Il tizio che arriva è identico a me e Steve, ovviamente. Almeno nell'aspetto esteriore. È strana, se volete, questa somiglianza: tre individui che hanno tutti la stessa faccia, ma espressioni, atteggiamenti, pure i vestiti!, così diversi da non permettervi nemmeno per un istante di pensare che siano la stessa persona. Per esempio, la postura del nuovo arrivato è rigida e impettita. Dove Steve e io siamo più rilassati, per non dire scomposti, lui è impeccabile; con quella sua schiena dritta e spalle squadrate si atteggia a supereroe o bravo ragazzo di turno.
Idiota pomposo!
Faccio mezzo passo di lato, in un atteggiamento di chiusura nei suoi confronti, con il quale spero anche di schermare Steve.
«Vedo che, nonostante la mia prolungata assenza, ti ricordi bene il mio nome.» esordisce l'altro, fermandosi a debita distanza.
«Sì, mi ricordo bene di te: tu sei quel bastardo che Steve supplicava e che non è venuto a salvarlo!» bercio, sputando veleno.
Lui accusa il colpo con una lieve smorfia colpevole. Fa in fretta a levarsela dalla faccia, ma c'è rimasta il tempo necessario perché Steve la notasse. Io esulto come un bambino invidioso che gode mentre la madre rimprovera il fratello.
«A-anch'io mi ricordo di te.» balbetta Steve, dopo una lunga pausa, «S-sei il mio amico immaginario.» realizza ed è quasi tentato di sorridere, ma la mia risata di scherno lo tronca.
«Oh, lui è molto più di questo, Stevie.» gli rinfaccio. Le rughe di preoccupazione sulla faccia di Steve si distendono appena capisce cosa intendo dire. «Eh, sì, amico! Sei molto più incasinato di quanto pensi!»
Steve ansima: la realizzazione è finalmente giunta alla fine del suo lungo viaggio attraverso l'incredulità e la negazione. Come a confermare la verità, alle spalle di Eddie, "lo stronzo che ti abbandona nelle mani dei pedofili!", compaiono delle immagini. Appartengono all'infanzia di Steve, quella che lui stesso non ricorda, poiché è stato proprio il suo alter a viverle al suo posto.
«Dawn...» mugugna Steve, mentre riconosce la ragazza sulla parete della grotta. Sembra quasi in trance e io sono così impegnato a osservare ricordi che non ho mai avuto, dolore dal quale non ho mai protetto Steve, che non mi rendo conto di quanto si sia avvicinato a Eddie, finché non è lui ad afferrargli il polso prima che la sua mano tocchi la spelonca.
Steve si scuote al contatto e ripete quel nome.
Dawn.
Eddie gli offre un sorriso spento e annuisce appena. «Te la ricordi?»
Steve sta per dire di sì, ma poi chiude la bocca. No, che non se la ricorda, genio! Ti ha creato apposta per non doverlo fare! E io, la ricordo? Certo che no! Nessuno di noi tre ha ricordi di quando gli altri controllano il corpo. Ma sono bravo a mettere insieme i pezzi, soprattutto quando me li fanno vedere in 4K HDR.
C'è una ragazza nel ricordo. È giovane, non più che ventenne, con una coda di cavallo e un bel sorriso. Mi basta poco per riconoscerla: è Dawn Gardener, nostra cugina di primo grado. Le nostre famiglie passavano le estati assieme negli Hamptons... dove lei aveva tutto il tempo e la riservatezza necessaria per tormentare (e almeno un paio di volte molestare) il piccolo Steve.
Oh, sì, mi avete capito bene. Non vi sto a descrivere i ricordi che dobbiamo sorbirci. Vi basti un breve riassunto. Se la guardi, Dawn è la classica ragazza acqua e sapone, gentile e disponibile, la figlia che chiunque vorrebbe. Ma, come canta Taylor Swift in Blank Space (e non giudicate i miei gusti musicali): "I'm a nightmare dressed like a daydream". Sono un incubo vestito come un sogno ad occhi aperti.
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I Marchiati
Science Fiction"Esiste qualcosa di più umano di un mostro?" Evan Cunningham ha 21 anni, è alla fine del suo anno sabbatico e non sa se riprendere il college a settembre, abbandonato anche a causa di una delusione amorosa, o restare a lavorare nell'agriturismo di f...