Venticinque: In pericolo

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Espen si abbassò. La sua gamba sinistra si distese in un calcio basso che prese Hideki alla sprovvista. Il giapponese cadde di schiena imprecando. La ragazza incombette su di lui, il piede pronto a calare sul volto dell'avversario, ma l'hacker chiuse e riaprì il pugno. L'aria pressurizzata colpì Espen alla spalla, respingendola. Lei urlò e indietreggiò, finendo tra le braccia di Nigel, che la prese prima che cadesse. Hideki si rialzò, ponendo un po' di distanza tra loro.

«Espen!» la chiamò il meccanico, senza staccare gli occhi dal nemico, «Stai bene?»

«Un po' intontita, ma sì.» rispose lei, scuotendo le lunghe chiome rosa.

Hideki respirava affannato. Aprì le braccia, quasi esasperato, mentre esclamava: «Ah, ma perché volete continuare a combattere? Per quella gente poi!» sbraitò con disprezzo, sventolando una mano verso i campeggiatori, che si erano rifugiati dietro le tende e strillavano spaventati, «Credete che vi aiuteranno quando sarete voi in pericolo?»

Nigel ed Espen non risposero, ma si prepararono a un nuovo attacco.

«Non vi capisco, ragazzi!» confessò Hideki d'un tratto, «Insomma non è già successo? Non siete qui perché nessuno vi ha voluti, perché vi hanno respinti?» ripeté, notando che le sue parole facevano breccia in loro; tuttavia, nessuno dei Marchiati parve ancora volerle assecondare. La frustrazione dell'hacker crebbe. «E allora perché continuare a lottare?!»

«Perché è giusto così!» rispose Espen. Aveva alzato lo sguardo e i suoi occhi castani erano fissi in quelli altrettanto scuri del ragazzo orientale.

Hideki scosse il capo e sospirò rassegnato, come se non avesse gradito quella replica.

«Risposta sbagliata.» disse e stese un braccio.

Espen ebbe giusto il tempo di ansimare stupita, prima che il proiettile d'aria si scagliasse contro di lei. Sembrò procedere al rallentatore. Vide la pressione concentrarsi e ondeggiare nell'atmosfera immobile, correndo verso il suo petto. Sentì a malapena un paio di mani spingerla via e udì un urlo raggelante alle spalle. La ragazza barcollò e, quando riacquistò l'equilibrio, si voltò a guardare cosa fosse successo. E cominciò a gridare.

Nigel si stringeva le mani al petto, da dove fuoriusciva una copiosa quantità di sangue. Tentò di parlare a Espen, per tranquillizzarla, perché smettesse di strillare, ma tutto ciò che gli uscì dalla bocca fu un rivolo rosso. Fece un passo indietro e cadde di schiena nell'erba. Rimase disteso e si mosse solo per qualche ultimo spasmo.

Espen smise di urlare e schioccò la lingua. Nel suo pugno chiuso si materializzò il pugnale del film Prince of Persia. Aveva una lama ricurva e decorata e un'impugnatura trasparente, ornata da intricati arabeschi dorati, dentro la quale era contenuta della sabbia. C'era una gemma rossa, simile a un rubino, sul pomolo; Espen la premette e la scena che aveva appena visto svolgersi si riavvolse fra brillanti onde d'oro.

Nigel tornò in piedi, si tolse le palme insanguinate dall'addome, che tornarono pulite man mano che il sangue rientrava nella ferita e nella sua bocca. Protese le braccia in avanti, riprendendo la spinta che le aveva assestato per levarla dalla traiettoria e il proiettile d'aria che lo aveva ucciso fece ritorno alle dita di Hideki, prima aperte, poi chiuse. Il riavvolgersi del tempo si fermò quando l'hacker stava per attaccare.

Espen ansimò. Le azioni ripresero come in precedenza. Hideki, ignaro di tutto al pari di Nigel, chiuse il pugno e lo riaprì. Però, quando il meccanico spinse via la ragazza, lei gli afferrò il polso e lo tirò a sé. Capitombolarono per terra e il proiettile d'aria sfrecciò sopra le loro teste.

Lo scagnozzo di Hyde li scrutò, sorprendendosi che avessero evitato il colpo. Poi i suoi occhi caddero sul pugnale e una sorta di realizzazione colorò il suo viso orientale.

«Ehi, aspetta! Conosco quel pugnale!» lo indicò, sopracciglia che toccavano l'attaccatura dei capelli da quanto era divertito, «Prince of Persia! Oh, adoro quel videogioco! Il film era insoddisfacente, però.» ponderò e guardò Espen, che si era nel frattempo rialzata, «Lo hai usato? Hai mandato indietro il tempo? No, dai, troppo figo! Ehi, me lo lasci usare?»

Espen, per tutta risposta, schioccò la lingua, disintegrando il pugnale dal piano dell'esistenza. Hideki corrugò la fronte deluso a quella sfida. Si preparò a lanciare un altro attacco con il Marchio di Nigel, quando notò qualcosa comparire sul proprio braccio. Non ci avevano fatto caso prima, ma l'hacker si era attaccato un pezzo di carta con del nastro adesivo all'avambraccio sinistro. Ora che lo aveva alzato, la manica della felpa era scivolata all'indietro, rivelando le parole scritte con inchiostro arancione che comparvero come per magia sulla carta bianca.

«Ah, tempo di andare.» bofonchiò il giapponese. Abbassò il braccio, dal quale scomparvero nel frattempo i segni rossi, e rivolse ai due Marchiati un ultimo sorriso sfottente, «Ja ne!» urlò, avvicinando indice e medio alla tempia in un saluto da boy scout. La sua pelle tornò normale per un attimo e sul suo sopracciglio apparve un intricato simbolo tribale. Strizzò un occhio e scomparve nel nulla.

«Torna qui!» sbraitò Nigel, correndo nel punto occupato dal ragazzo poco prima. Pestò un piede a terra, frustrato del fatto che il loro nemico li avesse abbandonati e chiedendosene il motivo.

«B-bullet!»

Al meccanico non piacque il tono incerto e spaventato della giovane dai capelli rosa. Notò che era molto più pallida del normale. Seguendo il suo sguardo capì perché: la folla dei campeggiatori era riemersa dai temporanei nascondigli. Alcuni puntavano la fotocamera dei telefoni contro di loro; altri parevano aver già seguito le minacce di Hideki e aver postato tutto lo scontro. Molti parlottavano, ma riservavano ai due occhiate torve ed espressioni poco amiche.

Nigel fece un passo indietro e sentì la mano tremante di Espen trovare alla cieca la sua. Deglutì, maledicendo Hideki per aver avuto ragione almeno su quel fatto: erano in pericolo.

***

Nika eseguì un elegante salto mortale all'indietro, colpendo Ellen al mento con i piedi. Durante la rotazione ritornò trasparente e concluse la capriola completamente visibile. Respirava affannata e osservava l'avversaria rialzarsi come se nulla fosse. Sbuffò, accusando la stanchezza a differenza dell'aliena, che non aveva una goccia di sudore su di sé, e si rimise in piedi. Stava elaborando la strategia migliore per tenerla ancora occupata, mentre Jaden combatteva a tempo contro gli altri due uomini - dopo averli disarmati - ma dalla coda dell'occhio colse un movimento. Aveva un pezzo di carta appiccicato alla pelle, lo stesso che portava anche Hideki. Una scritta vi comparve sopra e lei la lesse mentalmente.

«Jaden!» urlò al compagno. Lui la guardò per un attimo, in cui lei sventolò il braccio con il foglio, poi le annuì. La donna lanciò un'ultima occhiataccia all'aliena, che l'aveva osservata confusa, poi toccò con le mani marchiate la tuta e la propria pelle.

Ellen si lanciò contro di lei, ma Nika scomparve nel nulla.

Jaden allontanò da sé Luk con uno spintone. L'alieno reiterò, afferrandolo per un braccio, con forza tale da impedirgli di muoversi. L'uomo-ghepardo lo guardò con sufficienza.

«Lasciami. Avete problemi più grossi di cui occuparvi.» gli disse serio e calmo, «Andate a recuperare tutte le pecorelle che vi siete persi!» esclamò, terminando con un ghigno malefico. Colpì il braccio di Luk e si sciolse dalla presa, poi scomparve anch'egli nel nulla.

«Non abbiamo ovini.» fu tutto ciò che l'alieno disse, dopo che si fu drizzato. Si esaminò brevemente il braccio, assicurandosi che non fosse di nuovo danneggiato.

«Era una metafora, Luk.» lo rintuzzò Ralph, posandosi delicatamente al suolo. Era trafelato e ansimava preoccupato, «I ragazzi! Stava parlando di loro! Dobbiamo ritrovarli.»

«Dobbiamo vedere in che condizioni è la base e cosa voleva dire con il fatto che abbiamo problemi più grossi.» ribadì Ellen.

Ralph sembrava sul piede di guerra con lei, pronto a snocciolare una ramanzina, ma Luk intervenne.

«Pensaci tu.» ordinò a Ellen, «Agente Hawk, perlustri la zona dall'alto. Io cercherò le nostre reclute a piedi.»

«Non c'è bisogno di dirlo.» esclamò, alzandosi in volo e spostando aria che spettinò Ellen.

Lei si scompose appena e tornò alla base, mentre Luk proseguì nel bosco, ritrovandosi insolitamente a sperare che la situazione non fosse così grave come temeva.


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