Ventuno: Sospetti

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La mattina seguente, Steve ed Evan entrarono nella mensa più o meno verso le nove e mezza. Lo stanzone era deserto, salvo che per Espen e Qwerty, che terminavano la colazione in silenzio, sedute una davanti all'altra. I due ragazzi le salutarono con sorrisi gioviali e un'allegra sventolata di mani, che fu ricambiata con altrettanto entusiasmo da parte delle amiche. Poi raggiunsero il bancone con i robot e scorsero il menù sull'apposito pannello per scegliere qualcosa da mangiare.

Espen e Qwerty li osservarono con uno sguardo colmo di significato, che i due non colsero, poiché persi in una tacita conversazione. Poco dopo, la ragazza dai capelli di fuoco si sporse sul tavolo per bisbigliare all'amica.

«Glielo diciamo che la paratia della loro stanza è sottile?» domandò, senza smettere di guardare i due giovani sorridenti.

Espen le offrì un largo sorriso. «No.»

Il tablet che Qwerty portava sempre con sé iniziò a suonare, allertandola. Sobbalzò, afferrò il congegno e lo zittì, proprio mentre Steve ed Evan si accomodavano al loro tavolo.

«Chi ti chiama?» volle sapere la ragazza dai capelli rosa, con un cenno del mento.

«Cavolo.» sospirò l'amica.

«Qualcosa non va?» s'informò Steve, sorseggiando il caffè accanto a lei.

Qwerty non dette una vera e propria risposta articolata, a parte un suono gorgogliante che le rimase in gola ed esprimeva tutta la sua frustrazione. Era chiaro che qualcosa la turbasse, ma, per qualche ragione, era restia a condividere l'argomento, soprattutto con l'amica seduta di fronte a lei. Infatti, i suoi occhi scuri si posarono per un attimo su quelli di Espen, che attendeva una risposta, per poi fuggire subito. Tuttavia, le occhiate curiose ed esigenti degli altri due la convinsero a parlare.

«Ricordate quando ci eravamo chiesti se Hyde si nascondesse qui, o se avesse dei complici tra noi?»

Espen si strinse nelle spalle. «Sì, allora?»

«Sono andata a cercare nelle registrazioni delle telecamere fuori dal laboratorio (a quelle dentro non sono arrivata).»

L'amica arricciò metà della bocca in un ghigno divertito.

«Hai rubato queste riprese, piccola, dolce Qwerty?» la accusò scherzosa.

La ragazza la zittì e si guardò attorno, timorosa che qualcuno sbucasse fuori ad arrestarla o qualcosa di simile. Si strinsero di più per confabulare, come giocatori durante un timeout.

«Ricordate il campione di sangue che ha trovato Ralph?» annuirono, «Ho scoperto che è scomparso davvero.»

«Cosa?!» fece Espen, ritraendosi sorpresa.

«Sta succedendo qualcosa di losco. Gli Anthuryani cercano di tenere la cosa per loro, ma ho capito dalle conversazioni, che credono io non riesca a comprendere, che il campione di sangue è stato distrutto e un loro tecnico di laboratorio non ha fatto ritorno alla base dopo che ne era uscito.»

«Perché non vogliono dircelo?» chiese Evan, tra un boccone e l'altro.

«Forse per non creare il panico tra noi? Non farci preoccupare che il nemico arrivi proprio in casa nostra?» ipotizzò Steve.

«Io temo sia più di questo.» disse Qwerty, alzando il tablet per permettere loro di vedere un video, «Ho scoperto in che giorno abbiamo perso il campione e ho cercato le riprese del laboratorio per vedere chi ha effettuato l'accesso e se ce ne fossero stati di estranei. Osservate.»

I ragazzi si strinsero a guardare le riprese accelerate del giorno in questione. C'erano due riquadri, diverse angolazioni dello stesso corridoio in cui si trovava la porta del laboratorio dove gli Anthuryani conducevano le loro analisi sui Marchiati. Osservarono il viavai frenetico degli alieni, trovandolo uguale a qualunque altro giorno, finché Qwerty non mise in pausa il rettangolo a destra e zumò sulla sagoma che stava entrando. Prima che gli altri potessero esclamare stupiti alla scoperta, la ragazza fermò anche il riquadro a sinistra: mostrava un frammento temporale di dieci minuti successivo al primo che aveva interrotto. In quest'ultimo, c'era Ralph, che usciva dal laboratorio; sembrava avere un'aria strana, non del tutto presente, come se non sapesse bene cosa stesse facendo laggiù. Non guardava direttamente la telecamera, ma non cercava nemmeno di sfuggire al suo occhio di vetro, né aveva deciso di camuffarsi per non essere riconosciuto.

I MarchiatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora