20.

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Il resto della settimana trascorre abbastanza in fretta, aprile arriva tranquillo e io mi divido tra il lavoro e le serate in compagnia di Harry e – giusto ieri – Avery e Devon. Sul mio tavolo si sono accumulate riviste da sposa, ce ne saranno forse dodici, più altre quattro in camera da letto. C'è un mucchio di roba a cui pensare ma ho già parlato con Harry, informandolo che non voglio nulla di troppo sfarzoso. Una bella cerimonia semplice seguita da un ricevimento non troppo lontano, la mia famiglia accanto e alcuni amici dell'università con cui ho passato tantissime ore a studiare e divertirmi. Adesso ci sentiamo occasionalmente ma è bello vedere che quando succede sembra non essere trascorso tanto tempo. Lo shock del matrimonio è stato totale da parte loro, non se lo aspettavano di certo, ma si sono dimostrati tutti molto felici e volenterosi di conoscere il mio futuro sposo.
Mi alzo, pronta per fare colazione. Harry sarà qui fra un'ora ma non devo fare la doccia, perciò, avrò tutto il tempo di prepararmi e fare anche colazione con calma.
Scaldo i pancakes avanzati ieri sera, dopo l'attacco di fame del signor Ford, e metto su il caffè. Muoio di fame, non vedo l'ora di sedermi e abbondare con lo sciroppo d'acero. In effetti, forse avrei dovuto optare per qualcosa di più leggero visto che dopo pranzo verrò rapita da mamma, Luna, le zie e Avery. L'operazione vestito avrà inizio proprio oggi. A dirla tutta sono... emozionata. Voglio dire, sono consapevole che sarà per finta ma è comunque un matrimonio che si celebrerà e per tanto desidero essere a mio agio con l'abito che indosserò. Non ho nemmeno idea se mi ricapiterà di nuovo di sposarmi, figuriamoci se mi lascio scappare la possibilità di trascorre momento del genere con la mia famiglia. Sarà estenuante, ma anche divertente e memorabile. Sono pronta a godermi ogni istante.
Il timer del microonde mi riporta alla realtà, tiro fuori i pancakes e sistemo il piatto sul tavolo. Prima la colazione, poi penserò a tutto il resto.
Alle nove e venti sono pronta e profumata, esco di casa e mi fermo sul marciapiede. Scorgo l'auto di Harry e mi affretto a raggiungerlo. Mi allungo nella sua direzione e premo la bocca sulla sua per un bacio veloce. Gli zii sono a casa e non voglio rischiare che ci spiino beccandoci a un saluto senza bacio. Risulterebbe strano, soprattutto per una coppia prossima alle nozze.
«Buongiorno, mogliettina. Dormito bene?» domanda.
«Sì, grazie. Tu?»
«Abbastanza.»
«Non sei agitato per l'appartamento? Io ci penso da quando mi hai detto che lo avremmo visto oggi. Sono curiosissima!» esclamo.
«Lo vedo» ridacchia lanciandomi un'occhiata. «Il viaggio non sarà lungo, il palazzo si trova proprio in centro, su Hanover Street» spiega.
«Ah, ma è dove c'è Cantina Italiana! Si mangia molto bene, lì» annuisco. Ci sono stata un paio di volte insieme agli altri prima di andare al parco, il cibo è ottimo. Certo, non sarà mai come un ristorante italiano originale ma non lo pretendo nemmeno vista la differenza dei prodotti.
«Sì. Ho scoperto che fa parte del quartiere Little Italy. Se ti piace l'italiano siamo a cavallo» svolta a sinistra prima di imboccare Hanover Street.
«Lo adoro. Mangeremo spesso fuori, così è deciso» sorrido.
«Agli ordini, padrona» scuote il capo ridendo. Poco dopo si ferma davanti un grande palazzo, grande nel senso di almeno quindici piani. Penso sia uno dei più alti in zona, accidenti.
«Q-questo è il posto?» biascico fissando la grande vetrata del portone d'ingresso.
«Sì. Vieni» mi affianca e l'attimo dopo stringe la mia mano nella sua.
Rimango sorpresa dal suo tocco, ma non infastidita. Lo seguo su per le scale fino al portone, ad attenderci c'è quello che ha tutta l'aria di essere il portiere. Quando ci nota si alza in piedi, salutandoci con un bel sorriso. «Signor Ford. Signorina.»
«Salve», balbetto sollevando una mano.
Un'altra risatina scuote il petto di Harry. «Si chiama Ben. Lo conoscerai meglio più avanti, per il momento ci tocca salire» accenna all'ascensore.
Sto per dirigermi verso quest'ultimo quando mi ferma. «Che c'è? Hai detto che dobbiamo salire» gli faccio notare.
«Noi prendiamo l'altro» indica il secondo ascensore. «Ti mostro come fare» si avvicina alle porte in bronzo. «Ti darò la tessera magnetica che ti basterà poggiare su questo tastierino. Qui accediamo solo noi, nessun altro a parte i famigliari e gli amici invitati. A loro basterà suonare questo pulsante» indica un piccolo tasto rosso. «È collegato al citofono dell'attico. Nulla di diverso» poggia la tessera magnetica sul tastierino e le porte si aprono.
Ha detto attico. Non appartamento. Oddio.
Solo l'ingresso urla lusso da tutti i pori, non oso immaginare l'intero.
«Rimarrò senza parole, vero?» mormoro quando le porte si chiudono.
«Può darsi. Ho voluto adattarlo anche al tuo stile, perciò, sì... speriamo ti piaccia» accenna una risatina imbarazzata. «Okay, preparati. Il nostro è il diciottesimo piano, l'ultimo.»
Stringo più forte la sua mano e non appena il ding dell'ascensore fa aprire le porte rimango impalata sul posto.
Porca puttana.
Ecco, ho detto un'enorme parolaccia per descrivere quello che mi si presenta davanti. La vista mozzafiato che si scorge dal soggiorno è pazzesca. Ci sono due ampi divani color crema divisi da tavolo quadrato, grande anche questo, in legno scuro, di fronte ad a esso due poltrone da un lato e una parete attrezzata con tanto di schermo piatto dall'altro.
«Ti mostro la cucina, forza» dice Harry, il divertimento palese nella sua voce. Sulla sinistra si apre un corridoio piuttosto spazioso, la prima porta rivela una cucina che mi fa quasi accasciare sul pavimento per piangere tutte le lacrime in corpo. Una cappa in acciaio pende sopra al piano cottura posto sul bancone lucido che si espande per la stanza formando una sorta di ferro di cavallo quadrato. Per il momento i colori predominanti sono il bianco, il crema e il beige, tutti colori che approvo. Di solito il bianco è difficile da apprezzare negli appartamenti lussuosi, fa sembrare tutto freddo e rigido ma qui ci sono spruzzi di verde grazie alle piantine stupende sparse ovunque e il tocco di candele e riviste. «Harry...» mormoro.
Lui mi trascina verso un'altra stanza, ovvero la padronale. Anche qui il punto forte della stanza è la vista. Poggiato alla parete c'è un ampio letto matrimoniale, accanto ad esso due comodini e ancora piantine. Le adoro, giuro. «Pronta per una sorpresa?» bisbiglia Harry al mio orecchio mentre mi copre gli occhi con le mani.
«Sorpresa?!» mi agito.
«Devi solo girarti, giuro, e poi fare tipo quattro passi al massimo» dice guidandomi. «Okay, apri gli occhi.»
Lo faccio e caccio un urlo. Penso che anche Ben mi abbia sentito talmente forte ho strillato. «Oh, mio Dio! È una cabina armadio enorme! Oddio! Oddio!» mi guardo intorno frenetica ammirando la sfilza di camicie appese, indumenti perfettamente impilati e cassettoni pronti a essere riempiti. «Sono a tanto così dal trasferirmi oggi stesso!» gli punto un dito contro prima di continuare a curiosare.
«Per me non c'è problema, più compagnia e più divertimento» fa spallucce, le mani dentro le tasche dei pantaloni e il sorriso sul volto. Il pensiero di saltargli addosso e baciarlo mi passa per la testa veloce tanto quanto la sua scomparsa. Ma che mi prende? Harry è mio amico. E basta. «C'è altro?» chiedo per distogliere l'attenzione dai pensieri.
«Camera per gli ospiti, sala da pranzo, lo studio, il bagno e la lavanderia» elenca.
Passiamo alla camera degli ospiti, una copia della padronale, poi alla sala da pranzo, molto semplice ma comunque elegante e accogliente. Arriviamo al suo studio – di cui mi innamoro pazzamente – e infine il bagno e la lavanderia. Il bagno, nonostante la vasca rotonda in ceramica e il wc futuristico, mi è sembrato vuoto e Harry ha confermato. Dice che poi ci penserò io a renderlo più accogliente, presto il bancone sarà comunque pieno di tutte le mie cose. La lavanderia, invece, mi lascia a bocca aperta. A New York la nostra si trovava nel seminterrato, dove si trovavano le lavatrici di tutti i coinquilini, ma questa si trova dentro casa ed è... spaziale. Lavatrice e asciugatrice sono poste una sopra l'altra, incastonate in una parete con tanto di rientranze dove sono poggiati dei cesti e cassettoni dove riporre detersivi e prodotti vari. Accanto alla parete una sfilza di grucce pronte ad essere usate. Anche in queste stanze i colori dominanti sono il beige e il bianco. Rendono tutto molto elegante e raffinato ma allo stesso tempo confortante. Non ho pensato nemmeno un secondo di potermi trovare a disagio in questa casa e onestamente, la cosa mi piace.
«Allora? Che ne dici?» mi guarda nervoso.
«È tutto magnifico, Harry. Dico sul serio. Stavo giusto pensando che non ho mai pensato di potermi trovare a disagio qui» sorrido avvicinandomi.
«Bene, perché ho esaminato ogni conversazione fatta con te negli ultimi mesi e questo è quello che sono riuscito a combinare» annuisce piano guardandosi intorno. «Le rose in camera e le piante che vedi in giro provengono dal Velia's» aggiunge spiazzandomi sempre di più.
«Aspetta, tu hai... hai arredato l'attico in base al mio gusto personale?» biascico.
«C'è anche il mio tocco, ovvio, ma sì. Non volevo che ti trovassi a disagio in questo posto, presto sarà anche tuo e-»
Non lo lascio continuare, afferro il suo viso e pianto le labbra sulle sue. Harry avvolge le braccia attorno alla mia vita, attirandomi più vicina, mentre ricambia il bacio con fervore. Quando mi scosto, è solo per mancanza d'ossigeno.
«E questo per che cos'era?» mormora roco sfiorando il mio viso con il pollice.
«Il mio ringraziamento. È tutto bellissimo e... davvero, sono senza parole. Lo amo già» sospiro ammirando la vista stupenda dal soggiorno.
«Mi piace. Ringraziami quanto vuoi» solleva l'angolo destro della bocca.
«Che stupido» alzo gli occhi al cielo, un sorriso sempre sul volto.
Perché sì, lusso o meno, attico o no, Harry è davvero in grado di farmi sorridere in ogni momento. 

 

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𝐀𝐔𝐑𝐎𝐑𝐀 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐋𝐞𝐠𝐚𝐜𝐲 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟐]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora