Uno: Fatidico

121 7 5
                                    

Evan Cunningham si svegliò, quando gli insolenti raggi del sole gli punzecchiarono le palpebre. Si girò dall'altra parte, affondando la testa nel cuscino di piume e quasi ripiombando in un sonno profondo. Per scrupolo, sollevò il capo e aprì un occhio grigio. La sua fronte si corrugò quando vide l'ora sulla sveglia digitale.

8:17

Grugnendo come un orso svegliato dal letargo, si passò una mano sulla faccia e sbadigliò. Doveva alzarsi, ma non voleva. Nonostante la mansarda si stesse trasformando in un forno sotto il sole di giugno e la vescica gli intimasse di andare in bagno, Evan non voleva lasciare il conforto del suo letto.

Per tutta la notte, trascorsa in un sonno agitato e spezzato da incubi che non riusciva a ricordare, aveva avuto l'impressione che qualcosa di grosso gli sarebbe successo se si fosse alzato. Era una sensazione strana e innaturale, un senso di "fatidico" che non aveva mai provato prima. Per questo non voleva uscire di casa. Considerò di darsi malato, ma i compagni della band sarebbero venuti a trovarlo, scoprendo la bugia e trascinandolo comunque alle prove.

Evan scostò il lenzuolo e si alzò. Rovistò tra i vestiti nel vecchio cassettone accanto alla finestra, alla ricerca di indumenti leggeri e confortevoli. Il suo sguardo cadde un attimo sul panorama al di là del vetro e il giovane si interruppe per osservarlo. L'agriturismo della famiglia Cunningham, situato nella sonnolenta cittadina di Springfall, poco lontano da Eustis, nel Maine, sorgeva tra montagne e foreste, affacciate sulle placide rive di due Laghi, il Flagstaff e lo Spring. Portava turisti d'estate e d'autunno ed Evan era felice di aiutare i suoi genitori a occuparsi degli ospiti.

L'idea di creare quell'agriturismo era stata dei suoi nonni. Evan non avrebbe potuto ringraziarli abbastanza. Adorava Springfall; gli piaceva esibirvisi. Per il Quattro Luglio, la città si animava con spettacoli e fiere organizzate dai locali. Quest'anno sarebbe stata la band di cui il ragazzo faceva parte, gli Ashley and her Knights, ad accompagnare lo spettacolo pirotecnico per la sera dell'Indipendenza.

Terminata la routine mattutina, Evan si diresse in cucina a fare colazione. La stanza era grande, ma rimpicciolita da tutti i mobili e gli utensili che conteneva. Il tavolo avrebbe accomodato dodici persone, ma era chiuso per comodità. Tendine con ciliegie smorzavano la luce del sole che batteva sull'acquaio d'acciaio e sul frigorifero a doppia porta. Forno e fornelli erano accanto alla lavastoviglie e sovrastati da una cappa anch'essa in acciaio. Infine, c'era una credenza appoggiata al muro opposto e altri armadietti, che contenevano vari cibi.

Evan aprì un'anta e recuperò un sacchetto di biscotti. Lo poggiò sul tavolo e, dopo aver preso del succo dal frigo, se ne versò un bicchiere generoso. Poi si calò con poca grazia sulla seggiola. Sarah, sua sorella, era già seduta di fronte a lui e lo osservava con un sorriso divertito.

Sfoggiava vestiti leggeri, che evidenziavano le sue curve, senza ostentarle. Puntellò un gomito sul tavolo e una tenda di lunghi capelli corvini le coprì metà del viso. Se li scostò dagli occhi grigi e grandi come quelli di suo fratello con un gesto spazientito.

«Ehi, buongiorno!» lo salutò.

«Ciao.» mugugnò Evan, sorseggiando il succo senza incrociare il suo sguardo.

«Quanto entusiasmo!» scherzò la ragazza, «Stai bene?»

«Sì.»

«Ah, sei sempre così loquace al mattino!»

«Mmh.»

Sarah rise, poi si sporse verso il fratello, «Allora, pronto per le prove?»

«Mamma e papà?» domandò Evan di rimando, ficcando una mano nel sacchetto per prendere un biscotto.

I MarchiatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora