Venti: Il passo successivo

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Luk aspettava nell'ampio hangar per le navette dell'astronave. Era uguale a tutto il resto, grande, grigio e illuminato da quella specie di neon che non erano esattamente neon. L'alieno stava verificando dei dati su un foglio trasparente e iridescente. Accanto a lui c'era l'impettito Brosh, che attendeva in silenzio l'arrivo della squadra di Marchiati assieme al loro recente acquisto. Luk smise di osservare lo scorrere delle strisce alfanumeriche e dette un rapido sguardo all'orologio da polso che gli aveva regalato Ralph: erano le otto di sera.

I due uomini si voltarono quando udirono il ticchettio delle scarpe di Ellen, che li allertò del rientro del loro team. La donna sollevò il braccio, in cui reggeva un piccolo telecomando (un altro foglietto iridescente e trasparente a dire il vero), e lo puntò verso il portellone alla fine dell'hangar.

Le porte si aprirono, verso l'alto e verso il basso, permettendo l'ingresso al furgone ammaccato, cui mancava almeno mezzo parabrezza. Luk inarcò un sopracciglio incerto. Vide il mezzo procedere lentamente nel salone e parcheggiarsi dentro le apposite strisce che gli umani avevano tracciato sul pavimento. Il guidatore spense motore e fari e le portiere si aprirono.

Nigel e Antoine scesero dall'abitacolo. Il cajun era fradicio, con il trucco sbavato e si lamentava con il meccanico per le sue condizioni inguardabili. Il ragazzo non lo ascoltava nemmeno; era stanco e aveva i capelli arruffati, come se li avesse asciugati all'aria senza poterseli pettinare. Anche gli altri avevano un aspetto simile: strapazzato da un'avventura, ma pressoché incolume. Solo Ralph zoppicava leggermente. Vide Luk e fece un cenno con la mano, mentre Antoine aveva preso a guardarsi attorno meravigliato e curioso.

«Ehi, Luk, come va? Ti sono mancato?» ammiccò all'alieno, che però non si scompose, mentre si avvicinò a loro.

«Ciao, Luk!» lo salutò Espen, soverchiando Ralph che camminava a rilento, «Questo è Odds. Lo abbiamo chiamato così perché analizza le probabilità ed è strano!» ridacchiò, indicando l'uomo, che s'indignò.

«Io non sono strano, io sono un cajun!» protestò, ma fu bellamente ignorato.

«Ti piace il gioco di parole?»

«Favoloso, Agente Espen.» Luk la assecondò, ma non perse la sua classica apatia, «Signor Odds,» si rivolse al cajun, «non so con esattezza cosa le abbiano detto i nostri agenti-»

«Che ero in pericolo e dovevo venire qui.» replicò l'altro, interrompendolo, poi borbottò: «E siamo stati attaccati da strane cose, che sembravano seguire questi Porte-malheur

Luk sgranò per un attimo gli occhi slavati, poi il suo viso si rilassò. Era stata un'espressione troppo rapida perché qualcuno la notasse.

«Posso comprendere la sua confusione e mi scuso per il trattamento brusco da parte dei nostri agenti. Temo, tuttavia, che, per la sua incolumità, dovrà trattenersi come nostro ospite per alcuni giorni.»

«Ah. Mais oui, tanto non ho una vita che mi attende.» mormorò sarcastico, ma l'alieno non lo colse.

«Favoloso. Se lo segue, Brosh la accompagnerà in una stanza, dove potrà rinfrescarsi e cambiarsi.» disse Luk, indicando l'alto uomo accanto a lui.

Antoine annuì, squadrando sospettoso la persona indicatagli. «Ah, molto gentile.»

«Verrò a illustrarle quali sono i nostri piani per lei tra un'ora circa, per darle tempo di rilassarsi.» lo informò Luk.

«Okay...?» biascicò il Marchiato, che non aveva spostato lo sguardo preoccupato dal viso impassibile di Brosh.

Sembrava un colonnello inflessibile scappato da un film d'azione degli anni '80, con quel suo fare impettito, i capelli corti e biondi e gli occhi non del tutto umani. Antoine concluse di trovarsi faccia a faccia con una versione stitica e cattiva di Ivan Drago. Il cajun deglutì e quasi indietreggiò quando l'alieno gli si avvicinò per fargli segno di seguirlo. Antoine si voltò verso Evan, che gli offrì un cenno d'incoraggiamento. Sorrise nervoso al ragazzo e seguì il clone del pugile sovietico fuori dall'hangar.

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