34.

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«Ho una cosa da dirti.»
Sbadiglio stiracchiando le braccia e allungo le gambe. Quella di due giorni fa è stata una giornata tremendamente lunga, soprattutto al lavoro. Il signor Morrison è stato meno scorbutico del solito e di questo lo ringrazio ancora adesso, mamma e papà mi hanno assillata per sapere com'era andato il viaggio e l'unico momento di pace che ho avuto è stato quando mi sono chiusa la porta di casa alle spalle e sono sprofondata a letto, svegliandomi con la sveglia impostata alle nove e un quarto. Questa routine ripetuta anche ieri.
Oggi ho l'incontro all'atelier per i vestiti delle damigelle e per provare anche il mio, dato che ho ricevuto l'okay per messaggio. Dopo la colazione, giusto un attimo prima che mi dirigessi in bagno per la doccia, Harry mi ha chiamata e così eccomi qua, un accappatoio indosso, appollaiata sulla tazza del water con il cellulare in mano. «Ti ascolto» un altro sbadiglio.
«Ieri ho dormito tutto il giorno, a parte quando ci siamo sentiti, ma ho dimenticato di dirti che... beh, hai presente quella cosa di cui non potevo parlarti? Ecco, ho avuto la conferma da Ronan che iniziamo ufficialmente lunedì. Mi piacerebbe che venissi.»
Okay, credo di essermi persa. Ronan? E dov'è che dovrei andare?
«Mi hai persa» ripeto a voce alta.
«Vorrei che lo vedessi, poi ti spiegherò. Domani i tuoi hanno in programma un pranzo in famiglia?» chiede.
«Mmh, non che io sappia. Perché?» indago, curiosa della sua domanda.
«Bene, dì pure a tutti che sono invitati a pranzo da noi. Pasta con il pesto per tutti, cotolette, Caesar salad e al dolce penseranno loro, non penso avrò il tempo di prepararlo.»
Rimango ammutolita per qualche secondo.
«Angelo? Ci sei?» mi richiama.
«Ah... io- sì, sì, ci sono. Pranzo da noi? Prepari tu?»
«Perché ripeti ciò che ho appena detto? Sì, preparo io e verranno a casa nostra. Perché sì, Rora, è casa nostra» risponde risoluto.
Bene. Sì. Casa nostra. Lo sarà comunque a tutti gli effetti in un mese e mezzo, no? Va bene chiamarla così anche adesso. Ci sta. «Va... va bene. Scrivo sul gruppo e ti aggiorno.»
«Bene. A stasera, angelo» mi saluta.
«A stasera» mormoro, rossa in volto.
Ha iniziato a chiamarmi angelo da quella notte e ogni volta che glielo sento dire non posso far altro che tornare con la mente a quel momento preciso. È stato mozzafiato.
Un messaggio da parte di Luna mi riporta alla realtà. Scuoto il capo e le rispondo, poi scrivo un messaggio sul gruppo di famiglia dove li informo di domani e finalmente mollo il cellulare pronta a fare la doccia più veloce dell'universo. Sono già in ritardissimo, devo sbrigarmi.

Arrivo all'atelier con cinque minuti di ritardo, entro e sospiro di sollievo quando scorgo Luna e Avery in piedi, un calice in mano e dei sorrisi sui volti mentre conversano con Jane, la commessa che l'ultima volta ci ha seguito nella ricerca dell'abito.
«Ecco la sposa!» è proprio lei che mi nota per prima.
«Buongiorno. Scusate il ritardo» sorrido mentre abbraccio le due ragazze.
«Tranquilla, siamo qui da poco» mi rassicura Luna.
«E non sappiamo quanto dureremo visto che abbiamo lasciato Lucas e Furia nella stessa stanza» aggiunge Avery prima di controllare il cellulare.
«Sappiamo già chi ne uscirà vincitore» la guardo ovvia.
«Furia» ripetono Avery e Luna contemporaneamente.
Esatto, proprio il furetto adorabile di casa.
«Vogliamo cominciare? Spero tanto che i vestiti vi piacciano, ma appena li ho notati ho pensato che si adattassero benissimo ai vostri colori» spiego.
«Sono già pronti, devono solo entrare nei camerini» mi informa Jane.
«Iniziamo prima dal tuo vestito, nel mentre noi ci prepariamo mentalmente» mi punzecchia Avery.
«E va bene» sbuffo, seguendo Jane verso i camerini.
«Perché invece non li provate anche voi? Facciamo una prova generale e ne approfittiamo per vedere anche come stanno accanto all'abito della sposa» suggerisce la mia nuova commessa preferita.
«Questa idea mi piace molto di più» annuisco soddisfatta.
«Va bene, va bene! Non riesco più ad aspettare!» esclama mia sorella sfrecciando in direzione del suo camerino.
Ridacchio scuotendo il capo ed entro nel mio, Jane dietro di me, chiudendosi la porta alle spalle.
«Vediamo come va con le modifiche fatte» sorride.
Mi svesto e poco dopo indosso l'abito con il suo aiuto.
Lo strillo eccitato di Avery mi fa intuire che il vestito le piaccia. Bene, una in meno.
Esco dal camerino e raggiungo la sala, scorgo due donne osservarmi estasiate, i sorrisi ampi sul volto e le mani al petto. Avery e Luna mi attendono davanti al grande specchio. La vista si appanna quando ammiro la loro bellezza. I vestiti mettono in evidenza le linee armoniose dei loro corpi, fortificando i loro punti forti, il tutto con eleganza. Si tratta di due abiti in raso, verde bottiglia, aderenti ma non troppo, con sottili drappeggi sul corpetto e spalline sottilissime che si incrociano sulla schiena lasciandola scoperta. Gli abiti non sono complessi, ma sapevo che con i loro fisici e il pezzo forte – uno spacco laterale ampio – sarebbero stati perfette per le mie damigelle. «Allora? Che ne dite?» mordicchio il labbro inferiore in attesa di sapere qualsiasi cosa.
«È... è magnifico, Ro» Luna continua ad osservarsi allo specchio. «Mi sta benissimo.»
«Io lo amo. Non mi dispiace nemmeno che metta in evidenza i fianchi, sembrano da paura» ondeggia Avery. «Posso mandare la foto a Devon o devono essere top-secret?»
Mi fa ridere che abbia chiesto a Luna anziché alla sottoscritta, niente meno che la sposa. Mia sorella è un pitbull per quanto riguarda questa questione del matrimonio. È esilarante.
«Evita. Facciamo le cose per bene. E poi Devon non farebbe altro che dirti di coprirti, meglio mostrargli il danno dopo» istruisce Luna.
Avery fa spallucce. «Non hai tutti i torti. Probabilmente mi chiederebbe di coprirmi anche se fosse agosto inoltrato e ci trovassimo nel Sahara.»
Ridacchio e annuisco in accordo. «Quanta verità. Beh, sono contentissima che gli abiti vi piacciono. Ora, che ne pensate del mio? Sono ingrassata? Mi sta male?»
«Se non lo togli ricominciamo a piangere» mi avverte Luna. «E dico sul serio» mi punta un dito contro.
«Okay, okay» sbuffo una risata. «Jane, retromarcia!» sventolo l'indice.
«Ci cambiamo e aperitivo?» propone Avery davanti alla porta del suo camerino.
«Approvato. Assolutamente.»
«Ci sto» concorda Luna.
Dopo aver confezionato i vestiti, lasciamo l'atelier e ci dirigiamo verso il primo bar disponibile. Ho proprio bisogno di un po' di tempo tra ragazze; mi è mancato tantissimo fare questo genere di cose, soprattutto da quando ho allontanato tutti quanti dopo l'incidente. Prima avevo una piccola cerchia ristretta di amici, oltre a Devon e Darren, ma con l'accaduto ho spinto via tutti quanti e non li ho più contattati. Sono stata una stronza, ma conto di sistemare le cose prima o poi. Non miro ad avere un rapporto vero e proprio – le persone col tempo cambiano – ma desidero chiedere scusa per il mio comportamento. In fondo, stavano solo cercando di aiutarmi, invogliandomi a uscire o solo standomi accanto e io li ho scacciati come moscerini fastidiosi. Non lo meritavano. Anche all'università è stato più o meno così; uscivo con qualcuno ogni tanto, prendevo un caffè con un paio di colleghi, ma non c'è mai stato un rapporto davvero profondo da definirlo 'amicizia'. Avery e Harry sono le prime persone che posso descrivere come tali, amici. Certo, adesso con Harry le linee sono offuscate e non si capisce con precisione dove ci troviamo, ma... è stato comunque mio amico all'inizio, colui con il quale mi sono aperta e ho instaurato un flebile e sempre più forte rapporto.
«Rora? Ci sei?!»
«Eh? Sì, certo, scusate» sbatto le palpebre tornado alla realtà.
«Bene, mentre attendiamo il cameriere perché non ci dici come sono andate le cose a Londra?» ghigna mia sorella.
«È vero che quello stronzo che si definisce il mio migliore amico ha una jacuzzi?» domanda Avery.
«Sì» ridacchio notando la sua espressione torva.
«Che stronzo!»

«Che stronzo!»

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𝐀𝐔𝐑𝐎𝐑𝐀 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐋𝐞𝐠𝐚𝐜𝐲 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟐]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora