5.

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Il venti gennaio arriva prima di quanto mi aspettassi. Per una questione di privacy e sicurezza incontro Harry nella sua stanza d'hotel. A quanto pare, il suo appartamento è quasi pronto – ne ha trovato uno disponibile pochi giorni dopo che mi sono trasferita nella dependance ma era da ristrutturare in alcuni punti – dunque, non ci vorrà molto prima di esaminare la mia futura abitazione. Cielo, è così strano pensarlo... ma è la verità. Matrimonio significa anche convivenza. Una volta lasciata la dependance – cosa che ho intenzione di fare solo appena prima il matrimonio – mi trasferirò qui per i prossimi tre anni. Speriamo bene.
Man mano che le settimane passano inizio a sentirmi sempre più nervosa all'idea. Insomma, non è cosa comune accettare la proposta di un tizio qualunque sapendo anche che dovreste... mettere al mondo un neonato.
Già, a proposito di questo piccolo dettaglio... ho già detto a Harry che ci avremmo pensato più avanti ma io non ho la minima intenzione di fare un figlio sotto queste circostanze. Un finto matrimonio non è nulla in confronto a una vita. Per la fine dell'accordo avrò venticinque anni, è vero, ma comunque una vita davanti. Non posso mettere al mondo un figlio come se niente fosse, è... è pazzesco solo pensarlo. D'accordo, avrei l'aiuto di Harry ma non è questo il punto. Io un bambino non voglio assolutamente averlo, soprattutto nell'immediato futuro.
«Ciao, c'è qualcuno in casa?»
Risucchio un respiro e scuoto piano il capo. «Scusa, stavo pensando.»
«Doveva essere qualcosa di importante visto che ti ho richiamato quattro volte» Harry mi osserva curioso.
«Qualcosa del genere. Dicevamo... niente di troppo elegante allora?» domando per accettarmene.
«È un ristorante in centro. Mio padre è già andato un paio di volte, io solo una ma da quello che ricordo non è nulla di troppo eccessivo.»
«D'accordo...» mormoro riflettendo sulla marea di abiti che posseggo. Siamo in pieno inverno, fuori si congela, ma l'abito che ho in mente è perfetto per l'occasione e poi nei ristoranti fa sempre caldo. «So cosa indossare. Devo provarlo, ma non ci dovrebbero essere problemi.»
«Okay, passo a prenderti?» domanda.
«Assolutamente no» rabbrividisco alla minima possibilità che gli zii possano beccarlo. O peggio, Devon. «Prendo un taxi e ti raggiungo qui. Per il ritorno sarà più semplice: i miei zii non vanno a letto tardi, quindi, potrai pensarci tu» spiego.
«Hai ragione, ha più senso» concorda prima di portare il calice di champagne alle labbra. Si tratta bene, il signorino.
«Allora vado, voglio fare una doccia e prepararmi con calma. Alle sette e quarantacinque qui?» domando dirigendomi alla porta.
«Trentacinque, c'è sempre traffico per strada e mio padre odia il ritardo» dice accompagnandomi.
«Va bene. A dopo, riccio» lo saluto con un veloce bacio sulla guancia.
«Ciao, Ro» mi sorride.

Quando arrivo a casa – mi fa ancora strano dirlo – mi fiondo dritta in bagno pronta per fare una doccia rilassante. Una volta aver finito, mi piazzo di fronte all'armadio della camera da letto e ne apro le ante. Rovisto tra gli abiti e tiro fuori quello a cui avevo pensato: si tratta di un semplicissimo vestito nero, maniche lunghe, scollo a barca e corto. Già... forse un po' troppo, ma ho ventidue anni, non sessanta, posso permettermi di indossarlo e lo farò. E poi, non mi sognerei mai di mettere in imbarazzo il mio finto fidanzato, soprattutto in presenza del padre.
Non so praticamente nulla di quest'uomo ma Harry mi informerà lungo il tragitto. Non devo di certo chissà quali cose. In più, fargli domande mostrandomi interessata lo farà sentire al centro dell'attenzione. Potrà pavoneggiarsi quanto gli pare.
Mi vesto e torno in bagno per truccarmi. Il taxi sarà qui fra quaranta minuti e devo ancora indossare i tacchi, cambiare borsa e assicurarmi di aver preso tutto. Applico il solito trucco e una volta soddisfatta spruzzo un po' di profumo. Quando sono finalmente pronta e ho controllato di avere tutto quello che mi serve, me la svigno il prima possibile. Non voglio rischiare di incontrare nessuno, sarebbe assurdo. Il taxi è già arrivato quando arrivo al marciapiede, snocciolo l'indirizzo dell'hotel dove alloggia Harry e lo avviso di star arrivando.
Il taxi si ferma davanti all'hotel all'incirca quindici minuti dopo, pago e mi dirigo verso la hall. Harry è al bancone, vestito di tutto punto.
«Ehi» lo richiamo.
Il ragazzo si gira nella mia direzione, facendo scorrere lo sguardo su tutto il mio corpo. Lo ammetto, l'accuratezza che ci mette nello ispezionarmi da cima a fondo non mi disturba affatto. È... bello sentirsi apprezzate.
«Ehi» mormora.
«Deduco che il mio outfit vada bene per la cena di stasera?» arcuo un sopracciglio, divertita dall'espressione da pesce lesso che indossa.
«Ah, la cena, sì... c'è stato... mio padre ha avuto un'urgenza dell'ultimo minuto ed è dovuto correre in ospedale. Si scusa tanto e conta di rivederci una volta più libero. Al momento è pieno di interventi» spiega, tornando a guardarmi negli occhi.
«Oh, capisco. Allora che si fa, torno a casa?» domando, non sapendo cosa fare.
«Macché. Ho già prenotato qui. Possiamo prendere un drink al bar e poi andiamo al ristorante. Che ne pensi?»
«Mi pare un'ottima idea» sorrido soddisfatta.
Harry mi porge il braccio e subito lo accetto poggiandoci la mano. Non conosco l'hotel ma è parecchio lussuoso. Io non potrei mai permettermi una stanza in un posto del genere, questo è certo. Voglio dire, alcune decorazioni sono in oro. Oro vero.
«Tu sei a conoscenza del fatto che qui dentro metà della roba è fatta in oro, giusto?» bisbiglio prima di prendere posto su uno degli sgabelli.
«Davvero? Pensavo fosse vernice spray» dice accomodandosi.
«Harry» quasi soffoco con la saliva. «Ti assicuro che è oro. Probabilmente con un pezzo di capitello ionico riuscirei a comprarmi almeno una casa» borbotto.
Il barman si avvicina in attesa, ordiniamo i nostri drink e attendiamo che si allontani per continuare la nostra conversazione.
«Che roba è il capitello ionico?» mi guarda confuso.
Alzo gli occhi al cielo. «Ma non studiavi arte alle superiori?»
«Sì, esatto, alle superiori. Sono passati anni, ti pare che mi ricordi che diamine è un capitello» sbuffa.
«Hai presente la colonna? Ecco, il capitello è quello sopra di essa. Ci sono tre ordini: corinzio, ionico e dorico. Quelli nella hall sono capitelli ionici» spiego in breve. Di sicuro non mi metterò a fare lezione di arte mentre sorseggio il prosecco che il cameriere ha appena portato.
«Ah», annuisce poco interessato. «Chiedo umilmente perdono per non aver riconosciuto lo stile e l'ordine del tuo amato capitello» mi punzecchia.
«Ah-ah-ah» prendo un sorso di prosecco.
«Piuttosto, se ben ricordo avevamo un discorso in sospeso. Hai detto che sei alla ricerca di un lavoro, giusto?»
«Già, sono un po' in ansia perché non si è fatto ancora sentire nessuno, ma attendo fiduciosa» rispondo.
«Hai detto restauro, vero? Beh, ripensandoci è ovvio che avresti notato dettagli del genere» borbotta prima di prendere un sorso del suo drink.
«Sono specializzata nel restauro di materiali lignei, posso divertirmi di più rispetto alle ceramiche, i mosaici o ai dipinti» sospiro sognante. «Mi piace l'idea di non dover stare in tensione tutto il tempo.»
«E questo accade soprattutto con i dipinti, vero?»
«Sì» annuisco, finendo il prosecco. «Ci vuole precisione e tanta concentrazione.»
«Mmh, non è un settore semplice però.»
«No, affatto. Sarò onesta: ci vogliono soprattutto le conoscenze, ma questo non mi spaventa. Se avessi voluto scegliere la strada facile avrei già chiesto a mia madre di trovarmi un posto al MoMA. È la gallerista. Potrei lavorare già da mesi. Eppure, l'idea non mi ha nemmeno sfiorato il cervello. Farò la mia gavetta sottopagata e pian piano riuscirò a realizzare il mio sogno, questo è certo» affermo decisa.
«Ammiro tantissimo la tua tenacia, sai? Sul serio, ti fa onore e lo apprezzo» sorride.
«Grazie» arrossisco. «E tu, cosa conti di fare adesso che sei libero?»
«Ho contattato un vecchio amico, ma non c'è nulla di certo al momento. Ti farò sapere quando avrò una certezza in più» ribatte misterioso.
Mmh. Chissà a cosa si riferisce.
«Se sei pronta andiamo a cena» cambia argomento.
«Certo, inizio ad avere fame» poggio una mano sul ventre piatto.
«Bene, andiamo a nutrire la futura signora Ford» mi prende in giro. 

𝐀𝐔𝐑𝐎𝐑𝐀 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐋𝐞𝐠𝐚𝐜𝐲 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟐]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora