Hyde - 1: Predatori e prede

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Veloce.

Silenzioso.

Un'ombra nella notte.

Una fra tante.

Ma di tutte la più letale.

Salto giù da un albero e corro nel bosco, sfiorando appena l'erba. Cerco di non fare rumore, almeno finché non sarà necessario. È più divertente così. Lasciar credere agli agnelli di avercela fatta, di essere sfuggiti al lupo cattivo, per poi comparire davanti a quegli ingenui e vedere la disperazione nei loro occhi. Credo che alcuni lo chiamino "il brivido della caccia". Io, per il momento, la chiamo "puro divertimento".

Afferro un ramo basso e mi tiro su. Sento i bicipiti flettersi e lamentarsi per lo sforzo, ma è un fastidio gradevole, foriero di una soddisfazione maggiore. Atterro sulla fronda spessa e, prima ancora d'aver riottenuto un equilibrio decente, sono già balzato sul ramo davanti. L'unico lieve suono che mi accompagna è quello del mio lungo cappotto. Ora che ci penso, mi ricorda un battito d'ali, non differente da quello di un cacciatore notturno che piomba inesorabile sulla sua ignara preda.

A chi mi conosce bene, tutto questo correre per la foresta risulterà superfluo, dal momento che mi basterebbe concentrarmi sul luogo in cui voglio essere e mi ci ritroverei all'istante. Ma così è meglio e, benché sembri strano, meno rischioso. È quello che dico sempre ai miei sottoposti: se dipenderete troppo dai Marchi, i Marchi vi faranno dipendere da loro sempre di più, proprio come con le droghe.

Ma ora non è il momento di pensarci.

Esploro l'oscurità con occhi attenti e scrupolosi, tendendo le orecchie per captare qualsiasi suono sospetto. Vigile. Paziente. È la parte più difficile della caccia. L'interminabile attesa, in cui i pensieri volano selvaggi e la mente già pregusta il premio finale.

"Smettila!", mi ammonisco, costringendomi a soffocare un brivido d'estasi. Se perdo la concentrazione ora, perderò la soddisfazione dopo. Con cautela, mi alzo sul ramo, sostenendomi con una mano al vecchio tronco. Testo la resistenza della fronda allungando una gamba. Più si allontana dal fusto e più è delicata. Se si spezzasse sotto al mio peso proprio quando arriva la mia preda, sarebbe imbarazzante. Premo leggermente con lo stivale.

Regge.

Perfetto.

Mi avvicino all'estremità. Il chiaro di luna filtra attraverso le chiome sopra di me, ben poco aiuto per distinguere ciò che cerco. Ma, se tutto fosse facile, che gusto ci sarebbe?

Ehi, aspetta.

Ho sentito qualcosa.

Un fruscio.

Sono io, o... No. È lui. La mia preda. Quell'annaspare forsennato, il frusciare dei passi, i rami rotti sotto alla frenesia della paura, il suono leggero di tutti gli sbagli che faranno cadere quell'ingenuo tra le braccia del cacciatore che lo attende paziente.

Per la seconda volta, sono costretto a rimproverarmi. Riesco già ad assaporare il gusto dell'adrenalina e l'eccitazione che mi scorre nelle vene. Questo è ciò che chiamo "il brivido della caccia". Questo è il suo sapore primordiale, la vera natura degli esseri umani. Oscar Wilde si sbagliava: non è dando una maschera a un uomo che vi racconterà la verità, ma mettendogli in mano l'arma più rudimentale che esiste e lasciando il resto alla sua fantasia. E, credetemi, quando si tratta di fare del male ai propri simili, l'umanità dimostra un'immaginazione incredibilmente fervida. Ciò è valido anche senza un giustificato motivo: figuriamoci quando in ballo c'è la tua vita!

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