Trentotto: Per la tua famiglia

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Luk era stato portato via dalla plancia, quasi del tutto simile alla cabina di comando di un aereo, per evitare qualsiasi rappresaglia. I due soldati armati lo avevano scortato nel corpo principale della navetta. Era cilindrica e aveva parecchie altre similitudini con il trasporto aeronautico militare, a cominciare dall'arredo spartano; c'erano tanti sedili piccoli e dall'aspetto scomodo, per accomodare un grande numero di effettivi. Luk fu fatto sedere in uno di questi. Nessuna delle sentinelle parlò e nella fusoliera regnava il silenzio, che permise all'alieno di riflettere sulle proprie azioni. E accorgersi di possedere ancora quella flebile speranza che i suoi amici avessero la meglio.

La testa pelata dell'uomo scattò verso le doppie porte che permettevano l'accesso alla torretta d'attracco. Aveva udito uno strano rumore stridulo: all'inizio l'aveva scambiato per l'urlo di una donna che veniva uccisa, ma poi, quando la piccola truppa di soldati di Ellen rientrò nella fusoliera, capì di cosa si trattava.

«Non spingere!» sbraitò Espen indignata. Fu spinta dentro da un soldato che le teneva i polsi dietro la schiena e Luk avvertì qualcosa stringersi nella mano dell'angoscia, da qualche parte all'altezza del suo petto.

La ragazza si dimenava, torcendo come poteva il busto per sputare insulti contro l'alieno. Ma lui rimase impassibile. Qwerty la seguiva molto più calma. Sembrava reduce da un'esperienza traumatica che l'aveva privata della voglia di ribellarsi. Ralph era l'unico combattivo come la sua allieva prediletta. Nigel sfoggiava un'espressione simile a quella della ragazza di colore, anche se più affaticata. I due Anthuryani che li accompagnavano non avevano nemmeno estratto le armi: quello che torceva le mani del meccanico, addirittura, portava Chester con il braccio libero. L'animale era chiuso nel suo trasportino, ma si divincolava come un matto e rilasciava quel verso stridulo e orribilmente umano che aveva sentito prima Luk.

«Luk!» esclamò l'insegnante, appena tutti e quattro furono costretti a sedersi sui sedili metallici e freddi accanto a lui, «Ordina ai tuoi tirapiedi di lasciarci andare!»

«Vorrei poterlo fare, Agente Hawk.» ammise rammaricato l'alieno e, con sorpresa dei suoi colleghi, terrestri e non, apparve sincero, «Tuttavia, come vede, mi ritrovo nella medesima situazione.»

Ralph aggrottò le sopracciglia confuso. «Che vuoi dire?»

«Ellen ha invocato il Brushjy.» affermò, «Significa che mi ha sollevato dall'incarico perché ho permesso che le mie decisioni venissero dettate dalle emozioni e non dalla ragione. A missione terminata, sconterò un periodo imprecisato di detenzione su Anthuryun.»

I Marchiati caddero in silenzio, cercando di estrapolare il senso delle sue parole. Poi Espen disse: «Ti metteranno in gattabuia perché ti sei comportato da umano?!»

Luk guardò prima lei, poi la gatta che miagolava spaventata da dentro il trasportino. Chester osservava gli alieni con occhi gialli dalla pupilla dilatata, un po' per impietosirli e un po' per paura. Luk distolse lo sguardo: se avesse fissato ancora l'animale, l'avrebbe liberata lui stesso.

«Non conosco quale tipo di punizione riserviate voi ai disertori, ma posso assicurarvi che riguarderà solo me e non Chester.»

«"Gattabuia" è un sinonimo di prigione, Luk.» lo illuminò Ralph, poi si sporse verso gli altri in fare cospiratorio, «Cosa facciamo ora?»

Prima che Luk potesse rispondergli, le porte si aprirono con un sibilo metallico ed entrò Nika, aiutata da un alieno. Non le puntava contro un'arma, poiché la donna non sarebbe stata in grado di opporsi. Grugniva e si teneva la testa, barcollando. Fu con fatica che l'Anthuryano la fece sedere nei sedili di fronte agli altri Marchiati e un paio di volte rischiò di cadere lo stesso. Quando rimosse la mano dalla fronte, Nika scoprì una ferita sanguinante che le aveva rigato metà del viso di rosso.

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