"Bugiarda, tu mi adori"

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Vado verso la cucina e lo vedo armeggiare con le pentole.

Mi avvicino e lo abbraccio da dietro appoggiando la testa sulle sue spalle.

"Mangiamo una pasta?" chiede mentre continua a fare cose con le braccia libere.

"Ok" mi stacco e mi metto accanto a lui.

"Sei ancora più scricciola con la mia maglietta addosso" ridacchia.

"Mi va enorme" rido "Quindi cuciniamo una pasta?" chiedo guardando i fornelli.

Mi prende in braccio e mi fa sedere sul ripiano della cucina accanto a lui.

"Cucino" dice.

"Ma sei capace?" chiedo prendendolo in giro.

Sgrana gli occhi.

"Mangerai la pasta più buona che tu abbia mai mangiato principessa" dice facendo il figo.

"Mah" lo punzecchio.

Finge di fare l'offeso.

"Ti rimangerai tutta questa spavalderia" cantilena fermo mentre posa lo sguardo sul sugo al pomodoro che cuoce in pentola.

Rido.

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"Non mi hai mai raccontato nulla di te.." dice mentre gioca con le mie mani.

Abbiamo mangiato, riordinato e ora siamo sdraiati sul divano, lui appoggiato al bracciolo e io appoggiata a lui, rannicchiata tra le sue gambe con la tetsa appoggiata al suo petto.

"Non c'è molto da dire.." mormoro, non mi piace parlare di me, non mi è mai piaciuto.

"Ci sarà qualcosa.." appoggia la guancia sulla mia testa.

-si..soffro di epilessia ma non ho il coraggio di dirtelo-

Non so perché non gliene ho ancora parlato.

Forse ho paura che poi non mi tratterà mai più come una persona "normale".

Anche se al giorno d'oggi soffrire di epilessia è una condizione abbastanza vivibile, in più fortunatamente al giorno d'oggi l'80% di chi ne soffre ha la possibilità di guarire, quindi è solo una condizione che potrebbe essere temporanea.

Non è di per sé la malattia che mi spaventa è il fatto di poter vedere il suo comportamento cambiare nei miei confronti.

"Ho due genitori, un molto fratello più grande di me che fa l'avvocato..e che a quanto pare è perfetto" dico sottolineando con la voce l'ultima frase..

"Perfetto?" chiede accigliato.

"Si, i miei lo portano sul palmo di una mano, si è laureato con il massimo dei voti e ora lavora a Milano e fa il giurista d'impresa.. invece per loro io sono quella da.." mi fermo, non riesco ancora a parlarne, mentre racconto gioco con il tessuto della sua maglia.

"Tu sei quella da..? "continua dolcemente.

-proteggere, quando invece posso benissimo vivere tranquillamente la mia vita-

Scuoto la testa lentamente.

"Lascia stare" dico piano, rannicchiandomi ancora di più tra le sue braccia, quasi come per cercare rifugio.

Capisce che non ne voglio parlare così, dopo una carezza sulla testa cambia discorso.

E gli sono infinitamente grata per questa comprensione.

"Ti fa soffrire che i tuoi lo portino sul palmo di una mano? "chiede poi.

-Sì, mi fa soffrire perché mi trattano come se fossi difettata, come se fossi da proteggere, qualsiasi passo che faccio sembra che si scateni in loro un ansia incontrollabile nei miei confronti, mentre io mi sento in gabbia, non c'è niente di cui preoccuparsi, prendo i miei farmaci e sono sotto controllo, in più non ho più avuto una crisi da anni ormai. Riesco persino ad andare in discoteca nonostante le luci stroboscopiche, non è più come all'esordio-

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