Trenta: Resisti

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Angelica scese le scale della sua villetta di Eustis. Non le riusciva ancora di abituarsi a tutto quello che le era successo. Non aveva più visto Ralph per anni, poi, un giorno, di punto in bianco, le era apparsa una rosa gialla sul davanzale della camera da letto. Incuriosita e un po' diffidente, aveva raccolto il fiore, notando la lettera cui era attaccato. Leggendo aveva provato diverse emozioni, sorpresa e incredulità dapprima, poi un'immensa compassione e un frammento d'orgoglio per essere stata decretata così affidabile da una persona che stimava e cui teneva più che a un amico. Nella missiva, Ralph le aveva spiegato tutto quello che gli era capitato - almeno a grandi linee. Parlava del periodo buio della sua vita, in cui aveva fatto scelte sbagliate e seguito un pazzo solo per compiacere se stesso, e di come ne era uscito. Certo, aveva tralasciato dettagli importanti come l'essere stato aiutato da una razza aliena, responsabile delle due appendici piumate che gli spuntavano ora dalla schiena.

La donna aveva scoperto tutta la verità sui Marchiati, dopo aver ricevuto una telefonata da un numero sconosciuto: dall'altra parte, c'era un ragazzo, che si era presentato come un allievo di Ralph e che l'aveva scongiurata di andare a prendere una loro amica all'ospedale. Sospettosa, Angelica si era diretta immediatamente al Saint Raphael Memorial di Springfall, dove aveva trovato la giovane in questione - che godeva di un'ottima cera nonostante l'avessero ricoverata per traumi multipli - e l'aveva accompagnata a casa sua. Era stata riluttante all'inizio, ma, dopo che la ragazza, presentatasi come Qwerty, le aveva dato il nulla osta e previa autorizzazione dei medici, aveva acconsentito. Aveva infine preteso che le si raccontasse tutto ciò che stava succedendo quando l'ex collega le era piombato (atterrato, era più corretto) sulla veranda di casa, chiedendole aiuto.

Così si era ritrovata quattro Marchiati in salotto: Qwerty e Ralph erano stati raggiunti da Nigel, il ragazzo che le aveva telefonato, ed Espen. Avevano passato qualche ora a spiegarle tutto e lei aveva ascoltato paziente. Avrebbe voluto indagare di più, ma Qwerty si era piegata in avanti d'un tratto, tenendosi la testa e dicendo che un loro amico era in grave pericolo. Ralph era allora volato via, ma, quando era tornato sembrava reduce da un funerale.

Le facce dei suoi allievi avevano perso colore durante il resoconto della sua escursione e, anche se lei non comprendeva del tutto la situazione, sapeva che quello che avevano davanti era un problema serio e irrisolvibile. Almeno per il loro attuale stato mentale.

La psicologa sospirò e scese gli ultimi gradini, afferrando il corrimano in legno lucido per girarci attorno. Gettò uno sguardo preoccupato in soggiorno, dove Nigel passeggiava nervoso, arruffandosi i capelli corti e ispidi. Espen e Qwerty sedevano sul divanetto di stoffa damascata, la prima con un braccio attorno alla seconda e occhi vacui. La ragazza dalla pelle scura si mordicchiava le unghie ansiosa: i gravi ematomi che le avevano sfregiato il corpo non erano altro che lividi appena visibili. Angelica si stupì della rapidità con cui i Marchiati guarivano e si trovò a desiderare che anche le loro ferite mentali se ne andassero altrettanto in fretta.

Silenziosamente, oltrepassò l'entrata senza porta del soggiorno e lasciò i ragazzi soli nei propri pensieri. Avevano acceso la radio per sentire se passassero altre notizie sui Marchiati, ma, per il momento, trasmetteva solo una vecchia canzone jazz, che nessuno di loro ascoltava. Le tre tazze di cioccolata che avevano ordinato erano vuote, posate senza cura sul tavolino da caffè tra i due divani.

Angelica afferrò il cappotto sull'attaccapanni accanto all'ingresso e uscì. L'aria fredda della sera le dette la pelle d'oca, ma lei la combatté infilandosi il pesante indumento. Si avvicinò alla figura che osservava il cielo da sotto al patio.

«Non è la sera ideale per guardare le stelle.» notò, con un rapido gesto al cielo ancora coperto. Almeno aveva smesso di piovere.

Ralph si girò, scosso dai pensieri, ma non spaventato dalla sua presenza. Abbozzò un lieve sorriso e tornò a fissare all'insù, appoggiato alla ringhiera bianca. «Sì, se usi l'immaginazione.»

I MarchiatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora