Trentatré: Bisogna andare

16 2 4
                                    

Evan non riusciva ancora a crederci. Il piano folle e stupido che avevano escogitato aveva funzionato. Almeno per il momento. Già era stato fortunato che Hyde avesse abboccato e si era complimentato con se stesso per aver sfruttato al meglio l'arroganza del proprio avversario. Ora però doveva smettere di fissare lo spettacolo davanti a sé e passare alla fase due. Ma era davvero difficile.

Hyde era in piedi, bloccato nell'istante in cui aveva afferrato Chester. Il suo corpo era dissezionato, separato meglio di qualunque schema anatomico si potesse trovare in un'università di medicina. Una luce rossastra aveva dato il via all'esplosione che divideva parti umane ed aliene del Marchiato, esattamente come era accaduto con Antoine. Ma, a differenza di quanto successo al cajun, i Marchi del giovane avevano l'aspetto di due palle da baseball fuse insieme. Fluttuavano alla base del cranio, rilucendo dei loro strani riflessi multicolore. E, accanto a loro, c'era qualcos'altro: l'obiettivo di Evan. Era una scheggia a tre punte, gialla e verde, identica a quella che Hàaljnna aveva chiamato "Catalizzatore".

Il suo Marchio.

Con una piccola riluttanza, Evan infilò la mano nell'ammasso avorio, rosso e grigio che era il corpo del suo ragazzo e afferrò la scheggia. Appena la tirò via dall'ospite, vide il cristallo alieno brillare e sciogliersi, penetrandogli nella pelle per ritornare al suo primo proprietario. Avvertì un immenso calore, seguito da brividi gelati, che lo lasciarono ansimante e in ginocchio. Più volte credette di dover vomitare e si stupì che l'avversario non avesse approfittato del suo momento di défaillance. Ma Hyde aveva i suoi problemi cui pensare.

Si era ricomposto da poco e si guardava attorno sbigottito. Era intontito e non riusciva a capire cosa non andasse, benché sapesse che qualcosa era successo. Il gatto soffiò e scappò via dalle sue braccia (in modo analogo a come era capitato nel primo sogno di Evan). Hyde si mosse di un passo, ma Evan stese una mano verso di lui.

«Fermo!»

Le familiari sensazioni di quando usava il Marchio ripresero possesso del suo corpo e il giovane le accolse con sollievo. La fascia di nebbia nera gli cinse il polso come un ceppo e la sua gemella non tardò a comparire attorno al collo dell'avversario. Hyde cadde sulle ginocchia, tra imprecazioni e incredulità. Tentò di muoversi, ma non vi riuscì. Per una volta, tutti i Marchi che possedeva erano un intralcio e non un vantaggio.

«Come hai fatto?! Ti avevo rubato il Marchio!»

Evan sorrise trionfante, ma non gli rispose. Era impegnato a ringraziare qualunque divinità vegliasse su di lui perché il suo stupido piano aveva dato i suoi frutti. Il sorriso, però, gli scivolò dalle labbra, quando ebbe l'occasione di guardare bene il volto di Hyde. Poteva vederlo, senza Tabula Rasa che gli confondeva le idee, e l'espressione di irata sconfitta stonava sulla faccia di solito gentile e allegra di Steve. Sapere di star facendo del male al suo ragazzo non gli piaceva affatto, ma purtroppo non aveva scelta.

«Lasciami andare!» sibilò Hyde.

«Mi dispiace, Steve, non posso farlo.» lo informò, con autentica rammaricazione.

Hyde digrignò i denti come un animale in gabbia e si dimenò invano. «Io. Non. Sono. STEVE!» scandì le parole e alzò la voce fino a urlare, facendo le bizze come un bambino.

«Fammi parlare con Steve.» esigette quindi l'altro calmo.

«Liberami!»

«Prima fammi parlare con Steve.» insistette Evan, in tono più autoritario.

«Fottiti!» sbuffò Hyde, mettendo il broncio.

Il ragazzo dai capelli corvini sospirò. «Se mi lasci parlare con Steve, ti prometto che ti libererò.» contrattò.

I MarchiatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora