Tralascio il dettaglio del finto matrimonio. So che se glielo dicessi mi consiglierebbe di lasciar perdere visto che non è il massimo tenermi dentro un'altra bugia, ma non posso fare questo a Harry. Ci tengo a lui, sul serio, e mi sforzerò di migliorare. «Ho bisogno di parlargli ma è difficile» deglutisco.
«Lo so. Ma ti ha aiutata ad andare avanti. Forse non te ne accorgi, Aurora, ma hai fatto davvero dei passi da gigante in questi anni. Ti stai riprendendo la tua vita, nonostante faccia ancora fatica a realizzarlo, sta accadendo. Spero tu dia una possibilità a questo ragazzo. Magari si rivelerà la tua persona» sorride.
«Le dispiacerebbe se tornassi di nuovo la prossima settimana?»
«Aurora. Ma certo» annuisce.
«D'accordo. Allora... io andrei.»
«Ci vediamo mercoledì prossimo stessa ora?» domanda.
«Sì, va bene» annuisco.
«Perfetto. Avviso io la mia segretaria, tu va pure.»
«Arrivederci, dottoressa» le stringo la mano con un lieve sorriso.
Lei ricambia il mio gesto. «Ciao, Aurora.»

𝐀𝐔𝐑𝐎𝐑𝐀 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐋𝐞𝐠𝐚𝐜𝐲 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟐]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora