Hyde - 7: Amico e nemico

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«È tutto pronto?» chiedo alla mia squadra, appena arrivo in plancia.

Hideki si gira sulla poltrona davanti a una consolle e mi dà un pollice in su. «Sì, Boss.» mi assicura annuendo con fervore, un gran sorriso sulle labbra.

Traggo un sospiro soddisfatto, mentre osservo la mia personale stanza dei bottoni. Riadattare la nave degli alieni ai miei scopi è un ulteriore smacco nei loro confronti: poveri ingenui, che credevano di poter riavere la loro preziosa Chiave senza combattere. La plancia dell'astronave è stata trasformata negli anni in cui abbiamo messo qui la nostra base segreta: abbiamo buttato giù la paratia che separa l'ufficio del capitano, guadagnando spazio per incastrarci il grande macchinario computerizzato che mi permetterà di sterminare tutti quelli che non giudico adatti al mio mondo. Nika e Hideki si occuperanno di questo, controllando le due consolle che abbiamo aggiunto alle altre che c'erano già e che servono invece a governare la nave. L'aliena che ho catturato e ipnotizzato ha fatto un ottimo lavoro a istruire Jaden e Kaya per quel compito. Lei invece si occuperà di tenere sott'occhio l'operatività del Marchio del francese.

E, a proposito, vediamo come stanno i nostri ospiti.

Abbiamo sistemato quel mangiarane lingua lunga insieme alla sorella di Evan nell'ex cabina del capitano. Lui ha ripreso conoscenza da un pezzo e non ha quasi smesso un attimo di lamentarsi. Forse spera che per sfinimento lo butteremo fuori. Ma tutto quello che guadagnerà continuando a sproloquiare così è un bel pezzo di nastro adesivo sulla bocca.

Sarah dorme ancora. È svenuta quando ho usato il teletrasporto per arrivare qui. Sogghigno al ricordo. Per la prima volta, mi sono presentato ai miei sottoposti senza il Marchio che confonde loro le idee sulla mia identità. Ho visto sorpresa sui loro volti, più per il fatto di quanto sembro giovane che perché siano riusciti a porre un nome al mio viso. Solo Hideki mi ha riconosciuto come il rampollo della famiglia Gardener e non avete idea di quanto tempo ho passato a cercare di calmarlo. Cavolo, il ragazzo sembrava in acido dall'eccitazione!

Kaya, invece, mi ha dato un po' più da pensare. Credo si sia sentita imbrogliata, quando ha scoperto la mia vera identità. D'altra parte, io non potevo certo rivelarle un segreto così importante appena l'ho conosciuta, vi pare? Penso mi sia grata di averla liberata, ma la delusione all'aver scoperto di non essere così speciale per me l'ha fatta diventare più taciturna del solito. Oh, be', niente che qualche coccola sotto le coperte non risolva.

Ma sto divagando.

Mi avvicino ai nostri prigionieri, fingendo di voler osservare la plancia da un altro lato. Mi appoggio al muro e incrocio le braccia sul petto, dando loro le spalle, ma tendendo le orecchie.

«Mademoiselle? Mademoiselle!» bisbiglia il francese. Cerca di svegliare la ragazza e una specie di grugnito mi allerta che finalmente ce l'ha fatta.

Sarah riprende i sensi. C'è una pausa silenziosa, in cui credo che lei si guardi attorno, mentre l'altro tira un sospiro di sollievo. Sento che tende le corde con cui l'abbiamo legata alla sedia per liberare le braccia.

«Dove siamo?» bisbiglia al pari dell'altro. Lei credo lo faccia perché non si è ancora ripresa, lui per non farsi sentire.

«Su un'astronave aliena.» gli risponde l'uomo. Penso che a questo punto lei faccia la classica smorfia che farebbe uno sano di mente cui sia riferita una cosa del genere, ma lui continua: «No, no, non si preoccupi! So che ha paura, ma non ne abbia. Questa gente, per quanto malvagia, ha bisogno di noi vivi. E questo è un bene, n'est-ce pas?»

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